L'ha detto il maestro!
Omero Sala - 01-11-2008
TRE RAGIONI CONTRO IL MAESTRO UNICO

La riforma che non dispiace poi tanto... Se vogliamo credere ai sondaggi (che però talvolta vanno a dar ragione a chi li commissiona), dobbiamo rassegnarci: le proposte della Gelmini che tanto ci sconvolgono non sono poi così sgradite fuori dal recinto degli addetti ai lavori.
In particolare non appare del tutto malvista la decisione di rimettere il maestro unico nella scuola elementare.
L'istituzione del Supermaestro piace alla maggioranza dei politici (quelli appunto della maggioranza), che la sposano per convincimento interiore, per amore o per questioni di allineamento.
Non dispiace ai media che - invece di entrare nel merito, analizzare il problema, confrontare opinioni contrapposte - divagano sulla "figura" del maestro unico e si trastullano coi ricordi infantili con toni di accorata nostalgia.
Piace alla gente che vede nella riforma una semplificazione chiara e un segno di inversione rispetto alla maleducazione giovanile, al bullismo, alla droga, alla deriva universale.
Ma - purtroppo - sembra che non dispiaccia nemmeno a molti genitori: e questo appare un poco incomprensibile.
Alcuni, e questo si può capire, si fidano del governo da loro scelto e quindi ne condividono le decisioni.
Altri forse, abituati a prendere con fatalismo quel che viene, si limitano a brontolare con rassegnazione.
Ad altri l'idea del maestro unico piace perché solleva ricordi nostalgici.
Molti genitori non sanno cosa pensare e stanno a vedere cosa succede: della scuola di oggi poco sanno e poco comprendono, non capiscono bene come funzioni l'insegnamento e quanti siano questi benedetti maestri e quante siano le materie scolastiche (si dice che i maestri siano tre, ma poi - così raccontano i bambini a casa - c'è anche quello di inglese e quello di religione, quello che porta tutti in palestra e quello di musica, quello di informatica e quello delle "attività opzionali"; e poi ogni tanto si sente parlare dell'istruttore di minivolley o di rugby, dell'animatore teatrale, dello psicomotricista, del logopedista, della dottoressa che viene a spiegare come nascono i bambini; le materie poi hanno nomi diversi e contenuti diversi, si sono moltiplicate e complicate; si parla di insegnamento linguistico-espressivo, di ambito logico-matematico, di area antropologica, di educazioni, di convivenza civile, di informatica, statistica e probabilità,...).
Altri genitori dichiarano la loro preferenza secca per un "interlocutore" unico: sono in genere quelli che - presi dal lavoro e da mille alti impegni - si confondono quando ci sono i colloqui, sbagliano giorno o aula, non conoscono gli insegnanti; o sono quelli che, avendo un figlio con qualche problema, sono convocati dal "team" e si ritrovano in una specie di tribunale a trattare argomenti da confessionale; sono quelli che trovano dispersivo e fastidioso avere a che fare con un gruppo di docenti che sentenziano, consigliano, raccomandano e che talvolta si contraddicono, talvolta rimproverano; sono quelli che vivono "di corsa" e sono esasperati dalle fitte comunicazioni scolastiche, dagli avvisi, dalle autorizzazioni, dalle richieste, dalle note, dai compiti da controllare, dai giudizi da visionare, dalle assidue richieste di "firma per presa visione"... E vogliono un maestro ben riconoscibile, sempre quello, responsabile in prima persona, da biasimare o da blandire, da supplicare o da ammonire, da lodare o da criticare, da ascoltare o da mandare a quel paese.
A questi genitori, cosa si può dire per instillare dei dubbi, per far vacillare la certezza che il maestro unico non è l' unica soluzione di tutti i mali o la magica liberazione di tutti i fastidi?
Quali ragioni si possono mettere sul tavolo senza apparire politicamente prevenuti e scorretti o senza annoiare con argomentazioni troppo sofisticate e pedanti?
Le ragioni contro il maestro unico sono mille.
Chi ha vissuto i cambiamenti della scuola degli ultimi vent'anni le conosce tutte e nel ripensarle viene assalito da un senso di desolazione che stronca. Non si può infatti dimenticare il lungo confronto che ha portato - negli anni Settanta e Ottanta - alla graduale abolizione del maestro unico; le discussioni, le resistenze incontrate da quella riforma, le polemiche che l'hanno accompagnata nei primi anni, le difficoltà in cui si sono trovati i maestri di allora, "costretti" alla gestione collegiale della classe, alla specializzazione, al confronto, all'aggiornamento. E non si può non ricordare le "verifiche", il faticoso piano quinquennale di aggiornamento esteso a tutti gli insegnanti, le squadre di formatori mobilitate, i convegni, le pubblicazioni, gli studi, la risonanza internazionale delle esperienze, ... Viene da paragonare con tristezza quelle lunghe discussioni (ed i fermenti a livello accademico, politico e professionale) con l'estiva esternazione della Gelmini che ha soffocato le discussioni e il fulminante decreto restauratore che stronca perfino il dibattito parlamentare.
Riandando alle discussioni di quegli anni, si possono trovare tre ordini di ragioni per le quali è da temere il maestro unico e da preferire - senza ombra di dubbio - il gruppo docente.

