L'Europa, le banche e lo sfascio della scuola
Giuseppe Aragno - 20-09-2011
Organici inchiodati alla consistenza del 2011-2012, senza tener conto dell'aumento degli alunni, obbligo eluso di fatto da percorsi di istruzione e formazione professionale che sono lavoro a tutti gli effetti, docenti inidonei all'insegnamento per motivi di salute costretti a soffiar posti ATA a precari destinati al licenziamento, docenti non specializzati dirottati sui posti di sostegno, con grave danno per l'integrazione degli alunni disabili, istituti comprensivi che aggregano scuole secondarie e primarie private dell'autonomia se non hanno almeno 1.000 alunni o 500 nelle zone disagiate: lo sfascio, desolante e per molti versi irrimediabile, è sotto gli occhi di tutti. Non c'è ordine e grado di scuola statale a cui l'avvocato Gelmini non chieda ulteriori sacrifici, a cui non riduca il già risicato fondo d'istituto, rendendo sempre più difficile finanziare visite culturali, corsi di recupero e ogni attività progettuale extra-didattica. Le conseguenze organizzative e occupazionali, l'ingovernabilità di migliaia di scuole, prive di una stabile dirigenza e di una reale forza formativa, lasciate sole ad affrontare situazioni di crescente difficoltà pedagogica e didattica, possono trovare un rimedio solo nell'impegno dei docenti le cui retribuzioni, tuttavia, inferiori del 40% a quelle dei colleghi dell'area Ocse, sono scese di un punto, mentre l'aumento medio nell'Unione Europea si attesta attorno al 7% nel decennio 2000-2009.
Sul disastrato Mezzogiorno, lo scempio pesa naturalmente di più. In provincia di Ragusa, A Modica, per fare un esempio, c'è un Liceo Scientifico che ha una terza con 54 alunni; su 10.500 scuole elementari accorpate, 900 sono meridionali e, a conti fatti, ne deriverà una riduzione di organico pari al 30% per i dirigenti scolastici, all'11% per i direttori amministrativi e a non meno di 1.100 posti di assistente amministrativo cancellati. Rimane in piedi, e qui c'è il segno di un degrado soprattutto morale che supera i confini della crisi europea e si fa tutto italiano, la politica di discriminazione razziale che fissa al 30% la percentuale massima di alunni stranieri presenti in una classe.
Una tragedia di queste proporzioni non si spiega più coi limiti del centralismo e la miseria morale degli egoismi neofederalisti. Occorre prenderne atto: la questione non è di natura locale e la pessima qualità della nostra classe dirigente non spiega da sola il fenomeno. Da tempo, ormai, sulle politiche economiche dell'Unione Europea l'ultima parola la dicono gli usurai che la governano ed è tempo di cogliere il significato profondo di un dato di fatto che incute timore: è il mercato a governare la politica e siamo ormai in balia di un regime politico autoritario che non ha precedenti nella storia contemporanea. Un regime che, forte di caratteri sovranazionali e fuori da ogni controllo di organi elettivi, decide del nostro futuro.
Se in questo contesto, per guardare in casa nostra, la scuola del Sud paga a prezzo più salato i costi della crisi, non c'è da stupirsi e non deve spingerci ad aprire un fronte di guerra tra poveri che potrebbe solo indebolirci. Ogni microarea, ormai, riproduce nella sua dimensione le condizioni di disparità che caratterizzano i "teatri" più vasti della vicenda politica europea. Non c'è dubbio, un "fallimento" della Grecia trascinerebbe in una maggior rovina il nostro paese, ma questo non può e non deve voler dire che i greci sono nostri nemici. I lavoratori greci e quelli italiani, al contrario, hanno in comune un nemico feroce, contro il quale devono battersi insieme. Qualcosa, in questo senso, comincia però a muoversi ed è bene che le notizie circolino. L'idea di non pagare il debito pubblico, la proposta di una fuoriuscita dall'Eurozona, che non sia al momento uscita della Unione Europea, non appare più la velleitaria proposta delle solite "frange alternative". Di fallimento pilotato dell'Italia parla un'economista "democratica" del calibro di Loretta Napoleoni e Andrea Fumagalli, docente di Economia Politica all'Università di Pavia, apertamente si schiera col "diritto all'insolvenza". S'affaccia da più parti ormai la proposta di chi delimita un'area dell'Unione Europea - i paesi Piigs (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia, Spagna) - e indica le possibili vie da imboccare; occorre evitare l'annichilimento e la macelleria sociale messi in atto, con sperimentato cinismo, dalla Banca Centrale Europea e da istituti economici - veri e propri poteri politici - che non chiedono voti, non temono il giudizio dei popoli e, in nome del libero mercato, sono pronti a sacrificare il destino dei lavoratori, dei giovani, dei disoccupati e dei pensionati nel nostro e negli altri paesi europei.
Circola in rete un documento. E' frutto del lavoro di intellettuali, scrittori, docenti universitari, sindacati di base, Fiom, ambientalisti e movimento No Tav e definisce una posizione alternativa e democratica, si fa cuore pulsante di una nuova politica economica sociale, che segni una svolta rispetto alle logiche neoliberiste e autoritarie dei governi di centrodestra e di centrosinistra, apertamente servi degli interessi del capitale finanziario. Pochi punti, ma una scelta netta per battere le logiche che, assieme allo stato sociale e al mondo del lavoro, stanno distruggendo anche la scuola. Occorre coalizzarsi contro il "governo totalitario" delle banche, presidio autoritario ed espressione economica e politica del pensiero unico annunciato da Marcuse. Non siamo di fronte all'incubo metafisico e letterario di un tardivo "1984". Ci minaccia un progetto politico che ha la concretezza della realtà storica. Contro questa minaccia prendono corpo un progetto alternativo e la possibilità di una svolta radicale. Non sarà facile, ma non c'è altra via. Il prossimo appuntamento è a Roma, per un'assemblea che si terrà venerdì 23 settembre dalle 18.30 alle 21.00 alla Casa del Popolo, a Torpignattara, in via Benedetto Bordoni 50; subito dopo, il 15 ottobre, appuntamento in piazza, a Roma, per per una grande manifestazione lanciata dagli Indignados spagnoli contro le politiche di austerity della UE.
E' un appuntamento al quale gli insegnanti non possono mancare.

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