Il disordine delle forze dell'ordine
Giuseppe Aragno - 05-06-2012
Non illudiamoci. Le ennesime manganellate, quelle assestate a Trento con cieca e impunita furia sui corpi di chi legittimamente intendeva contestare la Fornero, non vivono di vita propria rispetto al Governo e anzi, a ben vedere, sono uno dei rovesci della medaglia. Col cuore in gola, presi da incomprensibili affanni, i "tecnici" eletti da Napolitano e il Parlamento dei nominati che nessuno ha mai votato portano avanti precipitosamente una legge di riforma costituzionale che promette esiti devastanti: in discussione sono, infatti, non solo la marginalizzazione delle funzioni del Presidente della Repubblica, ma il ridimensionamento di un Parlamento mortificato dal ruolo assolutamente centrale di un Presidente del Consiglio che ha facoltà di sciogliere le Camere se votano contro una sua legge e gli negando la fiducia.
Napolitano e Monti fingono d'ignorare che un così profondo mutamento della legge fondante della Repubblica trasforma, di fatto, in una spuria e pericolosa Assemblea Costituente la raccogliticcia banda di inquietanti figuri che tiene in piedi l'Esecutivo. Non bastasse l'anomalia della procedura, il colpo giunge senza una discussione vera, senza la partecipazione dei cittadini, convenientemente informati e messi in condizione di dire la loro. E' la logica del "fatto compiuto", l'esito naturale e per molti versi fatale di un dato patologico che non si è combattuto: il prepotere dell'Esecutivo, rinforzato dall'incremento della decretazione d'urgenza su temi che urgenti non sono, dalla sequela ininterrotta dei provvedimenti decisivi per il futuro del Paese, ripetutamente imposti a colpi di fiducia; per dirla tutta, di una vera e propria espropriazione delle prerogative di un Parlamento che, per suo conto, ha fatto il possibile e l'impossibile per delegittimarsi. Su binari paralleli, ormai fuori controllo, viaggiano a tutta velocità - e completano il quadro fosco - la costosa macchina degli armamenti, la scelta di tornare alla guerra ripudiata e il devastante smantellamento del sistema formativo pubblico. Non a caso, l'ineffabile Profumo vibra pugnalate, inserendo per decreto i suoi provvedimenti sulla "meritocrazia", il cavallo di Troia di una privatizzazione che, sul limitare delle malconce porte Scee, poste a difesa di quanto sopravvive della Pubblica Istruzione, non trova neppure il monito sventurato di un Laocoonte. Sarà pur vero che la storia non insegna nulla, ma qui docenti e storici siamo chiamati in discussione direttamente e va detto: di errori ne abbiamo fatti.
Prevaricazioni e prepotenze fecero da battistrada al fascismo e non a caso, più che il fascio littorio, il simbolo dell'odioso regime di Mussolini rimane il manganello. Non sarà inutile rammentarlo, in un Paese in cui più il tempo passa, più un governo sedicente "tecnico", nato male e peggio cresciuto, naviga a vista, in rotta di collisione con i diritti sanciti dalla Costituzione e il manganello impazza. Dove non regna la giustizia sociale, a regnare sono le passioni dei magistrati: è l'alfabeto della politica e non c'è tecnico, sia pure bocconiano, cui sia consentito d'ignorarlo. Piaccia o no a Monti e Napolitano, in democrazia, i governi, quale che sia la loro forma, sono istituiti dal popolo per il popolo; la fonte dell'ordine è la giustizia e non c'è norma che possa legittimamente trasformarne la gestione in proprietà privata delle Istituzioni, la cui ragion d'essere vive nella volontà del popolo sovrano. Quella volontà della quale esse sono serve. Tutte, anche il ministero dell'Interno cui tocca badare all'ordine pubblico, ma rispondere anche del suo evidente disordine.
Sembra strano doverlo fare col "governo dei professori", ma con l'acquisto di De Gennaro, il buio ritorno di sedicenti anarchici e il mistero della bomba brindisina, è bene ricordarlo: a partire dalla fine dell'Ancien Régime, l'arte del governare non consiste nel piegare i legittimi bisogni della stragrande maggioranza della popolazione agli interessi d'una minoranza, scatenando la violenza delle forze dell'ordine. Il fine del governo è uno, sacro e vincolante, pena il tradimento: eseguire un mandato cui il popolo l'ha delegato, esercitando le funzioni di tutti i poteri come doveri pubblici e non già come diritti personali.
Di fronte al disordine quotidianamente provocato dalle forze dell'ordine, non sarà tempo perso ribadirlo: in una democrazia parlamentare l'equilibrio dei poteri nasce dalla natura delle leggi che mirano tutte a rendere gli uomini felici e liberi. Monti dovrebbe saperlo: la natura democratica di un governo non si misura dal listino della Borsa, ma da due capacità: quella di trovare l'energia per assoggettare gli individui all'impero del mandato popolare ricevuto e quella che gli consente di impedire, tuttavia, che possa abusarne. Fu questo uno dei grandi problemi che arrovellò politici e pensatori negli anni cruciali della rivoluzione francese e, piaccia o no, non aveva torto Robespierre, a sostenere che "questo è il grande problema che il legislatore deve risolvere. Questa soluzione è forse il capolavoro della ragione umana".
Un capolavoro di cui non c'è traccia nell'opera di un governo che non ha opposizione nel Palazzo e reprime il dissenso nelle piazze. Un governo che si lascia consigliare da passioni e pregiudizi personali, sicché, mentre offre continui e fondati motivi al malcontento popolare, assume malintesi ruoli pedagogici rispetto al Parlamento, si occupa con zelo sospetto del potere dell'Esecutivo e lascia mano libera alla polizia. Tutto ciò è tipico di un potere che si specchia in se stesso ed è fermo al tragico equivoco di chi cede a tentazioni autoritarie. Non a caso, Monti garantisce l'ingiustizia, fonte del disordine, e insegue l'ordine col manganello. Ma qual è l'ordine cui pensa Monti, e dove intende condurci?
La risposta incute timore.