1. LA SPECIALIZZAZIONE

In un mondo in cui conta sempre di più la specializzazione, un insegnante non può conoscere i contenuti di tutte le materie, padroneggiare la didattica delle più diverse discipline, imparare le strategie cognitive che i diversi alunni usano per avvicinarsi ai diversi saperi.
Oggi tutti gli insegnanti della scuola elementare sono specializzati o nell'area linguistica o in quella logico-matematica o in storia e geografia: si sono fatti le ossa insegnando la disciplina scelta e, per insegnarla meglio, hanno fatto aggiornamenti settoriali, hanno letto libri specifici, hanno accumulato esperienza, materiale didattico, strumenti. I migliori maestri oggi sono quelli che da quindici o venti anni insegnano la stessa materia, che non hanno mai insegnato "tutto" da soli: per loro è difficile tornare a fare i tuttologi; continueranno a privilegiare la disciplina in cui si sono perfezionati. Se saranno costretti, si "rassegneranno" a insegnarne altre, ma con incertezza, forse con scarso entusiasmo, probabilmente con incerti risultati; e, soprattutto, buttando via una specializzazione conquistata sul campo con fatica.
2. LA PLURALITÀ DI MODELLI DI RIFERIMENTO Il maestro unico, inevitabilmente, diventerà per i bambini l'unico modello di riferimento culturale, educativo, comportamentale, affettivo. Sarà un disastro per chi avrà un insegnante mediocre; sarà ugualmente un disastro per chi avrà un supermaestro: il plagio infatti è comunque e sempre deleterio. Avremo classi fatte a immagine e somiglianza del loro insegnante monocratico; avremo bambini "orientati" su un unico modo di pensare, di comunicare, di atteggiarsi, di rapportarsi. (Un vecchio direttore didattico confidava di saper individuare il maestro di una classe solo vedendo passare la fila incustodita di bambini in corridoio!).
La noia, oltre al plagio, sarà assicurata. La nausea, per gli alunni nei confronti del maestro e per il maestro nei confronti degli alunni, sarà certa.
È impensabile, è inconcepibile, è intollerabile costringere 25 bambini di sei anni a stare con la stessa persona 4 ore al giorno per 220 giorni all'anno e replicare la condanna per cinque anni, fino al passaggio alle medie!
I bambini hanno due genitori (e chi ne ha uno paga pegno! e chi ha i nonni e gli zii è invece fortunato!); alla scuola dell'infanzia ci sono due maestre; alle medie si ritrovano poi una decina di professori ... Quale incoerenza induce a istituire il maestro unico?
Tutti poi sappiamo che per essere bravi insegnanti non basta saper fare ma è necessario anche "essere"; che non basta la preparazione "tecnica", ma ci vuole anche l'equilibrio: che bisogna essere maturi e accattivanti, severi e tolleranti, rigorosi e comprensivi, esigenti e pazienti, determinati e accoglienti. Per un insegnante che si trova solo davanti a una classe, questo "polimorfismo" non solo è difficile, ma quasi impossibile: un team bene affiatato invece è in grado di trovare al suo interno le sfaccettature necessarie, di sviluppare le opportune strategie, di svolgere ruoli diversi, di distribuirsi le mansioni, di scambiarsi i compiti, di sostituirsi quando un rapporto si tende, di utilizzare tattiche diverse,... 3. LA COLLEGIALITÀ La progettazione degli interventi educativi, la costruzione di percorsi didattici, l'individuazione delle strategie adeguate, la valutazione dei risultati,... sono tutte operazioni complesse che, se fatte collegialmente, risultano più efficienti ed efficaci, più puntuali e strutturate, più adeguate e obiettive.
Chi lavora da solo non può confrontarsi e spesso sbaglia convinto di far bene; e poi persiste nell'errore, insiste ad usare strategie sbagliate e controproducenti, perde autorevolezza, dignità, passione, fascino.
Chi si valuta da solo tende ad autoassolversi e a peggiorare: nella solitudine non può fare confronti e non può imparare, è portato a ritenere giusta la sua azione, a colpevolizzare gli altri (gli alunni che non studiano, le famiglie che non sostengono, l'ambiente, la televisione, il computer, la società,...).
Gli insegnanti unici inoltre producono, nella stessa scuola, una eterogeneità di risultati assurda, inaccettabile per gli alunni, intollerabile per i genitori, inconcepibile per l'istituzione, inammissibile per la società. Si giudicheranno gli alunni per "annate". Sarà più feroce di quanto non lo sia mai stata la caccia al maestro ritenuto bravo e la gogna per il maestro ritenuto incapace. Ritornerà la maledizione dei sorteggi, il ricorso indecoroso alla "raccomandazioni", i trasferimenti "per incompatibilità", la ricerca della classe "giusta".
Se si imbocca la strada dell'insegnante unico si perderanno i vantaggi che oggi derivano dal lavorare in gruppo, dallo scambiarsi opinioni, dal far circolare le idee. Solo nel gruppo (di programmazione e di intervento) si scontrano e si confrontano idee, vengono messe in discussione le linee operative, si stabiliscono metodi e finalità, si pattuiscono criteri di conduzione della classe e stili relazionali, si fissano regole concordate e condivise, si bilanciano giudizi; nel gruppo ci si coordina, ci si incoraggia, ci si controlla, ci si compensa.
Solo nel gruppo si sviluppa l'intraprendenza, si perfezionano le capacità relazionali, si arricchisce la dialettica, si affina il senso critico, si scambiano esperienze e competenze, si socializzano esperienze, si rafforzano i progetti, si canalizzano energie. Lo scambio produce maturazione affettiva, porta a valorizza le emozioni e i sentimenti, migliora i modi di essere, aiuta a prender coscienza di sé, a controllare ansie e paure, a sperimentare forme di regolazione delle pulsioni.
L'arricchimento personale e la maturazione affettiva che si determinano nel gruppo sono infine il substrato vitale in cui può migliorare la creatività, crescere la competenza professionale (il "mestiere"), la produttività intellettuale (l'efficienza) e quella esecutiva (l'efficacia).

