Circondati e assediati da una feroce normalità
Franco Buccino - 05-11-2009
Scavalcare morti ammazzati, allontanarsi dal luogo del delitto con la stessa flemma del killer o dei presunti pali, non inondare il centralino degli inquirenti di telefonate collaborative. È una normalità napoletana. Almeno così si dice. Sarà vero. Mah. Esco per strada. C'è un tombino scoperchiato da giorni, un'anima buona lo segnala con una vecchia sedia di plastica. Un po' più avanti devo scendere dal marciapiede, un intraprendente supermarket rionale vi ha parcheggiato i carrelli della spesa. All'angolo, a fianco dei contenitori della spazzatura, una camera da letto smontata e riposta con cura, materassi compresi. L'hanno messa stanotte. Quel che rimane di uno scooter invece sta lì da mesi.
La nuova strada che percorro è interrotta, senza alcuna segnalazione, da un palco dove ieri sera c'è stata una festa zonale. Con quei fuochi artificiali e botti che da anni svegliano i napoletani nel cuore della notte. Poi, per fortuna, arrivo alla stazione della vesuviana. Mi devo meravigliare, mi devo ribellare? Siamo stati sommersi dai rifiuti per settimane, siamo sempre agli ultimi posti in ogni genere di classifica e ai primi posti per ogni record negativo. Già siamo al primo posto per il numero di morti per la nuova influenza. È colpa mia? Qualche anno fa, feci per mia figlia una domanda all'Arpac: un amico del sindacato mi disse che l'Arpac era di Mastella. Domani mattina se dal corteo dei disoccupati si avvicineranno al nostro autobus, scenderemo disciplinatamente, i passeggeri e l'autista, e lo faremo incendiare. Siamo rassegnati?
La verità è che noi siamo circondati e assediati da queste normalità. Per noi diventa normale tutto quello che ci capita sistematicamente, tutto quello che subiamo sistematicamente. Se lo capissero quelli che ci giudicano. Se solo distinguessero gli effetti dalle cause. Quelli che ci vedono normali e perfino civili e laboriosi fuori del nostro maledetto contesto. Nel quale è radicata la malavita organizzata, che vive di grandi affari e con le sue regole, ma che non disdegna estorsioni e spaccio di droga, corruzione e abusivismo, e soprattutto è attenta a proporre alla gente modelli di vita e di comportamento. E ci riesce più delle televisioni e dei grandi fratelli. Per la strada, nei locali, nelle occasioni, feste, matrimoni e funerali compresi.
Dopo i malavitosi ci sono gli affaristi. Ancora più immorali. Che lucrano sui bisogni. Vivono nel nostro contesto degradato e contraddittorio come i pesci nell'acqua. Apparentemente lavorano per la società, fanno progetti per risolvere problemi o migliorare situazioni, si interessano di formazione. Nella realtà lavorano per sé, attenti a quello che possono guadagnare, dedotti pochi euro per i precari di cui si servono e cifre più consistenti per ricambiare il favore a chi li finanzia.
Gli affaristi rischiano perché spesso si trovano tra malavita e politica. Ma è la politica la vera nostra bestia nera. È la politica che ci salva o ci rovina. Che fa crescere il senso civico tra la gente o lo affossa. E la nostra classe politica da anni ormai ci offre solo cattivi esempi ed è la prima responsabile dei nostri guai. Vorrei tanto che fosse demagogia la mia. Ma ci prepariamo alle future elezioni con un candidato contestato perché sospettato di essere contiguo alla camorra, una cosa aberrante soprattutto nella nostra regione. Non vanno meglio le cose sull'altro fronte. Non si può archiviare la presenza in una stessa sezione di partito della vittima e del suo killer. Ma anche le votazioni, prima degli iscritti e poi le primarie, in cui i soliti esponenti si sono pianificati liste e risultati. E oggi, sento dire, il rinnovamento passa attraverso un asse Bassolino-De Mita. Perfino i giovani messi in campo a dirigere i partiti, sembrano, come alcuni ministri di Berlusconi, chierichetti che assistono due o tre anziani concelebranti di antiche liturgie.
Con questi esempi, con queste direzioni, con queste amministrazioni vi sembra che si possano ribellare interi quartieri e città? A che? Viene lo sconforto, e il dubbio che malavita, affarismo e gran parte della classe politica siano un tappo che comprime la ribellione dei cittadini e ogni ipotesi di riscatto. Ogni ipotesi di un'altra normalità. L'unica speranza sono i ragazzi. I mille studenti che la mattina entrano nelle aule della mia scuola. Nonostante tutto, sicuri di vincere e di cambiare il mondo.

interventi dello stesso autore  discussione chiusa  condividi pdf