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Un gesto che fa (giustamente) clamore
Gianni Lamagna - 12-02-2013
Lunedì 11 febbraio 2013

La notizia del giorno oggi è costituita sicuramente dalle dimissioni di Papa Benedetto XVI.
Notizia a suo modo clamorosa, perché da quello che ho appreso, finora nella storia millenaria della Chiesa, un accadimento simile si era avuto solo tre volte; l'ultima addirittura circa seicento anni fa.
Quando un fatto è così insolito, è di per sé clamoroso.
Se poi riguarda un'istituzione come quella della Chiesa Cattolica, che ha ancora un peso rilevante nella cultura e nella società del mondo e di quella italiana in modo particolare, il clamore si amplifica ovviamente in modo esponenziale.
Ma questa notizia è importante solo per questi motivi?
No. Ritengo che ce ne siano anche altri a renderla importante e significativa.
Il primo (e, forse, quello più rilevante) è che questa decisione di Benedetto XVI toglie in qualche modo al ruolo e alla figura del Papa quell'aura di sacralità eccessiva e spropositata, di "santità", mi verrebbe di dire addirittura istituzionale, che nei secoli aveva assunto la carica dei successori di Pietro.
La stacca dai cieli eterei del soprannaturale e la riporta sulla terra degli uomini. La rende una carica un po' più simile alle altre (alte) cariche di cui hanno bisogno tutte le società e le istituzioni umane.
Una carica che è indubbiamente un onore (per chi ne viene investito), ma anche un (terribile) onere. Che quindi si deve confrontare, soprattutto nell'incedere del tempo, con le energie, morali, intellettuali e fisiche, di cui un "normale" essere umano dispone e che, fatalmente, con l'avanzare dell'età, tendono ad indebolirsi e affievolirsi.
Il gesto di oggi di Benedetto XVI sembra dirci questo (soprattutto sembra dirlo ai Cattolici): non esiste una spiritualità disincarnata; il carisma, anche il carisma divino, anche il carisma di Pietro, anche il carisma del "rappresentante di Cristo in terra" non può prescindere, per realizzarsi, dalle forze concrete di cui può disporre un essere umano.
Per cui, quando queste forze vengono meno, per ragioni "naturali" legate all'età, non ci sono forze "soprannaturali" che possano surrogarle o, addirittura, sostituirle.
Se questo è il significato profondo (forse quello più profondo) del gesto odierno di Benedetto XVI, a me sembra che esso sia di grande innovazione. Un gesto che fa compiere alla Chiesa Cattolica un passo significativo nella direzione della "modernità". Quella "modernità" nei confronti della quale la Chiesa Cattolica ha avuto sempre (finora) un atteggiamento molto ambivalente, se non decisamente antagonista e ostile.
Anche per questo, quindi, è un gesto che fa (giustamente) clamore.
Ma, forse, è un gesto che fa clamore anche perché si distingue nettamente, direi in maniera addirittura vistosa, dal modo in cui volle affrontare l'ultima fase della sua vita (e della sua missione di Papa) il predecessore di Benedetto XVI: papa Giovanni Paolo II.
Questo Papa, infatti, morto appena otto anni fa (quindi di lui il ricordo è ancora vivo) pur essendo, negli ultimi anni del suo Pontificato, molto malato, addirittura impossibilitato nella deambulazione e (negli ultimi mesi) perfino nell'uso della parola, volle restare nel suo incarico fino all'esalazione dell'ultimo respiro.
Lungi dal prendere in considerazione l'incompatibilità tra l'incarico ricoperto e il suo stato di grave infermità, sembrò quasi considerare questo stato una condizione privilegiata per continuare a dare la sua testimonianza di Pastore. Tanto è che non limitò affatto le sue uscite pubbliche, ma sembrò quasi voler esibire in pubblico la sua sofferenza, a immagine perfetta del Cristo in croce.
E non è un caso, secondo me, che oggi l'attuale cardinale di Cracovia, che per alcuni decenni fu il segretario particolare prima del vescovo Woitila e poi di papa Giovanni Paolo II, abbia criticato, senza nessuna velatura diplomatica e con ben poco rispetto gerarchico, la scelta di papa Ratzinger, con l'espressione "Dalla croce non si scende. Mai!"
