La buona politica
Gianni Lamagna - 04-12-2010
Rileggo i giornali di questi ultimi giorni.
Due notizie mi fanno riflettere in modo particolare.

1) Le reazioni alla morte per suicidio di Mario Monicelli.
Prima riflessione: la morte di una persona diventa spunto, pretesto per un dibattito tutto ideologico. Che è cosa un po' triste.
Perché la morte di una persona, anche quando avvenuta per suicidio, richiederebbe innanzitutto rispetto e, quindi, misura, meglio ancora silenzio, raccoglimento, espressione del dolore; più che il profluvio di parole, il chiasso, la polemica anche un po' acida, che ci sono stati in questa occasione.
A dire il vero non da parte di tutti. Ma di molti (troppi!) si.

Si è andati da un estremo ad un altro.
Dalle dichiarazioni di Paolo Villaggio: E' stato eroico! Vorrei avere il suo coraggio!
Di Ettore Scola: Ha scelto come morire e lo ha fatto da uomo spavaldo!
Di Piero Sansonetti: Un gesto in fondo bello che solo un grande regista e un grande uomo come lui poteva fare.
A quelle del ministro Rotondi: Né Monicelli né alcun maestro su questa terra hanno diritto assoluto alla propria vita.
E della deputata Paola Binetti: Monicelli era stato lasciato solo da famiglia e amici e il suo è un gesto tremendo di solitudine, di disperazione, non di libertà.

Seconda riflessione: un gesto come quello compiuto da Monicelli non è né eroico, né particolarmente coraggioso, né spavaldo, né esemplarmente bello, né incontrovertibilmente disperato o tremendo.
E' la scelta di una persona che ha deciso di chiudere i suoi giorni, senza aspettare che fosse la natura a decidere il come e il quando.
Ed è una scelta che io rispetto, come qualsiasi scelta di una qualsiasi persona, quando essa non danneggia altre persone.
Senza per questo ritenerla un esempio unico o un modello assoluto.

2) Dopo le rivelazioni di Wikileaks, adesso è tutto un susseguirsi di scuse o di smentite.
Insomma: il trionfo dell'ipocrisia!
Questo la dice lunga sul modo prevalente di intendere e di praticare la politica.

Ovviamente non sono così ingenuo e sprovveduto da aver avuto bisogno di questo episodio per prendere consapevolezza di cosa fosse in massima parte la politica, almeno quella "grande", quella "ufficiale", quella dei "professionisti", degli "addetti ai lavori".
E non certo da oggi!
Ce lo ha ricordato, manco a farlo apposta, in maniera esemplare e spietata, l'intervento di Dario Fo di qualche giorno fa, alla trasmissione famosa di Fazio e Saviano, proponendoci un testo vecchio oramai di cinque secoli.
Fo ha recitato cinque pezzi de Il Principe di Machiavelli, che sembravano attualissimi, la descrizione perfetta di personaggi politici a noi ben noti.

Eppure (come ci insegna la psicoanalisi) ci sono livelli e livelli di consapevolezza.
Ci sono cose che "sappiamo" benissimo e che, tuttavia, facciamo fatica ad accettare come del tutto vere, reali, effettive. Siamo portati (dai nostri desideri o, meglio, dalle nostre illusioni) a pensare che esse siano vere solo in parte, in una misura cioè inferiore alla realtà.
Solo questa "miopia" ci rende evidentemente la realtà meno angosciosa e ci aiuta a sopportarla.
Rivelazioni come quelle di Wikileaks ci denudano, invece, la realtà e ci costringono a guardarla senza più infingimenti, edulcoramenti, eufemismi.

Questo non significa, però, a mio modesto parere, che ci si debba rassegnare e adattare a questa realtà. Come, in fondo, sembra suggerire ancora oggi a molti il pensiero di Machiavelli.
Io non penso che la politica debba essere necessariamente quella di cui parla Machiavelli e quella che viene fuori in maniera cruda e spietata dalle recenti rivelazioni di Wikileaks.
Questo tipo di politica fa certamente bene al Principe, giova cioè (ai tempi nostri) alle oligarchie. Ma non va certo nella direzione del bene comune.
Io, invece, (sarò pure un inguaribile ingenuo ed illuso) penso che possa e debba esistere un altro tipo di politica. Basata sul disinteresse personale, sulla ricerca dell'interesse collettivo, sulla trasparenza dei rapporti, sulla coerenza tra parole e comportamenti, sul rispetto dell'avversario, sulla non violenza (innanzitutto fisica, ma anche verbale).
Penso, anzi, che questa sia l'unica politica vera. Se le parole hanno un senso. Se i fatti non le tradiscono nel loro significato etimologico.

Mi verrebbe di concludere allora: ben vengano rivelazioni come quelle che sono venute fuori in questi giorni!
Se servono a smascherare la cattiva politica e a provocare il suo rifiuto.
E, soprattutto, se servono a suscitare il desiderio, l'aspirazione e anche l'impegno per una politica diversa, per la buona politica.

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