Tagli a getto continuo
Francesco di Lorenzo - 16-11-2013
Ormai è chiaro come il sole: ogni qualvolta, negli ultimi anni, un governo (e quest'ultimo non fa eccezione, anzi) interviene sulla scuola, lo fa peggiorando le cose. Non è un caso che i provvedimenti ministeriali suscitino scontento e preoccupazione in tutti quelli che vivono la scuola in prima persona. E naturalmente, di conseguenza, i timori crescono anche nelle famiglie.
L'ultima chicca in ordine di tempo è la vociferata inclusione nella legge di stabilità, con conseguente delega al governo, di provvedimenti come le norme sugli organi collegiali e sullo stato giuridico dei docenti. Un modo per far passare questioni importanti senza nessuna discussione. Un po' troppo, anche in tempi di crisi come questi, anche se, bisogna dirlo, siamo in perfetta continuità con i ministri Moratti, Gelmini e Profumo.
Si potrebbe obiettare che così vanno le cose perché qualsiasi proposta faccia il governo, nessuno è disposto a condividerla. È vero, più o meno. Ma è anche vero che ormai da parecchi anni non c'è stata, da parte dei governi che si sono succeduti, una sola proposta organica e seria sulla scuola. Nessuna proposta strutturale che fosse supportata da un'idea di fondo, da una concezione più adeguata e rispondente alle esigenze della società attuale. Non c'è stato, in breve, nessun investimento di qualsiasi tipo sulla scuola: né in termini di idee, né tantomeno (e questo lo sappiamo benissimo) in termini economici. Tutte le proposte degli ultimi anni hanno avuto come unico compito quello di togliere qualcosa alla scuola, spesso proprio le cose che andavano meglio; tutte le norme e le leggi hanno diminuito o dimezzato qualcosa, dall'orario agli organici, cercando di spegnere dappertutto entusiasmi e creatività che, nonostante tutto, anche se in forme sempre più minuscole, continuano a resistere. Ma non si sa per quanto ancora.

Intanto, scoppiano le polemiche sulla prospettata chiusura di quattro Uffici Scolastici Regionali. Gli uffici in questione sarebbero quelli del Friuli Venezia Giulia, Umbria, Molise e Basilicata. Il provvedimento si inserirebbe nel piano di contenimento dei costi previsto dalla spending review.
Naturalmente le polemiche sono subito scoppiate. Nessuno è d'accordo, tanto per cambiare. La regione Friuli Venezia Giulia, amministrata dal centrosinistra, ha chiesto spiegazioni e non ci sta a perdere la sua centralità per essere accorpata alla regione Veneto. Il presidente della Provincia di Udine, del centrodestra, è stato durissimo contro la proposta del governo, adducendo sia la salvaguardia della specificità regionale, sia il fatto che il Friuli sarebbe l'unica regione a statuto speciale a dover sottostare a simili imposizioni. Il presidente della provincia di Udine non ha risparmiato critiche alla presidente della Regione, che secondo lui è stata e continua ad essere accondiscendente e leggera nell'affrontare la questione, e la accusa di fidarsi troppo del governo amico di Roma.
Sulla tematica è intervenuto il movimento Cinque Stelle per bocca della consigliera regionale Eleonora Frattolin. La consigliera ha detto che "la politica regionale dovrebbe attivarsi per ottenere tutte le competenze primarie ed esclusive in materia di istruzione". Il problema, però, è sapere prima per fare che cosa. C'era una volta, ad esempio, la regione Lombardia nell'era Formigoni, che voleva a tutti i costi competenze e autonomia sulla scuola per decidere, senza imposizioni e controlli centrali, su assunzioni e contributi alle scuole private.
Quindi attenzione: non sarebbe male, sapere prima quale idea di scuola la regione abbia voglia di mettere in campo.
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