Sulla tormentata questione del merito nella scuola e sulla sua valutazione, la montagna, come dire, ha partorito il topolino. Il decreto, pronto da tempo, è stato finalmente, il mese scorso, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. La premessa è che non ci sono soldi, tanto per cominciare. Le parole, usate nel decreto, sono queste: "Le amministrazioni interessate utilizzano a tale fine le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente". Poi, per il come e il cosa, è interessante far notare che nulla è stato definito. Tutto è demandato ai dirigenti e alle singole scuole. Che dovranno indicare gli obiettivi, il contesto, le attività, il monitoraggio e la misurazione del tutto. E poi 'fornire la rendicontazione necessaria al dirigente regionale'. Il ministero, dal canto suo, si riserva di definire i tempi, le fasi e tutto il resto, ma, solo in seguito.
Ci sono, poi, tutta una serie di indicazioni percentuali, francamente astruse. Si legge, in sintesi, che i premi potranno essere assegnati ad un massimo del 75% del personale. Tutto il processo (passaggi, documenti e prove), inoltre, che porta all'assegnazione di premi, dovrà essere accessibile a tutti, trasparente e pubblicato obbligatoriamente. Ciò, per evitare errori e contestazioni.
Mi sembra che possiamo essere contenti. Su questa materia, il ministro non si dimetterà. Più di dieci anni fa, il ministro Berlinguer, volle essere più preciso, più precipitoso, e con il fallimento del concorsone, che doveva misurare il merito, dovette dimettersi. Ora, il ministro Gelmini, compresa l'antifona, procede più cautamente. Dopo appena tre anni di legislatura e, avendo iniziato la stessa sulla propaganda del merito come questione prioritaria, siamo ancora a queste bazzecole. È così che si fa!
Per quanto riguarda, l'integrazione scolastica degli alunni stranieri, si leggono, sui giornali, le parole di Fini, presidente della Camera. Sono, in sintesi, di grande buonsenso e si vorrebbe sentirle più spesso. Ma, soprattutto, si vorrebbe che alle parole seguissero i fatti. Egli ha detto: "integrare gli alunni immigrati non è un compito speciale della scuola, ma è quello ordinario di una scuola che accetta e rispetta tutte le differenze, etniche, di età e di condizione sociale".
Parlando poi dei criteri molto restrittivi per ottenere la cittadinanza, ha detto che questo è un fattore limitante, poiché gli studenti stranieri, non sentendosi accettati come cittadini italiani, abbandonano più facilmente la scuola. Ha poi concluso:
"Occorre rimuovere paure ingiustificate, ritardi culturali e psicologici, cedimenti ad ogni forma di 'etnonazionalismo', che ostacolano il governo delle grandi trasformazioni sociali".
Sono parole della terza carica dello Stato, e probabilmente vorrebbero essere rivolte al suo ex-governo. Che , invece, su questo terreno, parla di tutt'altro. O, al più, questo governo, si lancia a rassicurare la chiesa che i tagli alle spese non riguarderanno la scuola privata.