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Eric il pomeriggio
Sentieri selvaggi - 19-01-2010
Omaggio/ricordo di Rohmer

Per alcuni era il regista "meno cineasta del cinema francese", fedele ai propri schemi filosofici oltre le mode e le generazioni. Allora forse è per questo che non ha mai rivelato all'amatissima madre il suo vero mestiere, continuando a fingersi professore di scuola, almeno di mattina, ma poi quando il pomeriggio saliva, Jean-Marie Maurice Sherer era Eric Rohmer, un po' Murnau per l'idea dello spazio, un po' Mizoguchi per il racconto del quotidiano. Maestro della soglia. Si china sul minimo, sul gioco, la favola leggera, mai dando la sensazione di essere giunto al limite: i suoi confini sono sempre altri luoghi da scoprire, passaggi, transiti, sortita e ritorno. Eric il pomeriggio rende ciò che è certo incerto, enigmatico l'ovvio, il banale: rende il nostro mondo misterioso, teatro delle questioni ultime, non negoziabili, che riguardano il bene e il male, l'umano e il divino, la potenza e l'impotenza. Con Eric il pomeriggio si vive sospesi o in bilico nel mondo immaginifico e reale del cinema, nel luogo paradisiaco del vero cinematografico che non mostra la definitiva perfezione, ma l'incompiuto: non si rinvia all'oltre per raggiungere la pacificazione. La fragilità del mondo si rivela in un sapere dissonante, spezza la falsa e aberrante totalità del reale, che si manifesta in una presunta e ingannevole bellezza puramente estetica e statuaria, per restituire ai nostri sensi la verità, come il saper sentire un fiume che scorre, un gallo che canta, una foglia che si adagia violentemente, un cuore che palpita. L'approssimarsi della lontananza è per Eric sempre un movimento reciproco: l'immagine si avvicina a ciò che è lontano, ma ciò che è lontano si avvicina a noi. Di pomeriggio Eric è il massimo, magari proprio quando comincia a calare il buio, proprio quando ti chiedi se tutto quello che hai fatto oggi è in grado di rappresentare quanto di più attuale c'è nelle nostre preoccupazioni o aspirazioni. Come il cinema: idealmente neoclassico, assolutamente moderno. L'arte prima dell'azione: discutibile per Eric. Un prima e un dopo è assai difficile da accettare: Eric è troppo fuori dal suo tempo per non passare di moda, ma proprio di esso esprime meravigliosamente il malessere o le speranze. Orchestra, all'imbrunire, una sorta di sfida dello spirito all'inerzia della materia sociale, richiamando a qualche losca pietà. Eric il pomeriggio forse parlerebbe di una certa idea di fallimento che dopo l'Educazione Sentimentale è divenuta per il lettore o lo spettatore la pietra di paragone di una incontestabile pretesa di profondità. Si divertirebbe a sfumare o dissolvere i suoi pensieri, il suo sguardo, in una coltre di humour nero, mostrandosi però più discreto a lungo andare. Perchè quando Eric tira le somme, a fine giornata, sa che lo scopo ultimo del suo presunto mestiere è quello di dare fondamento a una situazione straordinaria, di andare verso la verità piuttosto che di allontanarsene. Poi però si accorge anche che è ancora troppo presto per l'arte dello schermo rendere palpabile l'evidenza dell'influsso dello spirito sul corpo. Forse avverrà in futuro... forse chissà, magari fra 3D. Pausa. Eric si ripromette, prima di ripartire, di non mostrarsi a priori refrattario alla sollecitudine di temi passati ma non caduti in disuso, che allargherebbero il campo della propria invenzione e porrebbero in piena luce un mondo di rapporti già più o meno chiaramente percepiti dal pittore o dal romanziere classico. Eric tutti i pomeriggi torna sulle stesse questioni. Dopo però che il cinema è assurto alla dignità di arte, vede un solo grande ostacolo dinanzi a se: l'opposizione di due ordini, l'uno naturale, l'altro umano, l'uno materiale, l'altro spirituale, l'uno meccanico, l'altro libero, l'uno del desiderio e della brama, l'altro dell'eroismo o della grazia. Contrapposizione ancora una volta tutta classica, ma il privilegio del suo cinema è di darne una traduzione così diretta che al tramite del segno si sostituisce l'immediato dell'evidenza. Ogni volta che cala la notte, Eric scopre un nuovo universo di rapporti: l'uomo e la natura, l'individuo e la società. Quando cala la notte si fa anche un po' più moralista, ma non per trovare la strada di un'eguaglianza o di una libertà astratte, ma per esaltare piuttosto l'eccezione, che solo la regola rende possibile, e, in qualche modo la diseguaglianza di ognuno davanti al destino, se non addirittura davanti alla salvezza

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