La riforma Giannini. Un manganello applicato alla scuola, direbbe Turati
Giuseppe Aragno - 03-07-2014
Parliamoci chiaro. Il problema della scuola che Renzi, buon ultimo, mette in ginocchio dopo anni di attacchi devastanti, non può ridursi ora a un orario di lavoro che aumenta a parità di retribuzione, alle strutture fatiscenti fino all'inagibilità, al trattamento economico e giuridico dei lavoratori, ai tagli, alla precarietà, al potere sconosciuto e pericoloso di dirigenti scolastici che decideranno a chi dare i bonus stipendiali e alla rapina degli scarsissimi investimenti pubblici, utilizzati per foraggiare il privato. Ognuno di questi problemi è di per sé gravissimo, ma sarebbe facile per i "riformisti" battere la grancassa sul "corporativismo" dei "docenti conservatori" e scatenare i pennivendoli nella caccia all'untore.
Di fronte all'analfabetismo di valori di Renzi, la questione centrale e inquietante è anzitutto una: la legittimità democratica di un governo che esercita il potere in modo così autoritario e, di conseguenza, il diritto-dovere alla disobbedienza e all'obiezione di chi è chiamato a eseguirne gli ordini. Diritto-dovere legato sia al valore costituzionale e al ruolo sociale della funzione docente, sia al tema storico di una Repubblica che nasce e si costituisce giuridicamente come risposta a una tragica esperienza autoritaria e non può, quindi, chiedere a nessun cittadino un'obbedienza che comporti la negazione delle sue stesse ragioni fondanti.
Mentre si annuncia l'ennesima riforma liberticida, non si tratta più di orari di lavoro e retribuzioni; prima c'è da affrontare la questione cruciale della compatibilità tra coscienza democratica e legalità, avendo ben presente che, se giuridicamente "legali" furono vent'anni di regime totalitario, moralmente e politicamente legittima fu l'illegalità antifascista. In quanto al dato storico, il governo fascista "legalmente costituito" e i giudici che condannarono gli oppositori del regime oggi, a giusta ragione, sono reputati volgari criminali; Gramsci, Pertini e i loro compagni di lotta, invece, sono maestri dei nostri giovani e vanto del Paese.
Renzi giura che tutto andrà bene e non ci sarà battaglia, ma sbaglia di grosso. Ci sarà e sarà molto più dura di quanto creda. Più che l'effetto disastroso dei suoi provvedimenti - gli ennesimi volti a colpire la dignità della scuola repubblicana - agli insegnanti interessano ora i motivi che spingono il governo a un inaccettabile autoritarismo e la legittimità democratica delle firme in calce alle proposte di riforma. Una legittimità che o esiste e ci impedisce di rifiutare l'obbedienza, o non esiste e ci autorizza a contestare, legittima l'obiezione e di questo passo ci obbliga alla resistenza. Se la riforma della scuola si pone fuori dalla legalità costituzionale, alla scuola di Renzi e Giannini non può bastare il consenso di un Parlamento che, a sua volta, nasce da una legge dichiarata fuorilegge e trasformato ufficialmente, complice Napolitano, in un'accozzaglia di nominati, pericolosa per la salute della Repubblica.
E' questo lo scontro che si prepara, perché dubbi non ce ne sono: allo stato delle cose, non esiste nessuna condizione minima di legalità che imponga l'ubbidienza. I docenti antifascisti, infatti, quelli che sacrificarono la libertà e la vita affinché nascesse la scuola della Repubblica, ci hanno lasciato in eredità un testamento spirituale, passato così come fu scritto nella nostra Costituzione. In un foglio clandestino, stampato alla macchia sui monti dei partigiani, i docenti in armi contro il regime scrissero col sangue - e non è retorica - quale scuola voleva l'antifascismo per l'Italia nuova. Ogni regime autoritario, osservarono, sa bene che "l'istruzione è la vera liberatrice dello spirito umano, che eleva l'uomo e lo rende conscio dei doveri, dei diritti, delle sue fondamentali rivendicazioni"; ogni regime antidemocratico, che teme il popolo, quindi, "vuole il gregge, la massa, la folla" e perciò "tarpa le ali all'insegnamento libero, lo soggioga, lo vuole domare e dirigere per costituire una società fondata unicamente sulla potenza del denaro". Di qui, aggiungevano, "l'insegnante asservito e domato con la miseria e col bisogno diuturno, l'insegnante ridotto a una vita grama e stentata che mortifica e immiserisce anche i più arditi"; di qui una "professione angusta, che si fa conformismo e infine rinunzia". Di qui, una gioventù "formata a principi falsi, di qui la catastrofe e l'ineluttabile".
Il gioco si ripete: carriere in mano a burocrati legati al carrozzone governativo, docenti affamati, umiliati e costretti a scegliere tra sopravvivenza e libertà d'insegnamento. Tutto questo, per mano di un governo sostenuto da parlamentari mai eletti ma nominati grazie a una legge ufficialmente illegale; parlamentari che, non bastasse, manomettono la Costituzione antifascista. Tornano alla mente Turati, per il quale certe riforme sono "il manganello applicato alla scuola"; torna in mente Matteotti, che accusò Gentile di voler "assoggettare la scuola a un pesante controllo politico", e Rodolfo Mondolfo, che apertamente invitò alla disobbedienza perché, diceva, è chiaro a tutti che, quando si colpiscono i docenti a tradimento e si accresce l'autorità delle gerarchie scolastiche, si cancella la scuola come fucina di coscienza critica e si abolisce, di fatto, la libertà d'insegnamento. I docenti, quindi, non possono tacere, né obbedire, ma devono opporsi - scriveva Mondolfo - perché nessun insegnante democratico può subire in silenzio una riforma che non vuole cambiare la scuola, ma modificare i rapporti tra Stato e cittadini.
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 Carla Giulia    - 03-07-2014
Aspettavo questo intervento
qui in questo spazio ...
Grazie, come sempre chiaro ed efficace.

