Compattamente disuniti
Francesco Di Lorenzo - 12-02-2011
Dallo Speciale Notizie dal fronte



Si annuncia per la scuola un mese di marzo di proteste e di scioperi.
Sono ad oggi programmati per l'8 marzo lo sciopero del Sisa (sindacato autonomo scuola e ambiente), per l'11 dell'Usb (unione sindacale di base), mentre la Cgil sciopererà il 25 marzo. Mancano all'appello Cobas e Unicobas che non hanno ancora deciso la data.
Naturalmente, Cisl, Uil e Snals, che hanno firmato l'intesa con il governo, non sciopereranno.

Facciamo un gioco. Fingiamo di non conoscere il motivo del perché ognuno sciopera in date diverse. Mentre sappiamo che la causa dello sciopero è la stessa: si protesta per la questione del merito, per gli scatti di anzianità aboliti, per il mancato rinnovo contrattuale, per il precariato, per i tagli indiscriminati, per il rinnovo delle RSU e per altro ancora. Assodato che ognuno deve poter avere il proprio spazio, che la tendenza sociale è la divisione, che la visibilità dei piccoli gruppi è oscurata dalla potenza di quelli grandi, una domanda sorge spontanea: dove crediamo di andare - cosa speriamo di raggiungere - così compattamente disuniti?

Naturalmente, poiché è un gioco e una finzione, non ci interessa nessuna risposta. Nella realtà, però, la questione non è di poco conto. Se nel mondo della scuola non si notano segnali di speranza, se la negatività è vista sia da chi governa, sia da chi (anche se poco e solo a parole) si oppone, qualche problema ci dovrà pur essere. Non sarà certo la divisione della protesta la causa dei mali della scuola, ma la condivisione di alcuni motivi di fondo, del perché fare scuola, si dovrebbe pur tentare di mettere in campo.
Invece, siamo alle prese con problemi burocratici che complicano sempre di più le cose.

La sovrapposizione di leggi, norme e decreti, produce i suoi effetti.
C'è la sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato illegittimi gli inserimenti in coda dei docenti precari trasferiti in graduatorie di altre province. Significa che più di diecimila docenti dovrebbero entrare e sconvolgere le graduatorie ad esaurimento. Che poiché sono 'ad esaurimento', potrebbero non essere toccate dalla sentenza: insomma si sta scatenando una specie di guerra tra poveri.
Come sempre.

Meno male che c'è il ministro Sacconi a tirarci un po' su. Egli ha imputato il disastro educativo italiano agli anni settanta. Per disastro educativo intende la scarsa competenza e la 'bassa occupabilità' dei nostri giovani. Ora, chiunque mastichi un po' di scuola, sa che in quegli anni - i settanta - si sta andando rapidamente verso la scuola di massa. Significa che molte più persone frequentano l'istituzione e hanno accesso all'Università, di conseguenza c'è un naturale adeguamento alla nuova situazione. C'è l'apertura verso l'esterno con gli organi collegiali, ci sono nuove norme sulla ricerca e la sperimentazione educativa, c'è l'abolizione delle classi differenziali, c'è la definizione di un nuovo stato giuridico degli insegnanti. Insomma, la scuola si adegua a supportare molti più alunni e di tutti i ceti sociali. Per il ministro, evidentemente, questo non va bene. Con la scuola d'élite, per pochi scelti, non ci sarebbe nessun disastro. Peccato che tale scuola, già in quegli anni, non esistesse più.

interventi dello stesso autore  discussione chiusa  condividi pdf

 Emanuela Cerutti    - 13-02-2011
Nel disastro educativo degli anni 70 possiamo metterci anche il recente pestaggio di Ponte Milvio?
E sognare una compatta unità come risposta forte alla violenza che divide e lacera?

 Francesco Di Lorenzo    - 13-02-2011
Certamente, cara Emanuela. E, per tornare ancora un momento agli anni settanta, sconcerta che sia un ministro ad avere tale giudizio su quel periodo. Spaventa e indigna la totale mancanza di senso storico, insieme alla patetica conservazione del nulla.