breve di cronaca
A proposito della Bozza Israel
Carta.org - 18-09-2009
La commissione presieduta da Giorgio Israel ha prodotto un documento da capire e analizzare, evitando la rissa dei disgustosi attacchi personali.

Alla menzione delle centottantaquattro conferenze svolte in questi anni dal professor Giorgio Israel abbiamo allargato le braccia pensando che potesse bastare. Come sia stato possibile che di tanto materiale presente sul suo blog uno stupido di turno abbia fatto carta straccia preferendo scrivere frasi deliranti, non è dato sapere. Dalle pagine on line de Il Giornale il professore, stretto collaboratore della ministra Mariastella Gelmini, ieri scomodava addirittura Goebbles. Sgradevole e condannabile, l'opinione farneticante di un singolo non è però una buona ragione per gettare in rissa il confronto sul lavoro svolto dalla Commissione ministeriale presieduta dal professor Israel che si è occupata nei mesi scorsi della formazione degli insegnanti.
Meglio quindi, dopo aver comunicato al professore la nostra solidarietà, provare ad analizzare un lavoro, la «bozza Israel», che presenta molte pecche.
Dice Israel che oggetto del lavoro è stata la formazione dei docenti e non il loro reclutamento. Vero, lo si evince dalle relazioni pubblicate nel suo blog. E aggiungiamo che l'attuale situazione dei docenti precari non può essere addebitata a tale studio, bensì ad anni di politiche scolastiche prive di raziocinio e di decisioni calate dall'alto senza alcuna consultazione del personale docente.
Tuttavia è evidente che la formazione rappresenta il primo passo, propedeutico, nell'iter professionale di un docente e creare un percorso definito che prevede una laurea in scienza della formazione e un tirocinio di un anno ha una sua incidenza sul reclutamento, poiché definisce l'indirizzo, non più generico, e la figura della nuova classe docente.
Secondo la bozza Israel, in futuro i docenti dovranno sostenere «un deciso rafforzamento delle conoscenze disciplinari». «Un siffatto livello - prosegue la relazione - può essere conseguito soltanto nel contesto di una laurea magistrale che comporti la preparazione di una tesi di laurea e attività di laboratorio». Inoltre il futuro insegnante oltre a possedere «sicure e imprescindibili» conoscenze delle discipline da insegnare deve «avere l'opportunità di riflettere sulle modalità di trasmissione delle conoscenze e di acquisizione delle competenze e sulle complesse e articolate problematiche della mediazione didattica».
Seguono una serie di requisiti per l'insegnante del futuro: capacità di orientarsi nelle diverse fasce d'età; di operare al meglio sia nell'ambito dei problemi legati alle relazioni interpersonali a scuola [lavoro di gruppo, rapporti tra studenti, rapporti con le famiglie], sia all'individuazione delle modalità educative [motivazione allo studio, partecipazione ecc.] adeguate a promuovere il successo didattico.
Dalla lettura della bozza, insomma, emerge che ogni singolo aspetto della formazione degli insegnanti della scuola, dalla primaria alla superiore, è stato valutato e messo per iscritto. Il testo riporta in calce la firma dell'intera commissione di esperti composta da sei docenti universitari, tre funzionari del Dipartimento Istruzione, due funzionari della Direzione generale dell'Università, un avvocato, capo dell'ufficio legislativo, un consigliere del Consiglio nazionale degli studenti universitari, e un dirigente di cui non viene specificata la carica.
Siamo andati a dare un'occhiata al curriculum degli esperti. Su internet si trova di tutto, non solo minacce, ma anche informazioni utili. Solo in un caso su sei abbiamo riscontrato una breve [tre anni circa] esperienza d'insegnamento nelle scuole. Per il resto una lunga lista di onorificenze accademiche, ponderosi studi di materie scientifiche, filosofiche e socio-pedagogiche, incarichi prestigiosi presso le Università italiane ed estere e tanti, tanti interventi alle conferenze sulle Ssis [le Scuole di specializzazione per l'insegnamento], in cui, in qualche caso, hanno insegnato pure loro.
Al termine dell'istruttivo viaggio nella multiforme personalità di questi docenti, i cui interessi spaziano dalla cosmologia alla formazione delle galassie, dalla creatività artistica al più scivoloso studio del desiderio e piacere, il senso di disorientamento s'è rafforzato, al punto da obbligarci a chiedere per quale ragione un gruppo di professori universitari che ha svolto tutta la propria carriera nelle aule accademiche debba scrivere le teorie della formazione della nuova classe docente. E ancora, quale conoscenza approfondita dei problemi dell'insegnamento nelle scuole e dei bisogni didattico-educativi dei discenti e dei docenti hanno acquisito in questi anni di insegnamenti accademici? Di quali dinamiche scolastiche [quotidiane] sono in possesso? Forse in quanto genitori? O amici di insegnanti?
L'esperienza delle Ssis, chiusasi in maniera ingloriosa, non ha consegnato solo un precariato sempre più numeroso. Ha indicato a chiare lettere che non si può affidare la scuola pubblica in mano alle Università, perché le Università poco o nulla sanno di scuola pubblica. Mentre invece molti docenti di scuola con anni d' esperienza alle spalle, ma senza pedigree, non vengono presi in considerazione, né consultati, in quanto non sarebbero in grado di teorizzare a sufficienza. Il rischio, dunque, non è solo la precarietà, ma l'ennesima elaborazione teorica di chi, per dirla alla maniera di Flaiano, avanza la pretesa d'indicare la strada da seguire, ma non sa guidare.

Salvo Mangione
[17 Settembre 2009]


Tags: precari, scuola, formazione insegnanti


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