 Stefano De Stefano    - 03-07-2014
Con tutto il rispetto,credo che con contributi come questo non si vada da nessuna parte. E' del tutto fuorviante il confronto col regime fascista e, soprattutto, è fuorviante la polemica ideologico - resistenziale. Forse l'autore dello scritto non sa che ci stanno portando, a noi insegnanti, allo stremo e alla fame, a fronte di un rafforzamento, come mai s'era visto prima, del potere burocratico ma soprattutto economico dei presidi. Questi signori diventeranno l'ariete di cui il governo Renzi si servirà per annientare totalmente ogni resistenza di noi docenti. A settembre, o saremo in grado di bloccare tutte le scuole di ogni ordine e grado o potremo dire addio alla nostra professione, perché diventeremo tutti agenti di formazione a cottimo.

 Anna Falcone    - 04-07-2014
Non capisco perché dici le stesse cose dell'autore, ma poi lo critichi, caro Stefano. Guarda che non stanno portando allo stremo solo gli insegnanti, ma tutto il mondo del lavoro dipendente. Non è una invenzione fuorviante dell'autore il fatto che questo Parlamento è stato votato con una legge illegale, l'ha stabilito la Corte Costituzionale. E poiché i parlamentari non sono stati eletti, ma nominati dai segretari di partito, se nessuno te l'ha mai spiegato, imparalo: questo in Italia è accaduto solo quando c'era il fascismo. Quindi nessuna polemica ideologica, ma fatti. Come un fatto è che stanno privatizzando la scuola e non potrebbero farlo, perché la Costituzione lo vieta. Ti svegli tardi caro mio. Dov'eri, quando trattavano i precari come pezze da piedi e quando Marchionne mandava a casa migliaia di operai?

 Stefano De Stefano    - 04-07-2014
Andiamo bene! Intendevo solo sottolineare che esiste una questione scottante per i lavoratori della scuola e per i/le docenti in particolare ed è una questione salariale. E non intendo affrontare altre questioni, senza dubbio legittime e condivisibili, ma che oggi offuscherebbero del tutto l’importanza della questione salariale. Non è un caso che le proposte del governo Renzi incidano, canagliescamente, su questa esigenza: prodromo di ogni privatizzazione e gerarchizzazione aziendalistica della scuola è la proletarizzazione totale dei/lle docenti; se poi c’è qualcuno che spera che così si possa favorire l’innesco di processi rivoluzionari, beato lui che crede ancora a babbo natale!

 Anna Falcone    - 05-07-2014
In tutta sincerità, De Stefano, poi basta con questa sterile discussione: prima di fare polemiche inutili, dovrebbe mettersi d’accordo con se stesso. Ma chi parla di rivoluzione? Né l’autore dell’articolo, né io, né la collega Carla Giulia. Qui l’unico che crede a Babbo Natale è lei che a settembre vorrebbe bloccare tutte le scuole di ogni ordine e grado. C'è una legge sullo sciopero. Come le blocca? E poi, scusi, perché il blocco non lo ha proposto il 30 giugno, quando migliaia di precari sono stati licenziati, non prenderanno più lo stipendio e non sanno se e quando torneranno a lavorare? Se assicurano lo stipendio a lei, la questione salariale sparisce e le scuole non le blocca più?