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 Oliver    - 10-06-2012
E' incredibile leggere riflessioni piene di tormento, questo continuo richiamo a quadri foschi, bui, pericolosi con l'ordine che genera il disordine.
Vorremmo proposte, il tuo amico Robespiere sa tanto di atteggiamenti che sono nel cassetto della storia. Se questo spazio deve rispetto per tutti, chiedo che si concretizzino percorsi fattibili. Il tuo stipendio ti è elargito dal "pericoloso" Monti, questi tecnici stanno garantendo il non ritorno ad un sistema dove le regole economiche - etiche erano un opzional.
Infine, desidero ricordarti, che i "rivoluzionari" Rossi e Turigliatto non ci mancano, anche se ci procura fastidio sapere che si sonno garantiti in modo furbo una cospiqua "prebenda" pensionistica.

 Giuseppe Aragno    - 10-06-2012
Lascio perdere, Oliver, il suo darmi del tu come fossimo antichi "camerati", i suoi cenni al mio presunto “amico Robespierre” e al “cassetto della storia”, di cui ha evidentemente smarrito la chiave. E' tragicomica paccottiglia da polemista senza polemica e senza frecce all’arco, che litiga con se stesso e fa guerra ai fantasmi che si porta dentro. Non so se qualcuno la paghi per esporsi a simili figuracce, ma tengo a dirglielo: ai docenti lo stipendio non lo "elargisce" Monti.
Per quanto riguarda "Fuoriregistro", tutto ciò che di incredibilie vi esiste si riduce ai suoi umorali ronzii da zanzara, petulanti, ossessivi, astiosi, programmaticamente sterili, eternamente fuori tema. Qui si condanna un’aggressione brutale, vile e immotivata – l’ennesima purtroppo – ai danni di inermi e civilissimi manifestanti ai quali, commentatore della domenica, puntualmente anonimo, lei dovrebbe il rispetto che chiede e non ha né per se stesso, né per gli altri. Se ne avesse, non tirerebbe fuori ad ogni pie’ sospinto Rossi e Turigliatto, imprecisati “percorsi fattibili”, il mio stipendio che evidentemente non è un suo problema e un’insalata russa di parole buttate giù a casaccio, che non c’entrano mai nulla con quello che scrivo e fanno pensare purtroppo alla dolente espressione d’un delirio.
Se i ripetuti ronzii notturni d’una zanzara possono diventare assillo, bene, un banale fastidio ce l’ho: i suoi commenti da aspirante manganellatore frustrato, sconnessi più che disordinati, pronti a evocare un incombente diluvio universale da cui ci salverà un immancabile e inquietante Mosè. Cruccio lieve, figlio di un assillo che tormenta anzitutto il tormentatore. In tutta onestà, Oliver: lei mi infastidisce poco, ma mi fa un'infinita pietà.

 Fuoriregistro    - 10-06-2012
Per Oliver, che, tra l'altro, non è anonimo ma usa un soprannome, una citazione.
A Bologna, parole di Bersani, Samuele però:
A Bologna i portici tengono in piedi le case
hanno i reumatismi e le artriti di braccia operaie
Fingono di non sentire o di non sapere
chi sta prendendo la città a calci nel sedere...

La tecnica, senza la storia, serve a poco, come i percorsi fattibili (una buona scuola?) senza le condizioni di fattibilità (le risorse sufficienti?).
O come la democrazia senza libertà di espressione, lapalissiano ma non scontato.
Buone vacanze o quasi, prof.

 gigione    - 10-06-2012
"Il tuo stipendio ti è elargito dal "pericoloso" Monti"?
La scuola è di proprietà del capo del governo? che "elargisce stipendi"?
Presto, un corso rapido di educazione civica per ...Oliver...