Dalle classi di scuola elementare alle aule universitarie, il problema "valutazione" è certamente uno dei più dibattuti e critici. Ce lo ricordano le Voci del Verbo insegnare, segnalandoci, tra gli altri, due contributi che volentieri diffondiamo, ringraziando gli autori e la Rivista gli asini che li ospita. Nell'aggiungerne un terzo vi auguriamo proficua lettura!
La Redazione di Fuoriregistro
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Io non so dare un voto
di
Marta Gatti
Di mestiere faccio la maestra. Mi piace la parola "mestiere", che è diversa da "lavoro", perché penso che fare la maestra abbia a che fare con l'arte/l'artigianato e l'uso delle mani. Impari con l'esperienza a modellare una relazione educativa che permetta ai protagonisti dell'apprendimento di stare bene a scuola. Impari con l'esperienza l'arte di insegnare attraverso la pratica e l'uso costante del fare.
Il tema della valutazione mi ha sempre messa a disagio professionalmente e personalmente. Se penso alle richieste dei parametri ufficiali, sento di non saper valutare!
Io e la mia collega abbiamo da sempre condiviso un modo "alternativo" di valutare.
Cercherò di raccontare la nostra pratica suddividendola nei diversi aspetti e allegando alcuni documenti da noi prodotti per cercare di essere più chiare.
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Valutare l'università
di
Mimmo Perrotta
Sono un ricercatore universitario. Dopo il dottorato di ricerca, ho beneficiato di borse, assegni e contratti di docenza e infine ho vinto un concorso, uno degli ultimissimi banditi per i ricercatori a tempo indeterminato, una figura che nel frattempo, nel 2010, la riforma Gelmini aveva abolito, nonostante le proteste di buona parte del mondo universitario. Nella mia generazione, sono tra i pochissimi "fortunati" che hanno potuto raggiungere questa posizione. La gran parte dei miei colleghi, amici e coetanei, così come molti ricercatori più anziani, è costretta ad accettare contratti e assegni temporanei, per giunta banditi in misura sempre minore a causa dei tagli di bilancio che anche l'Università subisce. [...]
Vorrei proporre [...] delle rapide considerazioni su alcuni effetti dell'avvento della valutazione nell'Università e in particolare sull'intreccio tra questa e la realtà di precariato nella quale lavorano molti giovani accademici.
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Bocciati i migliori per far passare i raccomandati
di
"Il Fatto Quotidiano"
Bocciare i più bravi per fare passare i raccomandati. La Legge Gelmini avrebbe dovuto eliminare il problema delle "spintarelle" nei concorsi locali per diventare professore, introducendo la cosiddetta abilitazione nazionale per spostare la valutazione dei candidati a livello nazionale. Ma, secondo la segnalazione di un ricercatore di organizzazione aziendale, ha soltanto peggiorato la situazione. L'aspirante idoneo, che ha rivelato la sua identità a ilfattoquotidiano.it ma preferisce restare anonimo, racconta di avere scoperto di non avere passato il concorso nel settore 13 B3-organizzazione aziendale grazie all'anticipazione dei risultati, che di per sé rappresenta una violazione del segreto professionale richiesto ai commissari. E spiega come con la nuova riforma le pressioni sulla commissione non si limitano più alle raccomandazioni per fare passare qualcuno, ma viene anche chiesto ai commissari di bocciare i candidati più bravi, che altrimenti rischierebbero di ostacolare i raccomandati nella selezione successiva a livello locale.
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