Parole d'uomini e sassi
Giuseppe Aragno - 02-08-2011
Dallo Speciale Racconti



La generosa mano di vernice rosso ocra, passata e ripassata sul velo di cementite e sugli esperti rattoppi di cazzuola all'intonaco steso con cura sui massi di conglomerato ha fatto miracoli. Qua e là s'intuiscono ancora vegetali fossili nell'argilla scavata dal vento e dalla pioggia, ma il lavoro è riuscito. In cassa non c'è un centesimo da spendere, ma i giovani volontari del "campo estivo" gli hanno fatto l'abito nuovo e il muro antico e prezioso è ringiovanito. Come tanto tempo fa, svoltando sulla destra dal Vicolo di Mercurio, sotto un'elegante edicola che subito attira lo sguardo, si conserva, dio solo sa come, l'eterna malinconia che l'ignoto poeta incise con la punta amara d'uno stilo dolente, che il tempo e le sue leggi beffarde si sono incaricati di sconfessare. Chi passa e si ferma all'ombra, cercando ristoro dal sole, non può fare a meno di leggere:

"Nihil durare potest tempore perpetuo.
Cum bene Sol nituit, redditur Oceano;
decrescit Phoebe, quae modo plena fuit.
Ventorum feritas saepe fit aura levis
".

E' una musica dolce e struggente:

"Nulla durare può eterno nel tempo,
il sole che splende all'Oceano torna;
cala la luna che or ora fu piena.
Furia di venti alito si fa spesso
".

Un muro è teatro, un muro è memoria e, se tu chiudi gli occhi, si leva il sipario e la vita va in scena. A quel muro poggiò elmo e spada il soldato stanco, reduce dalla ferocia della guerra; lì pianse di gioia la giovane fanciulla per l'amore ritrovato, senza poter sapere che proprio lì, spalle a quel muro, nell'ombra complice delle sue squallide sere, una meretrice vendeva l'innocenza perduta.
Un muro è una pagina di storia sociale: "fate la carità", ci ha scritto disperato il mendicante, e su quelle sue parole ha sputato sprezzante chi non conobbe il morso della fame. E c'è chi, irriverente, ci ha spruzzato l'esito d'una ubriacatura, c'è chi s'è appoggiato vacillante, mentre rendeva l'anima a Dio in una sera di solitudine disperata, quelle in cui la morte giunge inattesa e uccide a tradimento.
Un muro conserva il segreto che non sai. Ricorda chi per primo, pietra su pietra, l'ha costruito e ormai non c'è più, col suo lavoro di servo ch'è stato tormento; sa di una lite tra vicini in lotta nei tribunali, per rivendicare la sua proprietà: "aura sacra fames", detestabile avidità di ricchezza! Chi avrà vinto la causa? Nessuno ricorda, ci son leggi che cambiano e mai s'è dato davvero che la giustizia sia stata uguale onestamente per tutti. Un giudice s'è fatto incantare dalle parole alate d'un principe del foro, un altro se l'è comprato l'immancabile corruttore, uno ancora si sarà distratto, preso dagli affari suoi personali. Chi ha perso l'avrà capito a sue spese che legalità e giustizia fanno spesso a pugni. Chiedilo al muro, se passi, e te lo dirà.
Quel muro in guerra s'è bruciato, in pace s'è adornato, s'è salvato dalle ingiurie del tempo, ha subito le offese degli uomini e senza saperlo s'è fatto documento a più strati, sicché sono secoli e secoli che uno ci legge l'evo antico, un altro ci scopre il Settecento delle scoperte archeologiche e c'è persino chi racconta che lì, proprio lì, all'ombra di quel muro, Amedeo Maiuri, il grande archeologo, s'inventò quel suo gesso rivelatore, che dal nulla materializzò le vittime d'una terribile eruzione, colte negli ultimi spasimi dell'agonia. E' la tragedia cui il muro è scampato, quella che lo "sterminator Vesevo" ha più volte causato, senza distinguere tra l'onesto e il disonesto, sicché il muro saggio ripete a chi ascolta: - "Agostino, smettila una buona volta di voler capire il disegno divino!. Ma Agostino insiste e col suo secchiello cerca di mettere l'Oceano in un piccolo buco scavato sulla riva del mare.
Un muro è un muro. Vive perché così vollero mani d'uomo e parla il muto linguaggio del tempo. Non ha scienza, ma è spesso coscienza. " Nihil durare potest tempore perpetuo... Nulla durare può eterno nel tempo..." Storia e uomini, uomini e storia. In mezzo, a far da tramite, un cumulo di pietre. Documenti. C'è uno scambio di parole lontane tra uomini e sassi. L'infarto del nostro tempo amaro l'ecocuore lo sente in questo punto vitale: tra i muri crollati e le nostre parole cancellate. Nostre, di uomini e sassi giunti fino a un tempo muto, che non ha parole né per uomini, né per sassi.
Il tempo della fine.
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