Affinché nulla cambi
Francesco di Lorenzo - 08-12-2014
Mentre siamo tutti in trepidante attesa di sapere quale sarà il cammino della 'buonascuola' renziana e ci muoviamo tra chi ci crede e chi no, tra quelli che pensano sia aria fritta (come tutto quello che è marcato Renzi) e tra chi è costretto a crederci, cioè tra quelli che pensano sia Renzi la loro ultima speranza (e quindi sono incollati a lui con il super attak), spunta la notizia che negli ultimi anni il bullismo nelle scuola italiane è aumentato.
I dati raccolti da Telefono Azzurro indicano chiaramente questa tendenza: dal 2012 ad oggi la percentuale di bullismo e di cyberbullismo ai danni di bambini e adolescenti è aumentata, è salita dal 12% al 16%. Questo vuol dire che gli interventi del Telefono Azzurro si sono resi sempre più necessari e, mentre noi tutti siamo impegnati a discutere di altro, sempre il Telefono Azzurro ci informa che tra la fascia di popolazione compresa tra gli 11 e i 19 anni, il 35% ha subito episodi di bullismo, di cui uno su tre a scuola.
Ecco, proprio qui sta il punto, il rischio è che mentre si dice di voler cambiare rotta, di voler finalmente invertire la direzione, la situazione nel frattempo si aggrava, il malato muore mentre al suo capezzale continua il consulto. A ciò si aggiunge un altro rischio e cioè che il ricambio continuo dei medici (sempre al capezzale della scuola) diventi un'abitudine. Così ci troveremo, senza saperlo, a pensare 'avanti un altro', ben sapendo che nulla cambierà.

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La notizia ha tre implicazioni in contemporanea: ci informa della ormai conclamata mancanza di mobilità sociale (nella scuola), di un sistema di orientamento che fa acqua da tutte le parti e della mancanza endemica di una seria politica di diritto allo studio. Ma andiamo con ordine: il dato principale è che quasi la metà degli studenti italiani, se potesse, cambierebbe la scuola che ha scelto di frequentare. Certo le attenuanti ci sono e non tutto è così semplice, oltre ad un sistema poco chiaro, c'è che a 14 anni è forse oggettivamente presto per fare scelte definitive sul proseguimento degli studi.
Una volta c'era in campo l'idea di un biennio comune a tutti gli indirizzi per spostare la scelta di un paio di anni, ma di questo oggi non se ne parla. Evidentemente non è fattibile, sposterebbe troppo gli equilibri, forse darebbe fastidio ai cultori del liceo classico, chissà?
Resta il fatto che i risultati resi noti dal XII rapporto Almadiploma, frutto del coinvolgimento di 40mila diplomati appartenenti a 300 istituti superiori italiani, ci forniscono un dato di cui anche le pietre ormai sono a conoscenza. Il dato è questo: la maggioranza di chi si iscrive all'Università, il 65% degli studenti, proviene dal liceo classico o scientifico.
Che poi, in questi due ordini di scuola è cospicua la presenza di alunni di estrazione borghese mentre sono sotto-rappresentati i figli della classe operaia, è solo un dettaglio, ma indicativo.
Naturalmente, la conseguenza è che sono pochi i genitori degli alunni frequentanti gli istituti tecnici o professionali che hanno conseguito un diploma o una laurea.
Inoltre, ci informa il rapporto e per chiudere in bellezza, durante il primo anno di Università, 15 su cento abbandonano gli studi. (Sarebbe interessante scoprire se questo 15 per cento appartiene tutto intero o meno a chi ha frequentato tecnici e professionali, ma il dato anche se prevedibile (ma non auspicabile) non è fornito).
In fondo, però, niente di nuovo sotto il sole. Era un po' quello che diceva negli anni sessanta un certo don Lorenzo Milani, ma di questo poco importa, anche perché Renzi non era ancora nato. Invece, durante la presentazione del rapporto, il dirigente dell'istituto Righi di Bologna, Mauro Borsarini, ha detto che per cercare di ovviare al problema, invece di un sistema che mette in competizione gli istituti attribuendo dei punteggi e stilando una graduatoria, sarebbe meglio creare un qualcosa di condiviso, un organismo attento al contesto culturale in cui vivono le varie scuole e poi, 'la verifica dovrebbe avvenire in forma pubblica e trasparente'. Parole che nel contesto attuale stonano, e che addirittura potrebbero far apparire il dirigente scolastico come un seguace di don Milani. Che di questi tempi...
Intanto stia attento, non si sa mai.
P.S.
Sul dibattito in corso, di sicuro non esaltante, sulla utilità o meno del liceo classico, sarebbe veramente interessante proiettare il pensiero di Don Lorenzo Milani sull'argomento. Dovrebbe farlo un esperto competente. Forse ne verrebbero fuori delle 'belle'. E qualche intellettuale progressista sarebbe indotto ad avere qualche visione nuova....chissà?

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