I compiti a casa e le chiacchiere morte
Severo Laleo - 02-04-2012
E' uscito oggi, su Il Messaggero, un articolo di Giorgio Israel sui "compiti a casa", dal titolo "I compiti a casa, doveri e valori". La tesi, già dal titolo appunto, è subito chiara: i compiti a casa sono un "dovere" ed esprimono "valori", ma con quali stringenti argomentazioni non è dato sapere.
Ma lasciamo, sul tema, aggirando la scia di polemica aperta con un Ministro dalle idee confuse, la parola all'autore:

"Ci sentiamo ripetere tutti i giorni che, per superare la crisi e far ripartire il Paese, occorre mettere in campo un rinnovato senso di responsabilità e la capacità di fare sacrifici. ...
La scuola non è soltanto il luogo dove si acquisiscono le conoscenze e le capacità adatte a svolgere qualsiasi attività lavorativa, ma anche il luogo in cui si acquisisce l'attitudine a lavorare, che significa anche (o soprattutto) impegno, sforzo, sacrificio....
... La scuola ha sempre avuto la funzione di fornire tale allenamento, che è rappresentato non soltanto dalle ore passate con l'insegnante e i compagni di classe, ma dal lavoro a casa, in cui ci si confronta individualmente, faccia a faccia con sé stessi, con i risultati del lavoro fatto.
È qualcosa che non soltanto stimola il senso di responsabilità, e addestra allo sforzo inerente a qualsiasi attività lavorativa ...
Il ministro Profumo si è dichiarato a favore dell'abolizione dei compiti a casa.
Ha osservato che una versione di latino può essere copiata da internet ...
Infine ha aggiunto che la scuola deve insegnare ai ragazzi a fare gruppo
invece di chiudersi nella loro cameretta ... provocando sconcerto e avvilimento ... in tantissime famiglie che si battono quotidianamente - e contro mille ostacoli - per educare i figli al senso di responsabilità (che è anche stimolato dall'obbligo di fare i compiti), alla capacità di applicarsi, a non disperdere i pomeriggi bighellonando nell'ozio, ad allenarsi allo sforzo ...
Mentre ora si vuol prescrivere a scuole e insegnanti se e quanti compiti a casa debbano assegnare ...
"

In verità, prima di avviare una qualsiasi discussione sui "compiti a casa", anzi sul ruolo dei "compiti a casa", è utile/necessario specificare/conoscere qual è la fascia scolastica, qual è il tipo di "compito" e quali sono le condizioni della "casa" (specie di questi tempi bui!); non esistono "compiti a casa" astratti per i quali è possibile definire, subito, un "ruolo" per tutti valido, a prescindere.
I "compiti a casa" hanno un valore solo all'interno di un percorso
pedagogico-didattico ben definito, accolto e compreso dagli allievi. E certo non saranno i "compiti a casa" a costruire persone responsabili, rigorose, in grado di fare sacrifici (perché poi sacrifici?).
Anzi, se per parlare di "compiti a casa" l'esempio è sempre la versione di latino, molto probabilmente si ha un'idea dei compiti a casa ancora "romantica" (e inutile). La preoccupazione per il peso dei "compiti a casa" è sempre stata dei genitori, soprattutto se "agiati".
Forse non molti sanno qual è l'origine del "giornale di classe": nacque semplicemente per dare ai professori la consapevolezza, leggendo/controllando la quantità dei compiti assegnati agli allievi, di non esagerare. E siamo negli anni del fascismo. Allora il problema era non esagerare con gli Avanguardisti!
Con la Repubblica poi, e con la nuova consuetudine dei week end, si scoprì anche l'esigenza di sospendere le interrogazioni il lunedì per l'impossibilità degli adolescenti di fare compiti a casa di sabato e domenica! E il problema divenne la "libera uscita" settimanale.
In breve, raccomandazioni in un verso o nell'altro sul tema dei "compiti a casa" davvero non hanno molto senso.
Sono chiacchiere morte.
O no?

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