breve di cronaca
L'ecatombe degli insegnanti
Repubblica Napoli - 10-09-2010
In Campania nell´anno che comincia sono stati tagliati circa quattromila posti nella scuola. Dal 2008 siamo a quota quindicimila tagli. Eppure stenta a divenire una notizia importante e soprattutto non mobilita l´opinione pubblica. I precari tentano di rimediare, inventandosi lo sciopero della fame, salendo sui tetti, presentandosi in mutande, mettendosi all´asta su Internet. Ma non c´è niente da fare. Nella nostra regione fanno più scalpore quattromila posti di lavoro a rischio in Fiat, Fincantieri, Tirrenia e relativi indotti, che non quattromila posti di lavoro soppressi nella scuola.

Quali sono i motivi? Il principale è un pregiudizio culturale nei confronti dei supplenti. Considerati una sorta di studenti più anziani, un po´ come i dottorandi nelle università. Persone che si perfezionano, che si esercitano, che non sono ancora insegnanti al cento per cento. D´altra parte, non va molto meglio agli insegnanti di ruolo. Sono ancora considerati dei superfortunati: poche ore di lavoro, la favola dei tre mesi di vacanza, super pagati per quello che fanno. Insomma, gli insegnanti stanno a scuola come gli studenti, non fanno un vero e proprio lavoro. È più facile riconoscere il lavoro dei bidelli e degli amministrativi.
Questo pregiudizio, ancora così diffuso tra la gente, è alimentato dai mezzi di comunicazione di massa, che per una difficoltà tutta loro a trattare il tema del lavoro, spesso si fermano agli aspetti folcloristici, alle caricature, ai luoghi comuni, agli scandali di pochi, e, nel caso degli insegnanti, a considerarli solo nel gran calderone della scuola, occupato da studenti, famiglie e loro problemi.

Ma la categoria degli insegnanti è messa male nello stesso mondo del lavoro. Per anni sono stati presi in considerazione perché erano gli insegnanti dei loro figli, e poi perché, con le 150 ore, sono divenuti i loro insegnanti. Lo sdoganamento degli insegnanti, il loro ingresso a pieno titolo nel mondo del lavoro, la centralità dei temi dell´istruzione e della formazione nelle piattaforme rivendicative sono molto più recenti. In Cgil, per esempio, risalgono a Cofferati e a Epifani. E la sensibilità e l´impegno delle confederazioni per la scuola e per i suoi lavoratori spesso non li ritroviamo presso le singole categorie, alcune tanto rivoluzionarie sui temi generali quanto aristocratiche nella difesa dei propri interessi. Tre operai licenziati a Pomigliano e non ammessi in fabbrica hanno mobilitato molto di più dei 3700 docenti precari espulsi dalla scuola. Quando proporranno, tutte le categorie, uno sciopero generale per fermare questo olocausto?
L´isolamento dei precari della scuola, la difficoltà a mobilitarsi per loro da parte del mondo del lavoro, l´incapacità di tutelarli da parte delle istituzioni, l´indifferenza della gente, può portare ad alcune tragiche conseguenze.
Per lo stato di esasperazione in cui i precari della scuola si trovano, temo che assisteremo a gesti inconsulti. L´altro pericolo incombente è che qualcuno di loro, per una esasperazione tutta politica, possa aderire a movimenti estremistici. Se queste sono delle ipotesi, se si corrono questi rischi, ci sono delle cose che stanno già avvenendo e che sono ineluttabili.
Queste persone le stiamo perdendo. Perdendo all´impegno civile e politico, perdendo al ricambio sindacale, perdendo al rinnovamento professionale. Con tutti gli altri precari, sono un´intera generazione che prende le distanze.
Fermiamo questa ecatombe finché siamo in tempo. La Gelmini, nonostante le parole gelide e offensive nei confronti dei precari, ha detto che è pronta a incontrare chi ha proposte per affrontare il problema. Gli insegnanti hanno il dovere di fare le proposte, di fare la loro parte, rivedendo trattamento economico e organizzazione del lavoro. Con l´obiettivo di stabilizzare tutti i precari con i requisiti dei servizi e, nello stesso tempo, di evitare il riformarsi del precariato. Proposte diverse non le accetta il governo di Berlusconi, ma non le accetterebbe neppure un governo di Nichi Vendola o di Antonio Di Pietro.

Franco Buccino

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