Polli, birre e larghe intese
Francesco di Lorenzo - 19-10-2013
I numeri non si possono nascondere. Se l'organico degli insegnanti è bloccato nonostante ci siano 21mila alunni in più, l'affollamento delle aule, cioè il numero alto di alunni per classe, resta identico. In sintesi, ci sono ancora le classi-pollaio. Non sono aumentate le classi perché ci sarebbe stato bisogno di altri insegnanti, ma non si è intervenuti neanche sull'edilizia scolastica; così, tra risoluzioni approvate in parlamento e class-action vinte dal Codacons proprio contro le classi pollaio, tutto rimane immutato. Dicendolo sembra di scoprire l'acqua calda visto che non è una novità: infatti tutto resta fermo e uguale in tanti altri settori dove si cambiano sigle e nomi ma nella sostanza tutto è come prima (anzi, più di prima).
Per ritornare alla scuola e nello specifico alle cosiddette classi-pollaio, applicando lo stesso ragionamento usato in questi giorni per le carceri, speriamo che a qualcuno non venga in mente di proporre un 'indulto scolastico'. La chiusura per tre anni, mettiamo, di una parte delle scuole italiane, magari le meno pregiate che, a detta di tutti, sarebbero gli istituti professionali: praticamente le scuole frequentate dagli alunni migliori secondo Don Milani e Pasolini, ma questo non è importante e poi i due nomi attualmente non sono di moda ...
Il problema è che seguendo la stessa logica, dopo tre anni (o poco più), il sovraffollamento si ripresenterebbe tale e quale.
Impressiona la facilità con cui si può sviluppare un ragionamento su scuola e carcere, seppure sul filo dell'ironia, e scoprire una quantità enorme di analogie compatibili e congruenti. Ma, del resto, appena qualche decennio fa queste cose le aveva scoperte, studiate e dette molto bene un certo Michel Foucault. A cui forse bisognerebbe tornare, se non altro, come antidoto alle larghe intese.

L'abbiamo scampata per un pelo. Bere più birra per finanziare la scuola: poteva essere la sintesi di un provvedimento che però non è passato. La commissione finanza, che doveva esprimere un suo parere sull'argomento proposto dal governo, ha detto di no. Aumentare l'accisa su un prodotto di consumo come la birra sarebbe servito a finanziare gli investimenti nel settore scolastico. Tra i tagli alla spesa pubblica per reperire le risorse e le coperture finanziarie che servono per mandare avanti il sistema, è una guerra combattuta a suon di intrecci e relazioni pericolose e a farne le spese sono sempre i soliti. L'associazione di categoria ha lanciato però la campagna: 'Salva la tua Birra', anche e soprattutto per far sapere che pur ritenendo importante il settore cultura e scuola, è allo stesso modo rilevante informare i cittadini che sulla birra già gravano tasse nella misura di ben 37 centesimi su ogni euro. In pratica, hanno detto, un sorso su tre va allo Stato, e con questa nuova idea si sarebbe arrivati ad un sorso su due. Un po' troppo, anche per chi distribuisce piaceri al gusto, non dimenticando le campagne contro l'alcool che la scuola sostiene e che contrastano (per avere più soldi bisognerebbe bere di più ...) con le intenzioni generali del governo.

Un'ultima notazione ma doverosa. Sulla valutazione la ministra Carrozza ha finalmente espresso un'idea che conforta gran parte del mondo della scuola. In pratica ha detto che non è corretto attribuire a un'Agenzia di valutazione il compito di definire gli obiettivi che essa stessa deve valutare. Finalmente un poco di chiarezza. Nel caso della scuola, quindi, l'Invalsi con le sue classifiche di buoni e cattivi fatte su modelli e obiettivi mai enunciati, si trova sulla strada sbagliata. E allora che si fa? Si dovrebbe azzerare tutto, ma sappiamo tutti che realisticamente non sarà così. Almeno, però, la ministra ha istillato il dubbio che prove, questionari e libretti calati dall'alto non servono granché, anzi non servono a niente. Vedremo in seguito se le larghe intese possano produrre qualche novità positiva in questo settore.
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