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Starnone docet
Laura Alberico - 24-05-2010
Una bella e significativa pagina di Domenico Starnone, ancora oggi attuale e profondamente vera con i suoi risvolti seri e "leggeri" che stimolano sempre alla riflessione... Grazie.

"Ecco un'idea: proviamo ad interrogare il professore"

Ho detto ai miei alunni: "Domani portate una cassetta. Di legno possibilmente". Volevo una cassetta con tre fori da un lato e tre fori dall'altro. Per chiarire come doveva essere ho cercato il gesso dappertutto, sulla cornice della lavagna, sulla cattedra, sui banchi, finchè uno dei ragazzi mi ha suggerito: " Se l'è messo in tasca un attimo fa". In tasca infatti ne ho trovato un mozzicone con cui ho disegnato un parallelepipedo che mi è venuto maluccio, linee tremolanti, fori non allineati, colpa dei risolini dietro le spalle. "Terremo la cassetta qui sulla cattedra" ho detto, "ci metterete dentro le vostre domande. D'accordo?"
Silenzio paziente del tipo: tutto passa, basta tener duro. Poi una ragazza mi ha chiesto: "I fori a che servono?".Ho spiegato che servivano a far respirare le domande. Le domande - ho aggiunto - sono vive: hanno il punto interrogativo, l'unico segno di interpunzione con una certa guizzante vivacità. "Voi imbucate le domande nella cassetta e poi ci metteremo a cercare insieme le risposte". Sono passati giorni e giorni ma la cassetta delle domande non è comparsa...Una cassetta con tre fori si trova dentro "Il piccolo principe" di Antoine de Saint-Exupèry. Non serve per le domande ma non ha importanza. Da anni saccheggio libri in cerca di idee che mi aiutino a fare l'insegnante, anche se so bene ormai che le idee, una volta fuori dai libri, una volta trasferite nelle aule, perdono forza come Sansone dopo il taglio dei capelli. C'è nella scuola un veleno che le indebolisce e le fa morire. Forse è l'aria cattiva, forse è la cattiva luce in cui la scuola mette tutto ciò che viene dai libri...Eppure sono affezionato all'ipotesi di una scuola tutta domande: ammucchiarne molte, catalogarle per affinità, accorparle, lavorare a renderle più chiare, sforzarsi di capire quali sono quelle vere. In tutti questi anni ho provato spesso a lavorare con gli studenti. Facevano fatica loro, facevo fatica io. Da ragazzo, non mi azzardavo nemmeno a dire :"Posso fare una domanda?" Temevo di mostrarmi poco all'altezza della situazione...E' passato del tempo da allora ma la scuola (al di là dei buoni propositi) seguita a interrogare senza farsi interrogare. Le sue "verifiche", che siano aggiornatissime o si limitino ad essere le vecchie interrogazioni di una volta, verificano sempre e solo risposte, d'altra parte obbligate dal fatto che devono essere quelle "giuste". Siamo addestrati e addestriamo a a perdere la capacità di porre "perchè", come se fosse un insulto all'autorità dell'interlocutore. D'altronte gli stessi "perchè" infantili si vanno dissolvendo sempre più precocemente: i perchè per cercare di capire, i perchè che per un pò gli adulti ritengono divertenti , poi soltanto fastidiosi, alla fine irritanti. Restano, al massimo, i perchè-smorfie di bambini addestrati per genitori narcisisti ad apparire intelligenti...
Con la cassetta delle domande volevo fare un altro tentativo di redenzione mia e dei miei alunni. Se i miei alunni mi avessero interrogato, avrei saputo qualcosa in più su di loro. Se mi fossi provato a rispondere, avrebbero saputo qualcosa in più su di me. Ma la cassetta non è piaciuta. Pazienza.

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