Il Dialogo dei Melii e degli Ateniesi
Gennaro Tedesco - 12-04-2014
Col dialogo si raggiunge lo scopo di mettere tutte le istanze ideali in correlazione con il potere e il tornaconto; ma ciò che sotto questo aspetto risulta univoco in linea generale, assume, nel caso concreto, un significato ambiguo: si può addirittura affermare che l'antinomia del dialogo dei Melii, come altre antinomie tucididee, in teoria si lascia risolvere, ma che, nella pratica, si ripresenta sempre acuta.

Tucidide è uno storico e non un filosofo. Egli è convinto che la potenza non sia mai una grandezza assoluta e costante, ma che, al contrario, debba essere ogni volta ricalcolata da un maestro della politica. Per ogni singola decisione si rinnova la questione della misura entro la quale sia lecito sfruttare il potenziale. E se, abbastanza spesso, accade che anche mezzi sufficienti finiscano col tempo per non bastare, anche per il debole rimane sempre un margine di movimento e i punti di vista ideali ricevono, nel quadro dell'interesse personale, se ben compreso, almeno un peso relativo.

I Melii non erano tanto idealisti come li farebbero apparire le conseguenze e, nonostante tutto il loro pensiero legalitario, non mancavano di considerare il proprio interesse politico.
Facevano affidamento sull'instabilità dell'impero marittimo di Atene. Era la stessa insicurezza del loro dominio, su cui contavano i Melii , che condusse gli Ateniesi a questa dimostrazione di forza, tanto più che Sparta aveva riacquistato, con la vittoria di Mantinea, il suo antico prestigio; era, dunque, più una misura di sicurezza che non l'estensione della loro egemonia, tanto più che i Melii erano deboli. Ma a Melo si toccavano da vicino gli interessi spartani e con tutti Atene poteva inimicarsi, ma doveva temere gli Spartani.

E', dunque, attraverso la collocazione nel flusso degli eventi, che il dialogo, alquanto statico come argomentazione teoretica, acquista la sua dinamica.
Essa non era una esibizione qualunque dell'imperialismo, bensì conteneva fin dall'inizio una determinante caratteristica che rendeva scottante il problema cardinale della prassi politica circa i limiti entro cui è lecito servirsi della forza .
Tucidide giudica ogni singolo provvedimento in base alla situazione contingente .
La Nemesi stava sopraggiungendo , ma in Tucidide essa non viene a vendicare l'ingiustizia, bensì la sconsideratezza. Il capitolo mostra come Tucidide ricerchi fra gli uomini e non nella Tyche la colpa della catastrofe finale; egli tenta, con ogni sforzo, di coglierne razionalmente la causa e di ridurre al minimo l'imponderabile del fatto che tutti gli uomini sono esposti a errore.


Riferimenti sitografici e bibliografici

Il Dialogo dei Melii: www.youtube.com/watch?v=72rdGrEOWw8;
Vito Paolo De Pascalis, Il dialogo dei Melii;
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Dialogo degli ateniesi e dei melii sulla giustizia in guerra: www.giuliotortello.it/articoli/Tucidide.pdf

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