A me sembra che il documento ministeriale per quanto riguarda gli standard d'apprendimento, competenze, traguardi e valutazione, abbia, per lo meno in parte, demandato volutamente ai docenti una loro maggiore possibilità e capacità di programmazione, curricolarizzazione e valutazione. Mi sembra che una delle logiche del documento in questione sia anche il tentativo di riportare al centro della Scuola e del suo gioco inesausto, protagonisticamente, le capacità di elaborazione intellettuale e professionale di autonomia e responsabilità del docente nei confronti della totalità della comunità educante in un contesto di scambio permanente e ricorrente col mondo, non solo scolastico, lavorativo e relazionale (alludo in questo caso ai genitori e agli agenti del territorio), ma soprattutto culturale, nel senso non solo di una pedagogia culturale, ma anche e soprattutto di una apertura totale e globale nei confronti dell'avventura intellettuale e umana .
Per quanto riguarda la valutazione, o la sua eventuale carenza nel documento ministeriale, essa mi sembra del tutto voluta e programmaticamente perseguita. Prima di tutto perché esistono vari approcci a tale spinosa e intricata questione. Per motivi di brevità, li ridurrò a due, ma è evidente la molto maggiore complessità del problema. Credo che in parte l'attuale dibattito su tale questione veda fondamentalmente ooporsi due schieramenti: da una parte gli oggettivisti e dall'altra i soggettivisti. Gli oggettivisti, che sostengono la riducibilità della valutazione a una misurazione quantitativa e oggettiva delle competenze dell'alunno, facendo ricorso a una varia e sofisticata strumentazione, dai test alle elaborate e complesse indagini internazionali sugli standard formativi e intellettuali degli allievi, delle scuole e dei sistemi educativi, si inseriscono nell'approccio funzionalistico, macchinistico e sostanzialistico dell'attuale filosofia aziendalistica dominante in Europa, in Italia e nel mondo. L'alunno e i suoi risultati sono tutti misurabili nell'ottica di una maggiore efficienza ed efficacia del sistema, ogni competenza è misurabile e accertabile scientificamente al di là e, forse, contro ogni considerazione dei contesti situazionali, interazionali e comunicativi del discente , ma anche del suo ambiente di apprendimento col mondo circostante.
I soggettivisti partono, in un certo qual modo, tanto per capirci più rapidamente e meglio, da un approccio simpatetico all'alunno . Essi vogliono creare ambienti di apprendimento in cui l'allievo sia valutato nel suo contesto di riferimento, nel suo approccio globale e totale alla realtà e alla vita .Mi sembrano, senza ombra di dubbio, due mondi di valutazione completamente diversi.
Se esistono queste differenze, allora non sono diversi solo gli stili di valutazione, ma anche i curricoli e le competenze e quindi comprensibile l'eventualità di una certa vaghezza ministeriale.
A me pare che questa questione, questa divaricazione, culturale, epistemologica ed educativa, vada posta in rilievo, anzi enfatizzata anche rispetto alla prossima discussione sull'innalzamento dell'obbligo. sugli eventuali monitoraggi e sulle eventuali visite nelle scuole. E non mi sembra un problema solo filosofico, ma anche pragmatico, perchè è evidente che non si può chiamare nessuno a far proprie logiche larvatamente o esplicitamente aziendalistiche quando poi le stesse Indicazioni sembrano lasciare un'ampia, salutare ed intelligente apertura verso posizioni e pratiche diametralmente opposte .
Concludo il mio modesto e rapido intervento, precisando che ci sarebbe bisogno di una più duratura e intensa discussione sul punto che ho sottolineato perché mi sembra strategico e preliminare a qualsiasi eventuale azione pratica.