Per una scuola più emozionante
Francesco di Lorenzo - 21-11-2014
Gli obiettivi che per il nostro sistema scolastico erano stati fissati con gli altri paesi europei si allontanano inesorabilmente. È il conto che presenta un monitoraggio intermedio, cioè prima della data fissata per il 2020 come scadenza ultima, e che ci vede, come spesso accade, in ritardo. In pratica, insieme a tutti gli altri paesi europei, per la nostra scuola si erano previsti dei traguardi che ad oggi ci vedono perdere terreno. Vale a dire che perdiamo contatto con gli altri sistemi in merito, per esempio, al tasso di abbandono scolastico che è più alto che altrove, come più alta è la quota di giovani con limitate competenze linguistiche, matematiche e scientifiche, ed è più bassa la quota di adulti che continuano ad aggiornarsi dopo un diploma. Inoltre, a tre anni dal diploma, da noi risulta occupato solo il 48,3% mentre la media europea viaggia intorno al 75,5%; poi, la nostra quota di laureati 30-34enni risulta del 22,4%, mentre in Europa sono sul 36,9%.
Ma al di là dei numeri, gli spunti per la riflessione, con annesse domande, sono due. Il primo/la prima: poiché tali obiettivi non sono vincolanti, non danno cioè luogo a multe come nel caso dei parametri di Maastricht, allora possiamo fregarcene? Non sarebbe il caso, da parte del ministero, di prendere più in considerazione la nostra propensione naturale ad essere in ritardo sugli obiettivi che noi stessi abbiamo sottoscritto e proporre soluzioni, non chiacchiere e perdite di tempo come stiamo facendo?
Il secondo spunto di riflessione, unito alla seconda domanda, è questo/a: dalla lettura del monitoraggio in questione, si evince che ci sono due soli indicatori positivi e sono quelli relativi 'alla partecipazione all'istruzione preelementare' e quelli relativi 'al numero dei laureati che negli ultimi anni fa registrare alcuni lievi, ma importanti progressi'. Come dire, per esemplificare, scuola dell'infanzia e laurea triennale. Bene, su questi due punti, gli addetti hanno deciso di puntare la loro attenzione? Hanno progettato un rafforzamento, hanno programmato un piano di attuazione? No, perché invece, sembra che siano proprio due degli argomenti che negli ultimi anni hanno ricevuto le critiche più feroci dai passatisti e da tutti coloro che vedono ogni progresso verso la scuola inclusiva e di tutti come una sventura. Viene da chiedersi, chissà perché tanto zelo a polemizzare con le uniche cose che vanno meglio?

È vero, sono solo 1500 giovani tra gli 11 e i 19 anni su tutto il territorio italiano che hanno risposto al sondaggio del Telefono Azzurro e della Doxa Kids su pensieri, comportamenti ed emozioni degli adolescenti di oggi, ma quello che viene fuori è incoraggiante e molto positivo. Gli adolescenti, questi adolescenti, chiedono/sognano una scuola con più sport, più tecnologia, più musica-arte-cultura. Vorrebbero una scuola che ponga più attenzione alle emozioni. Poi gradirebbero, naturalmente, una scuola che orientasse maggiormente verso il mondo del lavoro (i dati della disoccupazione giovanile li hanno ben presenti) e che li mettesse più a contatto con le aziende (qui è un po' più difficile se queste continuano a chiudere). Insomma, il quadro che ne vien fuori, non è triste e non è il solito ritornello su adolescenti sfaticati e sfiduciati che non hanno voglia di far niente. Anche perché, quasi un terzo di loro vorrebbe una scuola che offrisse una preparazione maggiore, che desse più competenze e li orientasse di più.
Certo, non tutti la pensano così, ma partire da questi che non sono pochi, è un dovere e un obbligo in primo luogo per gli operatori della scuola, poi anche per gli altri, per i genitori, ad esempio.


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