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Lavoro giovanile: occorrono iniziative innovative
Mauro Artibani - 08-07-2013
Saranno 73,4 milioni i giovani senza lavoro nel 2013; oltre il 12,6% della forza lavoro. Un esercito di under 29 che ha visto ingrossare le sue file di 3,5 milioni negli ultimi 7 anni, dal 2007 ad oggi. La stima e' contenuta nel Rapporto dell'Ilo sulle tendenze globali dell'occupazione giovanile 2013.
Queste le cifre del fenomeno come si mostrano nel mondo.
Oltre 19 milioni di persone senza impiego solo nella cara vecchia Europa e più della metà di tutti i giovani sotto i 25 anni in Spagna e Grecia.
Per lottare contro questa disoccupazione, i governi dell'Ue hanno dato il loro benestare ad impiegare otto miliardi di euro nei prossimi sette anni, di cui sei nel solo biennio 2014-2015, in modo da offrire alle persone con meno di 25 anni un lavoro, uno stage o un periodo di apprendistato entro quattro mesi dalla fine degli studi o dalla perdita del lavoro.
Caspita! "Oggi siamo in grado di dire che riusciremo ad arrivare, sulla quota complessiva di 9 miliardi, per le modalità di calcolo e gli impegni politici assunti, a 1,5 miliardi", ha detto Letta parlando di "un grandissimo risultato. Adesso sta alle imprese, non hanno più alibi e possono assumere i giovani", ha concluso.
Eggia, a buon intenditor poche parole.
Daltronde, il presidente del Consiglio Enrico Letta, per non farsi parlar dietro, aveva portato al vertice un primo pacchetto di interventi per l'occupazione da 1,5 miliardi tra il 2013 e il 2015 che dovrebbero attivare fino a 200.000 nuovi posti di lavoro. Circa 800 i milioni destinati alla decontribuzione per le aziende che assumono a tempo indeterminato giovani tra i 18 e i 29 anni.
Ci si mette di buzzo buono per spiegarlo pure il ministro del lavoro: Il tasso di disoccupazione giovanile, con il pacchetto di misure sul lavoro approvato dal Governo, scendera' di due punti percentuali. Poi non pago aggiunge che si stima una eguale riduzione pure per i giovani che non studiano e non lavorano, i cosiddetti Neet.
Cacchio, cacchio, cacchio: se tanto mi da tanto, facciamo quattro conti.
Dall'Ue, pressappoco, un miliardo tra 2013/2015 per poter fornire un lavoro, uno stage o un periodo di apprendistato entro quattro mesi dalla fine degli studi o dalla perdita del lavoro. Nello stesso periodo noi ci mettiamo 1,5 miliardi per attivare 200.000 occasioni di occupazione ovvero si abbassa del 2% la disoccupazione.
In Italia il tasso di disoccupazione giovanile sta al 38, 5 %: sono oltre 720 mila in meno gli under 30 occupati, a causa della crisi; 2,4 milioni i giovani neet.
Quindi dopo tutto sto popò di "sussidi" si riuscirà ad avere il 36,5% di disoccupazione; i neet saranno un po meno ma ancora tantissimi.
Okkei, tutto questo è meglio che niente ma:
Potrà dirsi sventata la crisi di identità sociale che connota i giovani disoccupati?
Potrà dirsi sventato il pericolo di instabilità sociale che la condizione marginale alleva?
Potrà dirsi ben utilizzato il capitale umano di cui dispongono questa generazioni?
Potrà dirsi così recuperata la capacità di crescita dell'economia a fronte di tal residua inoccupazione?
Orsù, Signori occorre andare oltre i sussidi. Devono averlo intuito Ministri e capi di Stato, riuniti a Berlino il 3 luglio; concordano sulla necessità di "identificare iniziative innovative".
Bene, c'è una regola per la crescita bella e pronta, buona per cavarci da questi impacci, che qualcuno dovrà prendersi la briga di scrivere. Dice: La ricchezza, generata dalla crescita economica, deve essere investita per remunerare tutto il lavoro che tocca fare per continuare a crescere.
Fissa pure le condizioni:
Condizione necessaria: La crescita si fa con la spesa; così viene generato reddito, quel reddito che serve a fare nuova spesa. Tocca allocare quel reddito per remunerare chi, con la spesa, remunera.
Condizione sufficiente: Chi si adopera nel quotidiano esercizio della spesa deve disporre della quantità idonea di reddito che consenta di acquistare quanto viene prodotto.
Giust' appunto, le condizioni per creare occupazione, lavoro.
Lavoro, buono per sottrarre i nostri dalla condizione marginale, restituire loro l'identità sociale, finalmente far loro adoperare quelle capacità che pur' hanno.

Mauro Artibani




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