Tre ingiustizie da riparare
Vincenzo Andraous - 27-03-2009
In una scuola lombarda per svolgere il tema: bullismo, che fare?

C'è una grande difficoltà ad ammettere questa forma di disagio, e perfino una non troppo velata presunzione a negarne la presenza in casa propria.
Che ciò non si verifichi in tutti gli istituti scolastici è chiaramente una cosa buona, ma svolgere un intervento educativo, una forma diretta di prevenzione, per conoscerne i lati oscuri, quelli meno avvistabili persino da chi è deputato a ben vedere e meglio leggere una eventuale forma di disagio nei giovani, ritengo sia altrettanto buona cosa da svolgere tutti insieme.
Ho incontrato ragazzi vivaci e pronti al gioco, ma soprattutto ho avuto modo di apprezzarne la partecipazione, l'attenzione e collaborazione a fare i conti con eventuali forme bullistiche.
Allievi e docenti attenti a considerare nel rispetto delle distanze che sottendono i ruoli e i significati delle parole, lo sforzo di crescere insieme, di non dare forfait sotto il peso della fatica, quella che attende il ragazzo impegnato nello studio, e l'adulto-educatore a modificare un apprendimento sociale a volte irresponsabile.
Raccontare a una classe di adolescenti posizionati al nastro di partenza, l'importanza di custodire la propria libertà, nel rispetto che ci vuole per mantenerla inalterata, farlo anche dove non c'è violenza né prevaricazione, quanto meno per non ritrovarsi smarriti e privi di strumenti a difesa se improvvisamente dovesse accadere, o solo perché conoscere significa non avere paura di affrontare i pericoli e le conseguenze.
Occorre parlare di queste cose, farne materia di confronto, bisogna costringere a uscire dal proprio fatalismo come dalla disattenzione, raccontare come un bullo, un violento, un prepotente, è artefice di tre grandi ingiustizie, che relegano la giustizia a fare da palo alla propria inefficienza.
Tre ingiustizie che occultano l'anormalità quotidiana, la prima riguarda la vittima, quello etichettato a sfigato, lacerato e contuso nell'anima, che subisce la violenza senza ricevere il sollievo irrinunciabile della riparazione.
La seconda ingiustizia concerne i compagni-complici nel silenzio, quelli che sono fiancheggiatori per paura e disamore per la verità, perché costa impegno e fatica, ma abbatte l'infamia dell'omertà, che fa pagare il prezzo più alto agli innocenti.
La terza ingiustizia colpisce l'eroe negativo, lo pseudo-furbo del gruppo, quello che non è mai escluso, ma sempre al centro della commedia da recitare, ma spesso apparire sulla pelle dei più deboli con l'arma della violenza, significa perdere contatto con la realtà: allora la panoramica muta sembianze, la visuale non è più la stessa, e la caduta conseguente si fa dirompente, tutta dentro una finzione del silenzio inaccettabile.
Bulli di una società disarcionata dalle sue regole, che invece sono terra fertile per fare ottenere all'albero della vita radici profonde, da non spiantare alla prima folata di vento.
Ritorno da quella scuola con una grande speranza, in forza dei tanti insegnanti, degli educatori, delle persone formate alla pazienza della speranza, che non ci consente di abituarci mai ad una scuola disabitata di amore e di fiducia.

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