Il popolo della scuola ha detto NO
Vittorio Delmoro - 01-11-2008
Con le facce, soprattutto...

Facce fresche, sorridenti, urlanti.

Mai truci.

Fresche anche se tante solcate da rughe, alcune ornate di barbe grigiastre.

Sorridenti perché contente di ritrovarsi in mezzo a tanta forza.

Urlanti comunque la propria rabbia e quella dell'intero popolo, il popolo della scuola.

Sì, il popolo della scuola è sceso dal nord, salito dal sud, convogliato da est e persino dal poco ovest a Roma per mostrarsi non tanto al ministro Gelmini o alla compagine di governo che la appoggia, a cominciare dal suo capo, quanto per dimostrare al popolo italiano tutto quale sia la consistenza di quella minoranza di facinorosi di cui vanno blaterando sui media.

Il 30 ottobre a Roma si è operata fisicamente coi propri corpi e nell'immaginario collettivo del popolo della scuola la saldatura intergenerazionale di questo movimento che sta mettendo radici profonde nel tessuto sociale infradiciato dalle tante derive individualiste, qualunquiste, xenofobe e persino razziste.

Un popolo della scuola che si è mostrato coi suoi figli, bambini, ragazzi, adolescenti, che ne stanno costituendo il colore e la colonna sonora; che si è mostrato coi suoi genitori, madri, padri, nonne e nonni persino, instancabili e protettivi, determinati e tranquilli; che si è mostrato coi suoi maestri, dalle maestre di scuola dell'infanzia ed elementare, ai maestri professori e cattedratici; che si è mostrato coi suoi speaker, dalle studentesse comparse nelle trasmissioni TV, spontanee, ma sufficientemente scaltre da non cadere nelle trappole dei politici, ai leader sindacali quando sono attenti a quel che dicono davanti alle persone.

Mi piace identificare questo popolo con l'immagine della famigliola che scendeva i tornanti sopra Piazza del Popolo con stanca allegria : il papà che spingeva con una mano il passeggino con su un bambinetto spaesato dai troppi stimoli giunti tutti in una volta, ma con gli occhietti vispi e curiosi; nell'altra una ragazzina più grandicella, ancora pimpante, nonostante la lunga camminata; la mamma espansiva ed instancabile che trastullava il figlio di mezzo raggirandoselo sulle spalle; lo striscione, immancabile per dare voce a queste speranze di futuro, gualcito e arrotolato sulle sponde del passeggino.


...e poi con le parole.

Parole gridate con allegria e decisione, con forza e sarcasmo.

Dal bidello che offre il suo posto di lavoro in cambio di uno da carabiniere, alle maestre di scuola dell'infanzia che hanno riversato su un lenzuolo i desideri dei loro bambini; dalla crisi che i giovani studenti si rifiutano di pagare, alla ricerca senza la quale Silvio non potrebbe vantarsi della sua seconda capigliatura; dalla difesa della scuola invocata dai dirigenti scolastici alla speranza di futuro richiesta dai genitori.

Parole che rimbalzavano da uno spezzone all'altro, che percorrevano i cortei a ondate, che rimbombavano sui muri degli alti palazzi di una Roma paralizzata, in parte a fare ala agli infiniti cortei che la assediavano da ogni direzione, in parte bloccata nei propri mezzi di trasporto da una folla che riscopriva l'uso delle gambe.

Gambe che si sono messe in marcia, fin sull'asfalto del Raccordo anulare, scesa dai pullman abbandonati alla mercé degli autisti; assiepate sulle scale e negli atri della metropolitana.

Con un'ansia generale che spingeva il popolo giunto da ogni parte d'Italia verso i luoghi di concentramento, nel timore che si svuotassero prima del suo arrivo; l'ansia di esserci, di gridare la propria presenza, di far sentire la forza che un popolo sa di avere.

Una forza che fin dalle rampe di accesso all'Anagnina non riusciva ad aspettare di giungere in centro, ma urlava i suoi slogan sulla strada, nelle stazioni, ovunque si concentrasse.

La piazza, riempitasi varie volte, da quando sono iniziati i comizi, fino alla loro conclusione, e poi ancora dopo quando già smontavano il palco, è più volte esplosa in boati che sottolineavano i passaggi più incisivi degli oratori e si è poi trasferita nelle strade di Roma, sciamando verso le stazioni della metro, oppure verso il Ministero, per rispondere ancora una volta alla Gelmini che ha dichiarato di continuare per la sua strada con più decisione : anche noi!

Se quello di giovedì era il referendum strillato dalla prima pagina di Repubblica, il popolo della scuola ha risposto con un NO chiaro e netto.

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