Effettivamente la scelta odierna di Ratzinger e quella che fu all'epoca di Woitila si pongono agli antipodi. Sottintendono due concezioni del Papato profondamente diverse, forse addirittura opposte.
E la cosa è tanto più sorprendente, in quanto Ratzinger fu il collaboratore più fedele e fidato di papa Woitila.
Anche per questo la scelta di papa Benedetto XVI appare di grande innovazione. Non solo perché ha pochissimi precedenti nella storia di una istituzione bimillenaria. Ma perché si pone in antitesi a una scelta che fu compiuta dal suo predecessore manco dieci anni fa.
Anzi, mi pare che questa scelta sia la prima vera (e, forse,unica) scelta di innovazione di un Pontificato, che per il resto si è mosso nella più assoluta (e, direi, grigia) continuità con quello precedente. E, forse, anche l'unica decisione per la quale il Pontificato di Benedetto XVI sarà ricordato nella storia.
Per quanto mi riguarda considero questa scelta molto umana e, perciò, anche profondamente cristiana. E mi inchino di fronte ad essa con rispetto, anzi ammirazione.
Mentre trovo sgradevoli le parole del cardinale di Cracovia. Anzi (per dirla tutta) le considero ben poco cristiane. Figlie di una malcelata "superbia", camuffata da "eroismo".
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 Lucio Garofalo    - 15-02-2013
Le dimissioni di Ratzinger e lo IOR

Dopo l'abbandono di papa Clemente I, esiliato nel 97 d.C. su ordine dell'imperatore Traiano, quindi il "gran rifiuto" di dantesca memoria di Celestino V nel 1294, la rinuncia di Gregorio XII, che abdicò nel 1415, fanno oggi scalpore le dimissioni di Benedetto XVI. Il codice canonico contempla la possibilità di rinuncia al sacro soglio pontificio, benché sia giudicata sconveniente. Non è affatto assurdo pensare che le dimissioni di Ratzinger siano riconducibili alle lotte intestine senza tregua tra le opposte cordate (in primis l'Opus Dei) che dilaniano la curia romana sulla questione dello IOR, la banca vaticana. Questa potrebbe sembrare una piccola filiale di provincia, eppure il flusso di capitali che passano attraverso tale banca è immenso, si parla di movimenti dell'ordine delle decine o centinaia di miliardi di dollari. E' tramite questo istituto che si compiono le operazioni più spericolate delle industrie degli armamenti, i riciclaggi di fondi neri provenienti da ogni parte del mondo, il traffico dei farmaci ecc. Il vantaggio che offre questa minuscola banca consiste nel fatto che è stata finora completamente inaccessibile e segreta, non avendo sopra di sé alcun organo di controllo internazionale, non essendo quotata in borsa ed avendo partnership solo con alcune banche svizzere e di alcuni paradisi fiscali. Ratzinger voleva mettere fine a tutto ciò nominando una commissione anti-riciclaggio con a capo il cardinale Nicora e Gotti Tedeschi a capo della banca. Il fatto fu che sia Gotti Tedeschi che il cardinale ottennero una normativa anti-riciclaggio (mai applicata) e si misero in contatto con analoghi istituti anti-riciclaggio italiani ed esteri. Inoltre, essi mostrarono una chiara disponibilità a collaborare con la magistratura. Furono fatti fuori dal cardinale Bertone e da quelli che stanno dietro di lui, prelati e speculatori finanziari. Per Ratzinger, ricattato mediante i documenti trafugati dal maggiordomo, sfidare tutto questo poteva significare una dose di veleno nella tazza di tè e forse questo pericolo non è del tutto fugato. Quanto peserà ora questa vicenda nel Conclave? Quanto peseranno le domande sulle vere ragioni delle dimissioni? Cercheranno probabilmente di eleggere un papa mistico, da estromettere da tutto ciò per continuare come prima, come avevano fatto con Ratzinger e gli ultimi cinque papi. Oppure proveranno ad imporre un loro uomo, ad esempio lo stesso cardinal Bertone, a capo della chiesa, ma è troppo rischioso.