breve di cronaca
Quelle strane autocensure su Darwin a scuola
E' davvero sconcertante, ma l'insegnamento dell'evoluzione è diventato nel nostro paese un problema, un tema "eticamente sensibile", una fonte di imbarazzi, di omissioni, di tabù linguistici bipartisan.


Glenn Branch ed Eugenie Scott, sull'ultimo numero di Scientific American, hanno descritto efficacemente la fisionomia assunta dal neocreazionismo americano e dalle sue strategie di condizionamento dell'insegnamento ("The Latest Face of Creationism in the Classroom", in Scientific American, Dic. 2008). Sconfitti ripetutamente nelle cause giudiziarie - ultima delle quali a Dover, Pennsylvania, alla fine del 2005 - e ovviamente nei tentativi di dare credibilità scientifica a presunte "teorie alternative" dell'evoluzione di stampo finalistico, i neocreazionisti puntano ora tutte le loro carte (e le pur sempre nutrite sovvenzioni private) sull'educazione casalinga, l'homeschooling, sulla rivendicazione apparentemente liberale dell'academic freedom, su campagne di disinformazione nei media più popolari, persino su costosissimi parchi di divertimento e su guide "alternative" alla visita dei musei di scienze naturali americani. Dalla scuola all'intrattenimento, l'intraprendenza non manca.

Sul piano teorico e didattico, non potendo inventarsi alternative plausibili - proseguono Branch e Scott - essi cercano di screditare le spiegazioni correnti dell'evoluzione biologica e umana: la presunta crisi irreversibile del neodarwinismo diventa il nuovo cavallo di battaglia. Secondo Branch e Scott i temi forti del futuro saranno dunque tre:
1) spacciare l'idea che la teoria neodarwiniana sia non in fase di aggiornamento, come è normale, ma ormai superata sul piano scientifico;
2) sostenere, facendo leva su docenti e famiglie compiacenti, che l'insegnamento dell'evoluzione minaccia la religione, la morale e la convivenza sociale;
3) fare in modo che nei programmi scolastici la teoria dell'evoluzione sia presentata nel modo più debole e vago possibile, in modo da lasciare massima libertà ai singoli istituti, specialmente se privati e di matrice confessionale, di regolarsi autonomamente.

Il caso italiano presenta certo caratteristiche diverse, per storia e per tradizione culturale. Non abbiamo mai avuto un movimento che si ispirasse al "creazionismo scientifico" vecchia maniera e all'interpretazione letterale del testo biblico come alternativa alla teoria dell'evoluzione. La dottrina pseudoscientifica dell'Intelligent Design non sembra fare proseliti espliciti da noi, se non in qualche esponente della destra religiosa ultraconservatrice. I recenti sbandamenti a favore del Disegno Intelligente di alcune porpore vaticane hanno suscitato perplessità innanzitutto in ambito teologico.

Tuttavia, commetteremmo un errore ad abbassare la guardia, per diverse ragioni connesse soprattutto al mondo educativo. Innanzitutto, il rifiuto del creazionismo da parte di alcune autorità religiose non sembra essere indolore. Se per esempio leggiamo attentamente le motivazioni del convegno internazionale organizzato dalla Pontificia Università Gregoriana su "L'evoluzione biologica: fatti e teorie" (si noti il plurale), osserviamo due caratteristiche piuttosto scivolose (www.evolution-rome2009.net). In primo luogo, spicca il carattere gerarchico dei saperi rappresentati: gli scienziati sono confinati nelle prime sessioni, con il ruolo di diligenti fornitori di fatti noti; i filosofi subentrano dopo, per confrontare le "teorie" in gioco; infine i teologi, nelle sessioni conclusive, offrono la cornice complessiva di riferimento a proposito di evoluzione, finalità, trascendenza. In breve, lo schema di Ratisbona della "ragione più ampia", filosofica e teologica, che include (e corregge se necessario) la "ragione ristretta" delle scienze naturali. E ricordiamo che a Ratisbona si disse che il darwinismo, consegnando l'evoluzione umana al caso, non poteva che essere "irrazionale" alla luce della ragione più ampia.

