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La crescita economica tra il dire e il fare
Mauro Artibani - 16-04-2012
Crescita, crescita, crescita, per uscire dalla crisi senza se, senza ma.
Si, insomma +Pil. Quel pil, che per quanto abbia perduto l'appeal dei giorni migliori resta lo strumento che misura l'aumento della ricchezza generata nel corso di un anno.
Bene, andiamo al sodo: questo pil non misura quanto prodotto, misura invece il consumato. Non è neppure un prodotto bensì una somma, seppur algebrica: l'equivalente della spesa effettuata dagli agenti economici; nella fattispecie la spesa privata, quella pubblica, quella per gli investimenti produttivi, quella per le scorte di magazzino delle imprese, fino alla spesa estera.
Tutto fila quando i Consumatori, quelli che fanno la spesa privata, hanno redditi adeguati a generare l'ormai consueto 60% di quel pil; gli altri, sollecitati da cotanto fare, faranno il resto.
Quando, e siamo all'oggi, quei redditi sono insufficienti e viene a mancare tal contributo, resta l'invenduto. I Produttori visto l'andazzo tirano i remi in barca, fanno fatica ad investire per nuovamente produrre, anche ad attrezzare scorte per magazzini già pieni. Per gli improvvidi della spesa pubblica che fanno la crescita quando si riducono le entrate fiscali di quelli di prima, quando si tenta di ridurre questa spesa per ridurre il debito statale, fanno anch'essi meno pil.
Già, chi cacchio dovrebbe far crescere sto benedetto Pil?
Beh, c'è chi con l'agenda della crescita organizza manovre per spingere la produttività di quella domanda estera che quando tira fa + 1%.

Mauro Artibani
Per approfondire il tema trattato: PROFESSIONE CONSUMATORE
Paoletti D'Isidori Capponi Editori
Marzo 2009


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