breve di cronaca
Veneto: ci sarà il quorum?
«Il vescovo Nonis è una persona istruita. Ma quando non sa, non sa. E se parla anche quando non sa, visto che non gode di infallibilità, fa confusione. La legge sui buoni scuola, non c’entra nulla con la parità scolastica, nè con il diritto allo studio. È semplicemente una legge iniqua, voluta dalla maggioranza di centrodestra, prima delle elezioni politiche del 2001, per dare un finanziamento solo alle famiglie i cui figli frequentano la scuola privata, in cambio del voto». La replica è di Claudio Rizzato consigliere regionale dei Ds in Regione. L’invito a disertare le urne per affossare il referendum regionale del 6 ottobre prossimo sui buoni scuola, che il vescovo ha diffuso nei giorni scorsi, ha già suscitato molto interesse.
«Avevamo chiesto in tutti i modi in Consiglio di evitare questa odiosa discriminazione: usare soldi pubblici per favorire solo 25 mila studenti delle private e discriminare i 500 mila della scuola pubblica. Per quel buono sono stati distolti i fondi del diritto allo studio».
- Le vostre proposte non hanno convinto?
«Non c’è stata alcuna volontà di accogliere la proposta di equità. Chiedevamo che la Regione contribuisse al diritto allo studio per tutti, sia nel pubblico che nel privato. Vista la strada discriminatoria scelta, abbiamo deciso di promuovere il referendum».
- Il vescovo parla di un passo verso la parità.
«Con i buoni scuola non vengono finanziate le scuole cattoliche che auspica il vescovo, quanto i diplomifici, le scuole senza qualità e le scuole dei ricchi dove si pagano rette da 10 milioni in su all’anno».
- La presidente Qualarsa sostiene che in realtà si finanziano le famiglie con i redditi più bassi, sotto ai 30 milioni. (Il buono è due milioni all’anno e non al mese come erroneamente riportato nell’intervista di ieri).
«Vengono finanziate le famiglie che hanno redditi per almeno il 50 %, da 60 a 140 milioni netti all’anno. Non c’è alcun controllo perchè sono tutte autodichiarazioni. Quando la Qualarsa parla di redditi sotto ai 30 milioni, non dice che per i meccanismi del regolamento, diventano automaticamente 60 milioni netti e che il limite di 90, diventa 130 milioni netti».
- Ce lo spiega?
«Secondo il regolamento per ogni famigliare a carico si detraggono 10 milioni. Quindi una famiglia che ai fini del buono scuola dichiara 30 milioni di reddito netto, su quello ha già effettuato le detrazioni. Quindi il limite dichiarato non è mai quello effettivo».
- Dopo l’invito all’astensionismo del vescovo temete di non raggiungere il quorum?
«In più occasioni i cattolici praticanti e non, hanno dimostrato di essere più liberi e autonomi dei loro cosidetti pastori. Noi abbiamo meno mezzi della Cdl, ma il referendum cade in piena crisi della scuola con i disastri della Moratti e nel dibattito sull’inconcludenza della Giunta veneta».
- Le ragioni del sì devono pur essere spiegate.
«Gli argomenti non mancano. Hanno messo la franchigia di 300 mila lire, ossia può concorrere solo chi paga più di 300 mila lire di iscrizione, per poter dare il buono solo a chi frequenta la scuola privata. Avevano spergiurato in Consiglio che non avrebbero messo quel limite. Lo hanno imposto con la delibera di Giunta. dimostrandosi bugiardi due volte».

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