In secondo luogo, la filigrana unificante sembra essere quella della debolezza della spiegazione neodarwiniana attuale. Il risultato è che l'attenzione legittima verso gli aggiornamenti più importanti in corso all'interno del programma di ricerca evoluzionistico viene confusa con la
denuncia ricorrente delle interpretazioni filosofiche materialistiche e ateistiche dell'evoluzionismo. Come se, in sostanza, le presunte conseguenze filosofiche sgradevoli della teoria dell'evoluzione motivassero la sua revisione scientifica. E come se gli aggiornamenti e le revisioni del neodarwinismo, di per sé molto interessanti, dovessero offrire qualche appiglio per interpretazioni non materialistiche della storia naturale (di volta in volta dedotte, non si sa perché, da "leggi della forma" e principi di autorganizzazione). Insomma, una grande ambiguità fra piano scientifico, piano filosofico e piano teologico.

Siamo pericolosamente vicini alla prima e alla seconda strategia di "sponda" indiretta a favore del neocreazionismo descritte da Branch e Scott. Ma è il punto terzo a destare maggiori preoccupazioni: l'indebolimento dell'insegnamento della teoria dell'evoluzione. La riprova è immediata: si scarichino da internet i programmi scolastici italiani della scuola primaria e secondaria di primo grado, ultima versione, quella rivista nel 2006 ed entrata in vigore nel 2007 con il precedente governo di centrosinistra. Si cerchino in automatico le parole "evoluzione" (biologica), "evoluzione umana", "Darwin", "selezione naturale", "origini dell'uomo", e così via. Si controlli quante volte compaiono.

Nessuna. Nel curriculum di biologia delle medie - che tanto aveva fatto discutere nel 2004 e nel 2005 per la decisione di alcuni consiglieri ministeriali del governo di centrodestra di allora di eliminare le voci che descrivevano la teoria dell'evoluzione - i nuovi revisori di centrosinistra hanno ritenuto di rimuovere un'altra volta il nome di Charles Darwin, che era ricomparso furtivamente dopo le proteste della comunità scientifica. Il 17 ottobre 2005 erano state emanate le modifiche ai programmi di scienze della terza media, sotto forma di allegato alla riforma dei licei. Esse contenevano, quanto meno, un richiamo all'evoluzione, in terza media, con queste parole: "Interazioni reciproche tra geosfera e biosfera, loro coevoluzione. Darwin". Ora invece la parola "evoluzione" è nuovamente sostituita da vaghi giri di parole. Leggendo le indicazioni programmatiche per le scienze naturali e sperimentali del 2007, si nota un'ossessiva attenzione per questioni metodologiche (raggiungere "riflessioni metacognitive", individuare "organizzatori concettuali", fra i quali troviamo "energia, informazione, trasduzione e trasformazione, stabilità e instabilità di strutture e processi", ma non "evoluzione", che pure sarebbe un eccellente organizzatore concettuale) e un ripetuto accento sulle esperienze concrete, sul costante riferimento ai fenomeni, peraltro condivisibile. Quando però si tratta di declinarli negli obiettivi formativi, questi "fenomeni" diventano o stranamente criptici o inutilmente ambiziosi.

Per esempio, al termine della classe terza della primaria, a otto anni, i bambini già dovrebbero, oltre che "riconoscere la diversità dei viventi", "individuare il rapporto tra strutture e funzioni negli organismi" in quanto "caratteristica peculiare degli organismi viventi in stretta relazione con il loro ambiente". Una bella sfida, tipicamente evoluzionistica, ma non lo si dice espressamente. Gli obiettivi di apprendimento dopo la quinta, invece, non sembrano cambiare di molto: ancora la diversità dei viventi, e in più "accedere alla classificazione come strumento interpretativo statico e dinamico delle somiglianze e delle diversità" e "proseguire lo studio del funzionamento degli organismi". E' un'immagine della natura vivente schiacciata sul presente dei fenomeni, sui loro meccanismi fisiologici, senza storia, senza cause remote, senza profondità temporale. L'importanza di studiare le relazioni e le trasformazioni ambientali è sottolineata più volte, ma mai in una prospettiva evoluzionistica.

