Dal bombardamento mediatico al rilancio dell'immagine
Giuseppe Luca - 04-12-2009
"Amicus Plato, sed magis amica veritas"

Di fronte ad un "bombardamento mediatico", che "sbatte", spesso, in prima pagina, l'immagine di questo o quel docente "fannullone", impreparato e/o dal comportamento discutibile/criminoso, che, in definitiva, fa pensare ad una scuola tutta sesso, droga, devianza, bullismo... coinvolge ora gli alunni, ora gli operatori scolastici, occorre "uno scatto di orgoglio" da parte di tutti gli uomini di scuola, per impedire un ulteriore deterioramento dell'immagine delle istituzioni.
In uno dei miei primi corsi di aggiornamento - siamo negli anni '60 - mi è stato insegnato che, perché un docente diventi un vero professionista deve sapere e sapere insegnare.
Queste due caratteristiche, interagenti tra di loro, trovano, però, linfa e sintesi nel sapere essere che costituisce l'identità dell'insegnante/maestro ed é l'asse fondante la sua professionalità.
E durante il mio lungo cammino scolastico, prima da maestro elementare e poi da dirigente, ho sperimentato sul campo, giorno dopo giorno, la verità di quell'insegnamento.
D'altro canto, si può pensare di svolgere la propria funzione di docente/dirigente se non si conoscono i contenuti del proprio "mestiere", se non si posseggono "gli strumenti" per bene insegnare/dirigere, se non si ha un comportamento coerente con la propria missione di educatore, il sapere essere che motivi la conoscenza e spinga alla ricerca di una didattica adeguata alla richiesta formativa degli alunni?
E tutto ciò trova la propria giustificazione nel riconoscimento che la scuola deve tendere a diventare, sempre più, una "comunità educante".
E una comunità educante è un:

a) centro di verifica esperienziale: la scuola, cioè, è un luogo umanamente significativo per tutti (alunni, operatori, genitori) per una verifica delle esperienze ovunque acquisite. In essa si privilegiano le dimensioni più specificamente educative e interrelazionali in senso umano. Si tratta di quel "tono educativo umano" che permette l'incontro, il dialogo, l'apertura, l'autentica comunione fra le persone comunque interessate al processo educativo;

b) luogo di apprendimento che, avendo come carattere costitutivo il "cognitivo" deve garantire la sicurezza e l'efficacia della consegna, della trasmissione ed elaborazione alfabetica - strumentale prima di ogni altra acquisizione e deve aiutare l'approccio critico stimolando il costruirsi della consapevolezza e offrendo occasioni e risorse per saper dare, saper esprimere, saper verbalizzare l'esperienza e i suoi significati;

c) laboratorio di ricerca in quanto la scuola non può prescindere dagli aspetti concretamente organizzativi - funzionali che costituiscono l'apparato operativo. Nella scuola il "tono educativo - umano" rende più produttivo il lavoro, perché la scuola resta sempre un luogo di lavoro. Ciò comporta il recupero e il riesame di termini come partecipazione, organizzazione, programmazione ma sempre nell'ambito di una vera autonomia efficiente ed efficace.

Chi non crede o non vuole entrare in questa logica e attrezzarsi di conseguenza, dovrebbe avere l'onestà culturale di "gettare la spugna" e cambiare lavoro e se questa sensibilità, malauguratamente non si dovesse possedere, occorre un doveroso intervento dell'Amministrazione.
Se si crede che il futuro dei nostri alunni dipenda, in massima parte, dagli operatori scolastici e che l'istruzione/formazione stia alla base dello sviluppo e della garanzia di civiltà democratica, si dovrà concludere che non si possono affidare i propri figli a chi non sa, a chi non sa insegnare, a chi non sa essere.
Chi ha mandato o manda figli a scuola, ha sperimentato e sperimenta, quotidianamente, come i docenti esercitino un'influenza profonda e duratura sul futuro degli alunni e come il loro sapere, la loro capacità di trasmettere conoscenze, valori, la loro testimonianza di educatori, il loro impegno, giochino, di conseguenza, un ruolo vitale all'interno della società.
La professione di insegnante è fondata, infatti, sulla competenza tecnica ma richiede una maturità umana e sociale tale da non deludere la fiducia e la delega che viene dallo Stato, dalle famiglie e dagli stessi studenti.
Ciò comporta che i docenti debbono essere responsabili della propria condotta, della propria pratica didattica e dei propri standard professionali.
Grazie al cielo e a smentita di chi tende a fare di tutta l'erba un fascio, la totalità delle donne e degli uomini di scuola è all'altezza della propria missione, sa rappresentare degnamente la propria professione evitando sempre di trarne un vantaggio personale.
Certo, è auspicabile che la Magistratura giuochi, fino in fondo e quanto prima, il proprio ruolo individuando autonomamente eventuali responsabilità e restituendo subito dignità e serenità a quanti eventualmente coinvolti, senza colpa, in situazioni delittuose e che i mass media non abbiano a vedere solamente la "mela marcia", nel grande giardino dell'istruzione che pullula di ottima "frutta".
Ma è ancor più urgente e auspicabile che, ciascuno di noi, dimostri, non solo di "sapere" e di "sapere insegnare" ma anche e specialmente, dimostri onestà e integrità morale, mantenendo, sempre, standard adeguati di comportamento che assicurino un ambiente efficace di apprendimento e salvaguardino la stima e la fiducia della società nei confronti della professione docente.

Giuseppe Luca
Associazione Scuole Autonome della Sicilia


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