È in discussione, presso la commissione cultura della camera, la proposta di legge Aprea di riforma della carriera docente, al cui iter di approvazione si intenderebbe imprimere una decisa accelerazione. Una iniziativa inopportuna nei tempi, politicamente contraddittoria, sbagliata nei contenuti e invasiva delle relazioni sindacali e delle prerogative contrattuali. Innanzitutto perché intervenire sulla scuola - con propositi di evidente destrutturazione del sistema pubblico - in una fase in cui recentissimi provvedimenti del governo ne stanno mettendo a rischio la tenuta sul duplice versante degli assetti organizzativi e didattici. Lo stato di profondo disagio che vive oggi la scuola consiglierebbe al parlamento una moratoria per fermare questo accanimento pseudo-riformistico. C'è bisogno di una doverosa pausa di riflessione sugli esiti di un sommovimento che - privo di coinvolgimento, partecipazione e condivisione - ha finora generato disorientamento sociale e professionale. Buon senso, realismo e ragionevolezza imporrebbero l'esigenza di evitare, per quanto possibile, motivi e occasioni di ulteriore inasprimento ed esasperazione della conflittualità attualmente esistente. Nel merito osserviamo che l'evidente sovrapposizione, in materia di formazione iniziale dei docenti, della proposta di legge con il regolamento delegificato, che il Miur sta predisponendo in materia, risulta politicamente contraddittoria in quanto prefigura un evidente conflitto istituzionale tra governo e parlamento. È necessario che il parlamento mantenga, per quanto possibile, una linea di continuità rispetto alla disciplina di una materia così rilevante, nell'interesse della scuola, della società e di quanti aspirano ad intraprendere la professione docente. Esiste, inoltre, un ulteriore profilo di confliggenza della proposta Aprea con la recente legge 15/09 (Brunetta) sulla figura della vice-dirigenza, affidata dalla prima alla legge e assegnata, invece, al contratto dalla seconda. Nuova figura, in ogni caso, che ci vede assolutamente contrari perchè alimenterebbe un eccesso di burocratizzazione nella governance delle scuole. Rispetto ai contenuti manifestiamo la nostra contrarietà all'ipotesi delle fondazioni e dei consigli di amministrazione. La possibilità di trasformazione delle scuole in fondazioni snaturerebbe l'assetto istituzionale delle nostre istituzioni scolastiche. La previsione, inoltre, di un Cda, quale organo di governo aperto anche a soggetti esponenziali del mondo economico e produttivo, introdurrebbe una visione aziendalistica della scuola, che risulta estranea alla nostra idea di comunità educante.
La soppressione infine delle Rsu a livello di istituzione scolastica, oltre a violare le norme del decreto legislativo n. 165/01, depotenzierebbe sostanzialmente l'autonomia scolastica, privandola della rappresentanza dei lavoratori e della contrattazione d'istituto.
Francesco Scrima segretario
Cisl scuola.
L'articolo è stato pubblicato su Italia Oggi il 31/03/09