Per ritrovare qualche spunto in tal senso occorre arrivare fino agli obiettivi finali della terza media, dove per la biologia troviamo: "individuare la rete di relazioni e i processi di cambiamento del vivente introducendo il concetto di organizzazione microscopica a livello di cellula" (poi fra parentesi compare oscuramente l'espressione "coevoluzione tra specie"); "individuare l'unità e la diversità dei viventi"; "comprendere il senso delle grandi classificazioni"; "riconoscere gli adattamenti e la dimensione storica della vita, intrecciata con la storia della Terra e dell'uomo"; infine, "comparare le idee di storia naturale e di storia umana". Ma come si possono spiegare ai ragazzi questi contenuti senza prima aver introdotto i fondamenti della teoria dell'evoluzione? Come si fa a illustrare il senso delle grandi classificazioni e la coevoluzione tra specie, se prima non si affrontano i meccanismi di base dell'evoluzione? Non era più semplice chiamare le cose con il loro nome fin dall'inizio? Cioè: evoluzione, parentela universale delle specie, albero della vita, continuità naturale, contingenza, selezione naturale, deriva genetica, origini ed evoluzione della specie umana, e così via?

Con un pizzico di malignità, si potrebbe notare che quei giri di parole per intendere l'evoluzione sono, in linea teorica, compatibili con visioni del tutto diverse. Per assurdo, un insegnante di scienze che aderisse alla dottrina del Disegno Intelligente potrebbe rispettare queste "Indicazioni" liberalizzate. Ricordiamo allora quali erano le quattro voci tradizionali dei nostri programmi scolastici delle medie prima del 2004: "evoluzione della Terra", "comparsa della vita sulla Terra", "struttura, funzione ed evoluzione dei viventi", "origini ed evoluzione biologica e culturale della specie umana". Quattro voci semplici, efficaci, sparite e mai più ricomparse (soprattutto l'ultima). Come questi riferimenti potessero costituire un problema di insegnamento per gli adolescenti italiani è ancora oggi, in tutta sincerità, un mistero.

Nelle famigerate Indicazioni Nazionali del 2004, almeno, tra gli obiettivi di apprendimento per l'insegnamento della storia in seconda e terza elementare, comparivano - accanto, d'accordo, ai famosi "miti e leggende delle origini" - anche espressioni eloquenti come "la Terra prima dell'uomo e le esperienze umane preistoriche: la comparsa dell'uomo, i cacciatori..." etc, insomma un timido spiraglio sul tempo profondo, sulle origini della specie umana. In nome di non si sa quali timidezze e autocensure, nel 2007 sparisce anche questo: la storia comincia con il Neolitico e di ciò che è successo prima si occupano - anzi, non si occupano - i programmi di scienze.

E' davvero sconcertante, ma l'insegnamento dell'evoluzione è diventato nel nostro paese un problema, un tema "eticamente sensibile", una fonte di imbarazzi, di omissioni, di tabù linguistici bipartisan. Nulla di drammatico, si dice in parte giustamente, poiché si tratta soltanto di "Indicazioni" di base: gli insegnanti integrano come credono. Ma è proprio qui il punto. Messi i programmi in questo modo, i manuali scriveranno di evoluzione se lo riterranno. Gli insegnanti la spiegheranno se vorranno. Come se la discendenza comune, il fatto dell'evoluzione, antenati e cugini della specie umana fossero un optional. In attesa della liberalizzazione anche dell'Impero Romano e della lunghezza dei fiumi, perché rassegnarsi all'idea che esistano due Italie, una degli insegnanti volenterosi e preparati, tantissimi, che nonostante tutto spiegano ciò che va spiegato, e l'altra degli ideatori di queste Indicazioni nazionali, che sembrano interessati a problemi politici di tutt'altro genere?

