Monti saliscende
Giuseppe Aragno - 28-12-2012
Si recita a soggetto. E' il gioco delle parti tra chi in politica è "sceso" e chi invece pretende di "salirvi". E non si tratta solo delle ambizioni malate di quanti esaltano nel potere anche ciò che il potere disprezza. In discussione sono le sorti della democrazia e la formazione dei nostri giovani.
Ogni scienza ha i suoi limiti. Attendersi che un economista si orienti tra le ragioni dantesche del De Vulgari eloquentia e del Convito sarebbe veramente troppo. Monti, poi, che si sente chiamato a una missione, non sfugge a una regola quasi universale: misura se stesso col metro con cui "misura le sue cose" e si pensa "magnanimo", sicché non solo "fa minori gli altri più che non sono", ma si sopravvaluta. Troppo "inglese", per curarsi della lingua materna, parla, direbbe Dante, il volgare peggiore: "quello che suona sulla lingua meretrice di questi adulteri".

Il verbo salire, sin a oggi ultima evoluzione dell'arcaico "saglire" indica propriamente un movimento graduale e progressivo verso l'alto. C'è chi sale per l'erta e chi lo fa nel senso affine e prosaico di "montare": su un treno, su un albero, su una nave, su un muricciolo... Immagini di un atto reversibile, legato strettamente all'idea di scendere. Chi sale a cavallo di norma ne scende e talvolta rovina in caduta. Non diversamente accade per un albero o un muro. C'è, quindi, un punto fermo e - a rigore di logica - un moto alternato, che si fa saliscendi e se esasperato ha i ritmi della comica finale. Un palombaro sale, ma certamente è sceso; se poi scende e non sale, sarà per disgrazia, sicché la comica finale s'è fatta tragedia.

Salire non ha valenza qualitativa, se non quella dell'uso figurato e assai poco repubblicano del salire in trono o sulla cattedra di Pietro. C'è, un'idea di eminenza e qualità morale e intellettuale in quel "salire in cattedra", che è, tuttavia, molto spesso sottilmente ironico e poco solenne, perché vuol dire "strafare" o "montarsi la testa".
Al cielo salgono i santi; al cielo, vuole un'iperbole, salgono le urla e c'è chi crede che l'anima salga in paradiso o scenda all'inferno; chi non crede d'avere un'anima muore per suo conto senza salire o scendere, ma nessuno troverà che in quest'immobile stato dell'uomo ci sia qualità o vergogna. C'è infine un saliscendi quantitativo: sale a volte la febbre, nel senso che aumenta e ci si sente male, scende, ovvero diminuisce, e si dovrebbe star meglio. Sale la popolazione, sale il bilancio delle vittime, salgono le tasse per la povera gente e qui non conta niente se alla politica è giunto qualcuno salendo o scendendo: l'equità sta ai governi, come la giustizia sociale alla legalità.

In politica non si sale e non si scende. In politica si entra o meglio ancora, alla politica ci si "dà": le si regala se stessi. Per farlo, in una repubblica parlamentare, ci si presenta alle elezioni e si domanda umilmente un voto su un programma vincolante.

Uscito sul "Manifesto" il 2 gennaio 2013 col titolo Etimolgia del saliscendi di Monti
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