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Pozzuoli ribolle, e non di solfatara". Così, giorni fa scrivevo a una mia ex alunna di Nola. Da oltre due settimane si alternano scioperi, manifestazioni, occupazioni, assemblee, collegi straordinari e didattica alternativa. Insomma, tutto quello che si fa in una scuola viva che sa guardare fuori dai propri cancelli. Per mio conto - le riferivo - sto "lavorando" comunque. Gli alunni, anche di classi non mie, mi cercano per le loro assemblee, per aggiornarli sugli iter legislativi in materia scolastica e per altro ancora. È magnifico. Mi fanno sentire di casa benché sia l'ultimo arrivato in questa scuola. Ieri, per esempio, la mia giornata è cominciata col collegio per la redazione di un documento da inviare alle famiglie che illustrasse le iniziative di protesta dei docenti; è proseguita in tarda mattinata con un collettivo aperto ad alunni e comitati universitari; si è conclusa, in pomeriggio e serata, con l'assemblea di genitori, professori, studenti e preside. Qui ci siamo ritrovati tutti concordi nell'avversare sia il ddl Aprea sia il linciaggio mediatico di cui è bersaglio la scuola pubblica, ma anche sugli irreversibili danni che si stanno perpetrando all'istruzione, al futuro dei giovani e alla competitività del Paese. È bello vedere come una comunità scolastica sia così unita e solidale. I ragazzi sono estremamente consapevoli e informati. Aprono le loro assemblee ai docenti, agli ATA, agli universitari, all'associazionismo e persino all'ANPI. Le discussioni sono animate ma civili e rispettose dei pareri di tutti. Si dibatte sui metodi e non sempre c'è condivisione, ma, alla fine, si raggiunge un'intesa. In ciascuno c'è uno straordinario senso di appartenenza e una incredibile compostezza. Tutto questo mi riconcilia col mondo della scuola, ma, al tempo stesso, mi intristisce tantissimo. Penso - così concludevo - a quanto Nola sia distante, a cosa i miei ex alunni si sono persi, a quanto vorrei che respirassero questa solidarietà, questa armonia, questa effervescenza". Sì, vorrei tanto metterli in contatto, far conoscere l'energia di questi ragazzi, il loro spessore ideale. Tra i tanti, due: Marisa e Paolo. Hanno corpi minuti e gracili dai quali, però, si sprigiona una sorprendente vitalità. Hanno occhi svegli e, ad un tempo, tristi. Quando parlano lo fanno in fretta perché dicono quello che sanno e quello che sentono. Parlano di crisi, di presente da difendere e futuro da inventare. Lo fanno con lucidità e passione. Hanno una conoscenza che deriva dal vissuto. Abitano la crisi di genitori precari o cassintegrati. Sono figli del ceto medio messo in ginocchio da una crisi iniqua e crudele. Appartengono alla generazione che paga la crisi senza averla provocata. Marisa, Paolo e tanti altri li ho guardati uno ad uno, li ho ascoltati. Mi hanno emozionato e conquistato. Per questo, a qualche genitore che, distinguendosi in miopia, ha rimproverato ai ragazzi di aver "perso" ore di lezioni, ho replicato che in questi giorni è cresciuto in loro una consapevolezza civile e politica - ovviamente, nella sua accezione più nobile - un senso d'appartenenza e del reale che nessun teorema, canto dantesco, o artista potrà mai dar loro. Studenti e docenti sanno bene che dovranno recuperare anche questo. Eppure, se il prezzo di tutta quella crescita fosse un teorema, un canto o un artista, ben venga. Ho visto in Marisa una disperata voglia di aggrapparsi a questa scuola, a questa comunità, ad essere "noi", tutti ed insieme, e non tanti "io", sparsi e contrapposti. Guardando nel fondo dei suoi occhi e dietro ogni sua parola mi è tornato in mente questo brano di Erri De Luca: "
C'era una generosità civile nella scuola pubblica, gratuita, che permetteva a uno come me di imparare. [...] L'istruzione dava importanza a noi poveri. I ricchi si sarebbero istruiti comunque. La scuola dava peso a chi non ne aveva, faceva uguaglianza. Non aboliva la miseria però, tra le sue mura, permetteva il pari. Il dispari cominciava fuori." Già, il dispari. Quel dispari col quale dobbiamo misurarci e che dobbiamo imparare a sconfiggere e volgere a nostro vantaggio. Non a caso, guardando nel fondo degli occhi di Marisa e dietro ogni sua parola mi è venuto in mente quel romanzo di Erri De Luca, il cui titolo, manco a dirlo è: "
Il giorno prima della felicità". Mi auguro, per lei e per tutti i suoi compagni, che quel giorno sia qui, ed ora.
Per questo occorre che la nostra scuola sia pari e di maggior qualità, e il dispari derivi solo dalla convinzione, dalla determinazione, dalla dedizione di ciascuno nel migliorarsi giorno per giorno, mettendoci nell'apprendere, la stessa grinta, la stessa passione e la stessa lucidità di questi giorni. Per questo, buona scuola a tutti. Buona scuola di tutti e per tutti. Una scuola che sia davvero pubblica, ossia diritto per tutti e patrimonio comune.