Alzati e cammina!
Omero Sala - 20-03-2009
Gelmini e Tremonti tirano a risparmiare in un settore fondamentale per il progresso culturale e civile e non si rendono conto (per una forma di miopìa imperdonabile in chi ambisce a passare alla storia come uno statista lungimirante) che l'istruzione e la ricerca sono indispensabili anche allo sviluppo economico.
La loro "riforma" è banalmente finalizzata a ridurre drasticamente le spese per soffocare brutalmente una scuola dissonante: per questo tagliano le ore, sopprimono le lezioni pomeridiane, riempiono all'inverosimile le classi, riducono il numero degli insegnanti, eliminano le compresenze dei docenti, licenziano i precari, dimezzano i finanziamenti, si inventano il maestro unico, chiudono le piccole scuole, incoraggiano l'esodo degli alunni verso le scuole private,...
Contro queste manovre non si è potuto fare nulla: l'opposizione non ha avuto voce, le manifestazioni di piazza non hanno ritardato di un giorno lo sfascio, le proteste degli insegnanti e dei genitori democratici si sono perse nel vento.
Ma mentre il gatto Tremonti e la volpe Gelmini si leccano i baffi contando le monete d'oro sottratte alla scuola e già pensano al prossimo giro di vite (che - adelante con juicio - sarà più severo), noi dobbiamo preparare le contromisure, sopportando la bufera ma tentando di salvare la baracca.
Io, in attesa di tempi migliori, ho una contromossa da suggerire.
La ministra e il suo ispiratore hanno raggiunto il loro primo (ma secondario) obiettivo: ci daranno meno soldi e meno insegnanti, e di questo saranno fieri. Non consentiamo loro di raggiungere il secondo (ma primario!) obiettivo, più ambizioso e inconfessabile, che è quello di smantellare la scuola di stato (questa scuola, che parla linguaggi diversi e persegue finalità antitetiche rispetto a quelle del loro Burattinaio).
Diciamo a Gelmini che si accontenti dei suoi pidocchiosi risparmi: che vada pure in giro a mostrare il suo compitino ben eseguito, ma che rimanga fuori dalle nostre scuole; che non venga a spiegarci come dobbiamo utilizzare gli scarsi fondi che ci eroga o a istruirci su come possiamo impiegare i pochi insegnanti che ci concede. Quello lo decidiamo noi.
Quando, un milione di anni fa, l'ordinamento prevedeva il maestro unico, in molte scuole si sperimentavano le "classi aperte" e gli insegnanti, con qualche timore e molte incertezze, si scambiavano le aule ("tu vieni a fare matematica ai miei, io vengo a fare italiano da te").
Si rischiava, e nessuno ce lo vietava.
Ora che la benedetta "apertura" non è più un'incognita (ma si è dimostrata negli anni una felicissima pensata), chi ce la può vietare? La ministra fresca e incompetente? Gli alti dirigenti ossequiosi (...ossimoro)? I piccoli dirigenti remissivi (...altro ossimoro)? Gli azzeccagarbugli riverenti?
Decidiamo dunque noi, nei nostri Organi Collegiali, come distribuire le risorse umane, come utilizzare gli insegnanti, come e a chi assegnare le classi, come valorizzare le competenze, come strutturare il curricolo, come organizzare gli orari, ...
Facciamo valere l'autonomia delle singole scuola, salviamo le prerogative e utilizziamo le competenze degli organi collegiali, prendiamo tutto lo spazio che ci viene concesso dalle norme mai abrogate sulla sperimentazione, salviamo i nostri piani per l'offerta formativa, facciamo pesare la nostra professionalità e la nostra esperienza, ...
Dai, forza, Italia!

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 Ambra Prearo    - 22-03-2009
Sono d'accordissimo! Laddove dirigenti scolastici, docenti e famiglie riescono a collaborare e a scambiarsi idee, la scuola pubblica funziona ancora, e bene - nonostante i tagli. Posso portare ad esempio di buone pratiche due scuole di Roma che conosco bene, una come insegnante e una come genitore: IC Vigna PIa e IC Regina Margherita. Ne primo IC si lavora molto su progetti, nel secondo i genitori si stanno costituendo in associazione per accedere a finanziamenti pubblici. Coraggio!