Ce lo chiede l'Europa
Giocondo Talamonti - 05-04-2012

Il monito di un'Europa attenta a tutte le mancanze di un paese pasticcione come il nostro ci ha accompagnato per le passate legislature e ha funzionato da rimprovero insindacabile, richiamo intransigente, allineamento irrinunciabile ai doveri di cittadini appartenenti, volenti o nolenti, a una comunità allargata.
"Ce lo chiede l'Europa" è stata, e seguita ad essere, l'espressione che non ammette trattative; equivale al dictat: "l'ha detto tuo padre!" che, tramite nostra madre, ci veniva da ragazzini dalla massima autorità famigliare. Parole che suonavano come condanne senza appello; guai a verificarne la fondatezza, né a trattarne i termini.
Non avevamo sempre la sensazione che quell'ordine fosse per il nostro bene; troppo piccoli per afferrarne le conseguenze. L'ubbidienza era un dovere, ma gli effetti benefici non mancavano mai.
C'è, però, una differenza abissale fra i due richiami: alla certezza dei vantaggi che derivavano dall'osservanza dell'ordine paterno, fa riscontro la precisa sensazione di essere sistematicamente fregati dall'appello che ci viene rivolto con puntuale ricorrenza. Il sospetto, insomma, che di quell'atteggiamento paterno, preteso e sofferto, se ne approprino indegnamente i censori di oggi, non è solo legittimo, ma inquietante.
Per dire come stanno le cose, questa Europa, tanto appassionatamente invocata e tanto attenta ai doveri, ci sembra di memoria corta. Non si chiede e non ci spiega perché la benzina in Italia costi il 30% più della Spagna, perché gli operai italiani guadagnino meno dei colleghi europei, perché i deputati nostrani si mettano in tasca stipendi tripli rispetto a quelli della Comunità, perché i conflitti di interessi abbiano in Italia carattere permanente, perché il diritto al lavoro, sancito nella Costituzione, continui ad essere una chimera per un giovane su tre, perché....perché...perché...
Dietro alla minaccia "ce lo chiede l'Europa", c'è un prudente atteggiamento di paura per le reazioni della gente; c'è il tentativo maldestro di soffocare le critiche; c'è l'aria buonista dei populisti alla Cetto Laqualunque che fingono solidarietà per chi soffre ma non rinunciano a dare ascolto alla voracità dei caimani. Una politica così è un'autentica offesa alla nostra intelligenza, perché fatta da gente poco propensa ad assumere responsabilità e ad indicare soluzioni che possono essere anche scomode, ma indirizzate al bene degli amministrati.
Un po' come faceva nostro padre, quando ci comunicava quanti buchi della cinghia bisognava stringere in certi periodi per conservare l'equilibrio economico della famiglia, con la differenza che ai sacrifici che oggi l'Europa chiede al popolo, corrisponde sempre un allargamento della cinghia di certi personaggi in grado di interagire con la cosa pubblica.
Come mai questa Europa distratta non ci chiede perché non investire in cultura, in saperi, in abilità; come mai nella globalità dei mercati questa Europa distratta non ci impone di creare un numero sufficiente di figure che consentano la crescita industriale; come mai questa Europa non ci chiede conto di quanto abbiamo fatto in tema di orientamento, organizzazione scolastica, formazione, ricerca, innovazione e lavoro? Come mai?
Possiamo serenamente sperare in una disposizione che ci liberi da ladri, da mafiosi, da truffatori e approfittatori?
Che bello sarebbe poter dire: "Fuori dalle balle. Ce lo chiede l'Europa!"


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 Antonino La Manna    - 15-04-2012
Convengo in tutto....siamo sotto un regime nazista composto da più partiti. Un regime monocratico che si autogratifica e ruba ai contribuenti....