G.T. - 27-02-2010 |
A terra restano 130 famiglie… L’idea che una fabbrica chiuda perché incapace di fare utili è una realtà triste, ma accettabile in una logica di economia di mercato. Smettere di produrre in presenza di bilanci attivi, è inconcepibile e offensivo. Stiamo parlando, com’è evidente, della Basell, la cui proprietà può avere anche il diritto di auto castrarsi e rinunciare a ricchi utili, ma altrettanto legittima è la rabbia degli operai che hanno dato il loro contributo di professionalità per renderla competitiva. La decisione presa dalla Basell di chiudere i battenti pone interrogativi nuovi, mai affrontati in precedenza, sia di natura politica che sindacale. Salta innanzitutto un binomio ritenuto inscindibile fra l’impegno delle maestranze e la redditività aziendale. Ciò significa che qualcosa di sbagliato nei rapporti fra multinazionali e territorio c’è e che bisogna correre ai ripari per evitare che un’incongruenza macroscopica, come quella che coinvolge 130 dipendenti da una parte e la proprietà della Basell dall’altra, possa in futuro ripetersi. Il polo chimico di Terni rappresenta una sicurezza per gli investitori del settore, grazie all’alto livello di specializzazione di tecnici e operai e alla maturità della classe operaia, consapevole dei doveri che la riguardano, prima dei diritti. Dover prendere atto che tali attenzioni non servano, impone analisi che si rivolgano alla politica, al sindacato, alle capacità relazionali fra enti locali e multinazionali. Queste non possono godere di benefici incondizionati, né, tantomeno, della libertà di decidere di abbandonare attività e territorio con la facilità di un commerciante ambulante, che se ne va dopo aver incassato i suoi utili. A terra restano 130 famiglie, private di fonte di reddito, incolpevoli ma punite per aver fatto guadagnare milioni alla Basell in ogni anno della sua presenza nella città. Il Gruppo consiliare RC e CI del Comune di Terni non si limiterà a esprimere una solidarietà di circostanza, ma pur restando a fianco dei lavoratori in occasione delle forme di protesta che verranno adottate per sensibilizzare l’Azienda, si attiverà per promuovere incontri con le forze sociali, con gli enti locali e con la regione e il governo nazionale con l’obiettivo di adottare misure utili a evitare che si possano ripetere simili soprusi nel futuro. Il capogruppo RC/CI Giocondo Talamonti |
Giocondo Talamonti - 06-03-2010 |
Per quanto sia triste assistere a una fabbrica che chiude o minaccia di chiudere, la Basell non sarà l’ultima industria a mettere a rischio l’economia di decine e decine di famiglie, a far riflettere le organizzazioni sindacali, a preoccupare i politici, a porre interrogativi circa l’entusiasmo con cui gli enti locali salutano, ogni volta, la presenza di questa e di tante altre multinazionali come una conquista dell’offerta territoriale. Il Gruppo Rifondazione Comunista /Comunisti Italiani non ci sta a subire supinamente i soprusi e starà a fianco dei lavoratori per sostenere tutte le forme di lotta in qualsiasi ambito rappresentate. Ma una riflessione va fatta: l’inatteso abbandono, vista la peculiarità della decisione contrastante con un bilancio attivo per milioni di euro, indica che la metodologia di accoglienza finora adottata dalle amministrazioni locali non è sufficiente a garantire la permanenza dell’impresa straniera né, a quanto pare, ad assicurare la continuità occupazionale. Qual è, dunque, l’anello debole? Purtroppo non si tratta di uno solo. Il Patto per il Territorio, ancora lontano dalla sua attuazione, ha previsto le debolezze del sistema e suggerito gli interventi riparatori. Per opportunità di sintesi, i punti salienti possono essere indicati fra questi: infrastrutture, programma energetico, università. In questa sede, senza voler sminuire l’impatto che il primo e il secondo argomento hanno sull’appetibilità d’insediamento di un’impresa nel territorio e in considerazione del fatto che la realizzazione comporta enormi investimenti, si vuole sollecitare la concretizzazione di una sinergia che non solo non richiede progetti finanziari folli, ma che realmente non costa niente. Il connubio fra imprese e università dovrebbe essere, sulla carta, il più naturale possibile, il più scontato, il più auspicabile, perché produttore di interscambi tecnologici e scientifici parimenti interessanti per la realtà imprenditoriale e per quella della ricerca. Cominciamo da qui; senza dimenticare di affrettarci per dare risposta alle altre. |