Con riferimenti così "liberalizzati" è chiaro che ciascuna scuola, soprattutto se confessionale, si regolerà come vuole a proposito di teoria dell'evoluzione e disegni intelligenti. Del resto, adesso va di moda la privatizzazione dell'insegnamento, ancor meglio se a spese dello Stato. Ma il dato davvero desolante, almeno per chi scrive, è che le ultime inaspettate reticenze in fatto di evoluzione nei programmi scolastici provengano da consiglieri ministeriali e da intellettuali dell'area riformista e "democratica", segno di uno smarrimento culturale allarmante. La terza strategia di sponda al neocreazionismo delineata da Branch e Scott, dunque, rischia di essere tristemente di attualità nel nostro paese.

Telmo Pievani
 14-Mag-09

da: L'Indice della Scuola, inserto in L'Indice del libro del mese marzo 2009, n.3/2009



Tags: darwinismo, evoluzione, programmi scolastici, creazionismo


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 Emanuela Cerutti    - 22-05-2009
Date le premesse, si starà parlando a scuola di Ida? O anche in questo caso alla veleggiante e incerta curiosità umana si sostituirà la certezza inappellabile del dogma?

 Rebecca Altoviti    - 22-05-2009
Il fossile Ida, ritrovato a Messel, è stato paragonato alla Stele di Rosetta per la sua importanza nello studio della storia dell'Umanità ....

"Sono felice ed orgogliosa di aver narrato le meraviglie di questo luogo nelle mie avventure de Il mondo di Mauro & Lisi", dichiara la scrittrice Diletta Nicastro.

Lunedì è stato presentato al mondo il fossile Ida, ritrovato nel sito fossilifero di Messel e studiato in gran segreto per due anni presso l'Università di Oslo dal dottor Jørn Hurum e il suo team. Martedì prossimo 26 maggio Sir David Attenborough, uno dei più importanti scienziati naturalisti al mondo, terrà una conferenza stampa sull'argomento a Londra.

Il fossile Ida, a cui è stato dato il nome scientifico di Darwinius masillae in omaggio al bicentenario della nascita di Darwin, è stato presentato al mondo come l'anello mancante nell'evoluzione dei mammiferi che portano agli esseri umani (subito dopo la divisione con i lemuri) ed è stato paragonato alla Stele di Rosetta per la sua importanza per lo studio della storia dell'Umanità.

La scrittrice Diletta Nicastro, autrice del romanzo 'I fossili di Messel', terzo volume della saga per ragazzi Il mondo di Mauro & Lisi incentrata sul Patrimonio dell'Umanità dell'Unesco ed edita dalla Passerpartout Edizioni, ha commentato:

" .... Come i fossili raccontati nella mia storia, anche Ida è preservata perfettamente (completa circa al 95%). Sono visibili addirittura la peluria e quello che stava mangiando al momento della morte .... Questa scoperta entrerà subito in tutti i libri di storia.
Ida è un fossile di una bellezza straordinaria anche perchè si tratta di un govane individuo di genere femminile di circa nove mesi (i nostri sei-sette anni) dove sono presenti sia i denti da latte che i denti permanenti e quindi si tratta di un'istantanea non solo di un nostro antenato, ma di un antenato in un momento di evoluzione.
Anche il modo in cui Ida è morta, sopraffatta probabilmente da gas velenosi emanati dall'allora lago di Messel, è ampiamente descritto nel mio romanzo. Perbacco, sono davvero emozionata per questa scoperta, un po' come se gli stessi Mauro e Lisi fossero lì.
Inoltre nel mio romanzo cito anche David Attenborough, che da sempre ritiene Messel uno dei quattro siti fossiliferi più importanti al mondo. Ora sono curiosa davvero di ascoltare la sua conferenza stampa sull'argomento martedì prossimo
".

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