Liberare i crocefissi
Francesco Masala - 06-02-2015
Nessuna legge della Repubblica italiana scritta dopo la fine del fascismo obbliga all'esposizione del crocefisso nei uffici pubblici, né vieta la sua rimozione.

Esistono due leggi fasciste (il 30 aprile fu adottato il regio decreto n° 965 del 30 aprile 1924 recante l'Ordinamento interno delle giunte e dei regi istituti di istruzione media, il cui articolo 118 recita:
«Ogni istituto ha la bandiera nazionale, ogni aula l'immagine del crocifisso e il ritratto del Re.»
L'articolo 119 del regio decreto n 1297 del 26 aprile 1928, recante approvazione del regolamento generale sui servizi dell'istruzione elementare, precisa che il crocifisso figura fra gli "arredi e il materiale occorrente nelle varie classi e dotazione della scuola"), mai abrogate, e pertanto facenti parte del nostro ordinamento, che fa obbligo alle scuole di esporre il crocefisso.
E pur essendo obbligatorio esporre il crocefisso nelle aule scolastiche , in poche aule lo hanno appeso al muro, per pigrizia, per risparmio, per evitare sollevazioni, fatto sta che non c'è quasi mai, come d'altronde in molte case degli abitanti di questo paese.
E però quando un docente o un magistrato ritengono che lavorare con quel simbolo religioso nella stanza deve esercitano la loro professione non sia giusto, e con rispetto lo staccano dalla parete (per poi rimetterlo), o chiedono che non ci sia, e basta, si sveglia la burocrazia e dice che no, Dio ce l'ha dato e non si tocca.
Esiste anche un autorevole pronunciamento europeo, Il 18 marzo del 2011 la corte Europea dei Diritti dell'Uomo sentenzia (qui il testo) che "La Corte deve di regola rispettare le scelte degli Stati contraenti in materia di educazione e d'insegnamento, compreso lo spazio che questi intendono consacrare alla religione, sempre che tali scelte non conducano a una qualche forma d'indottrinamento.
A tal proposito la Corte constata che nel rendere obbligatoria la presenza del crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche, la normativa italiana attribuisce alla religione maggioritaria del Paese una visibilità preponderante nell'ambiente scolastico. La Corte ritiene tuttavia che ciò non basta a integrare un'opera d'indottrinamento.
Invero un crocifisso apposto su un muro è un simbolo essenzialmente passivo, la cui influenza sugli alunni non può essere paragonata a un discorso didattico o alla partecipazione ad attività religiose.
La Corte conclude dunque che, decidendo di mantenere il crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche frequentate dai figli della ricorrente, le autorità hanno agito entro i limiti dei poteri di cui dispone l'Italia nel quadro del suo obbligo di rispettare, nell'esercizio delle proprie funzioni in materia di educazione e d'insegnamento, il diritto dei genitori di garantire tale istruzione secondo le loro convinzioni religiose e filosofiche" (qui)

Il prof. Franco Coppoli è stato, nel 2009, sospeso per un mese dall'insegnamento soltanto perché all'inizio delle sue lezioni toglieva il crocifisso, che regolarmente riappendeva una volta terminate, adesso c'è un altro procedimento a suo carico, perché è ricaduto nell'errore, ecco l'accusa nel procedimento disciplinare a suo nome: «Il fatto che abbia divelto dalle pareti di quattro aule in cui fa lezione i crocefissi fissati con una vite a pressione e con la colla provocando danni alle pareti durante le ore di lezione e che successivamente sempre durante le attività didattiche abbia proceduto personalmente a chiudere i fori».
Ma c'è di più. Nella comunicazione si «evidenzia che i fatti che si contestano, la rimozione dalle aule, sono stati oggetto di precedente procedimento disciplinare a suo carico e che pertanto rappresentano una recidiva» (leggi qui e qui, con un'intervista al professore)
Tra l'altro il professor Coppoli è quello stesso che ha impedito che entrassero in classe i poliziotti con i cani antidroga per una perquisizione (leggi qui)
Ci sarebbe molto da dire sull'utilità di operazioni di quel tipo, se non, per usare le parole di Al Capone (Roberto De Niro), nel film "Gli intoccabili", che sono "chiacchiere e distintivo", ma questa è un'altra storia.
E chissà se gli estensori del documento sulla Buona Scuola sanno che don Milani, da loro citato, nella scuola dove insegnava staccava toglieva il crocifisso dalle pareti per cancellare ogni sospetto di pedagogia confessionale.

Allego un po' materiale, per chi ha tempo e voglia:
https://www.didaweb.net/fuoriregistro/materiali/liberare_i_crocefissi.docx.


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