breve di cronaca
E la chiamano riforma
Dazebao.org - 12-09-2009
Un anno con meno insegnanti e meno soldi

130 mila posti di lavoro in meno entro il 2012, tagli per 8 miliardi di euro. La più grande contrazione di risorse nel settore dell'istruzione pubblica mai verificatosi nel nostro Paese


ROMA - Inizia un altro anno scolastico all'insegna delle restrizioni: ore, dotazioni finanziarie, personale docente e non docente, investimenti. Dopo aver terminato le operazioni relative al recupero dei debiti scolastici, con veri e propri esami "di riparazione", come si chiamavano una volta, i docenti italiani si trovano di fronte alla difficile situazione di classi più numerose e risorse largamente inferiori a quelle già insufficienti del passato. Sono i risultati della "riforma Gelmini-Tremonti", iniziata già con la legge n. 122/08, che ha imposto fortissimi tagli al sistema di istruzione e proseguita con il generale riordino dei cicli scolastici, delle materie e del monte-ore di insegnamento.

I risparmi sul sistema istruzione

Il Governo, in una delle sue prime decisioni prese appena insediatosi, ha deciso una politica generale di contenimento dei costi della pubblica amministrazione in tutti i settori ma, soprattutto, nel settore dell'istruzione. La "filosofia" di questo intervento si fonda su due pilastri: a) il sistema dell'istruzione italiana (dalla primaria alla secondaria superiore) costa troppo e non è efficace;
b) si possono introdurre anche pesanti tagli razionalizzando il sistema, fornendo al tempo stesso una migliore efficienza produttiva.
Su queste convinzioni, che astrattamente possono anche condividersi a patto di mantenere fermo il principio che qualsiasi settore produttivo, per quanto speciale come la scuola, subisce un ristagno senza una crescita temporale degli investimenti fissi e variabili (cioè degli ammortamenti e dell'aumento del capitale produttivo), l'attuale maggioranza ha imposto tagli complessivi per quasi 8 miliardi di euro (per la precisione 7.832 milioni), così ripartiti: 456 nel 2009, 1.650 nel 2010, 2.538 nel 2011, 3.188 nel 2012. Ma la cosa più incredibile è che di questi risparmi soltanto il 30% ritorneranno al sistema di istruzione (quindi quasi 2,4 miliardi di euro, con una perdita netta pari a 5,6 miliardi), destinati, come statuisce il Dpef del 2008, a «incrementare le risorse contrattuali stanziate per le iniziative dirette alla valorizzazione ed allo sviluppo professionale della carriera del personale della Scuola a decorrere dall'anno 2010», quindi ad un sostanziale aumento delle risorse per gli stipendi del personale docente e non docente.

La restrizione degli organici

Naturalmente, il grosso dei risparmi sarà ottenuto dal contenimento del personale docente e di quello amministrativo, considerato in eccesso. Il dato che si prende come termine di paragone è quello presente in molti rapporti dell'Ocse, cioè il rapporto fra alunni e docenti. Ed allora si dice che, nel nostro Paese, questo rapporto prevede che ogni docente ha, in media, soltanto 11 alunni ed è allora necessario aumentare il numero degli alunni per classe. Secondo gli ultimi dati dell'Ocse diffusi proprio in questi giorni, in Italia il rapporto alunni/docenti si attesterebbe su 10,5/1, mentre la media Ue sarebbe 14,4/1 e quella dei Paesi Ocse 16,0/1. Questo dato ha fatto esultare la nostra ministra, che finalmente ha visto, secondo lei, confermare gli indirizzi impressi alla sua "riforma": «La ricerca dell'Ocse - sostiene infatti Mariastella Gelmini - dimostra che non sempre la qualità della scuola è legata alla quantità delle ore di lezione e alla quantità di risorse investite. Nonostante il numero elevato di ore a cui sono sottoposti i nostri studenti, infatti, la qualità della didattica non è certo ai primi posti delle classifiche internazionali. Allo stesso modo, la spesa per studente in Italia è superiore alla media Ocse. Questo dato dimostra che bisogna spendere meglio i soldi che lo Stato investe nella scuola».

Si deve però considerare, su questo punto, che i dati Ocse si riferiscono ad una media "grezza": totale degli alunni diviso per il totale degli insegnanti. Forse sarebbe il caso di analizzare anche la distribuzione dei plessi scolastici sul territorio italiano e correggere il dato relativo alla media "grezza" tenendo conto della fascia pedemontana e appenninica, dove esistono istituti che aggregano alunni di paesi con poche migliaia di abitanti e dove spesso si presenta un basso rapporto docenti/alunni. Il dato così presentato, soprattutto dal ministro, come causa assoluta dell'ineluttabilità dei tagli agli organici, di certo si sgonfierebbe. Ma, a prescindere da questo, sarebbe il caso che il ministro (o chi per lui) dimostrasse con elementi certi che l'espansione del numero degli alunni per classe aumenta l'efficacia didattica dell'insegnamento, perché se così non è allora ci troveremmo di fronte semplicemente ad un taglio effettuato con l'accetta senza interessarsi troppo delle conseguenze. Nessun docente italiano è disposto ad accettare l'ipotesi che più alunni in classe producano un migliore insegnamento.

L'esperienza dimostra esattamente il contrario: con un numero maggiore di alunni, il docente potrà interessarsi di meno di ciascuno di essi, effettuerà meno verifiche, avrà meno tempo per le spiegazioni, per le esercitazioni, per gli approfondimenti, per le sperimentazioni.
Complessivamente il taglio di organici, secondo una stima prudente, dovrebbe riguardare circa 130 mila posti di lavoro nel 2009-2011 (ma forse arriveranno a 200 mila). Soltanto quest'anno, salteranno circa 40 mila posti di lavoro. Non solo, ma centinaia di migliaia di insegnanti saranno costretti ad accettare cattedre a centinaia di chilometri di distanza, sopportare trasferimenti onerosi e lontananza dalla famiglia, con conseguenze facilmente immaginabili sul loro equilibrio psico-fisico che certo influiranno anche sulla qualità delle loro prestazioni.

Insegnanti meno specializzati

Nel prossimo triennio, la cosiddetta "riforma Gelmini" prevede un accorpamento delle classi di concorso nelle quali sono suddivisi gli insegnamenti. Ciascun docente, cioè, potrà impartire le sue lezioni su più materie. Il fine è sempre quello: tagliarne il numero, con buona pace di specializzazioni, di competenze, di settorializzazioni in cui si sono sempre più parcellizzati il sapere e le conoscenze scientifiche e umanistiche. Già con l'attuale ordinamento, un insegnante di storia spazia dalla protostoria alla seconda guerra mondiale, dalla rivoluzione agricola del 10 mila a. C. alla globalizzazione, uno di materie giuridiche dalle società commerciali ai diritti di libertà, dai titoli di credito alla disciplina delle separazioni fra coniugi. Il governo si avvia a creare un insegnante omnibus, un tuttologo senza conoscenze approfondite, né stimoli per acquisirle. Le materie stesse si tramuteranno in conviviali discussioni con gli alunni sul nulla maieutico; l'essenziale sarà che i giovani non facciano molto chiasso e che il bilancio della pubblica istruzione contenga sempre meno spese.


Sabato 12 Settembre 2009
Fulvio Lo Cicero


Tags: organici, risparmio, restrizioni, riforma, istruzione


  discussione chiusa  condividi pdf