interventi dello stesso autore  discussione chiusa  condividi pdf

 C66    - 02-11-2008
Perchè, allora, gli studenti che arrivavano alle medie ed alle superiori ai tempi del tanto vituperato maestro unico a differenza dei loro successori post-riforma avevano le idee chiare sui concetti basilari, erano mediamente in possesso di un metodo di studio ed in grado di tenere un comportamento corretto?
Davvero tutta questa molteplicità di stimoli e riferimenti produce qualcosa di differente da una confusione anarcoide cui è difficilissimo porre rimedio dopo che è passata l'età giusta per strutturare in modo logico la mente ed assimilare i valori basilari del vivere civile?
Piaccia o no ai difensori del "team teaching" vedendone i risultati le perplessità sono legittime se non doverose

 Patrizia T.    - 02-11-2008
Perché a monte esisteva una selezione che è quella che si vuole riproporre oggi;
perché "allora" da parte delle famiglie esisteva una cosa chiamata "rispetto" che non era stata geneticamente modificata dall'edonismo reganiano e da tv qualunquiste e modelli futili ( tipo io guadagno più di te e tu pretendi di dirmi cosa deve fare mio figlio);
perché non era stata ancora lanciata la campagna "addosso al maestro" quando questi era costretto a prendere decisioni impopolari;
perché da sempre la maggior parte degli insegnanti della scuola media rifiutava di comprendere di far parte della scuola del'obbligo

 C99    - 02-11-2008
Scrive C66
Perchè, allora, gli studenti che arrivavano alle medie ed alle superiori ai tempi del tanto vituperato maestro unico a differenza dei loro successori post-riforma avevano le idee chiare sui concetti basilari, erano mediamente in possesso di un metodo di studio ed in grado di tenere un comportamento corretto?

E chi l'ha detto? Favorire studi e statistiche, prego. Le uniche a disposizione sono quelle che riguardano gli abbandoni e la dispersione. E dicono esattamente il contrario.

Scrive C66
Davvero tutta questa molteplicità di stimoli e riferimenti produce qualcosa di differente da una confusione anarcoide cui è difficilissimo porre rimedio dopo che è passata l'età giusta per strutturare in modo logico la mente ed assimilare i valori basilari del vivere civile?

Mi pare che la confusione anarcoide sia in te, caro C66. Proprio la molteplicità di stimoli e riferimenti, non la loro povertà, pochezza o, addirittura unicità, favorisce la strutturazione logica della mente, che è poi auto-strutturazione. Se non ci credi basta che leggi qualcosa a proposito. Al volo posso dirti che, per esempio, i processi logici per eccellenza come somiglianza, differenza, analisi, sintesi, relazione, confronto, induzione, deduzione, concettualizzazione, astrazione ecc. si strutturano in rapporto proporzionale alla molteplicità ed ampiezza della base di dati e stimoli forniti all'esperienza del soggetto che apprende.
Quanto all'
assimilazione dei valori basilari del vivere civile, posso dirti che il problema è molto complesso e non riguarda solo la scuola. Però capisco che a parlarti di complessità ti viene l'orticaria.

Di solito mi firmo, assumendomi le responsabilità personali di ciò che dico, ma questa volta ho deciso di non farlo davanti ad una specie di nick name, che, più che argomentare, spara sentenze di nascosto e scappa.

 claudia fanti    - 02-11-2008
Per favore C66, può scrivere il Suo nome e cognome?
Non so chi Lei sia, ma suppongo che Lei appartenga a un ordine di scuola più alto di quelli dell'infanzia e della primaria. Ebbene, se Lei ritiene che ci siano problemi di continuità tra gli ordini di scuola, vorrei conoscere quali sono le Sue proposte didattiche e pedagogiche, a parte quella dei tagli, per arginare ciò che Lei ritiene sbagliato.
Comunque sia, io penso che ogni ordine di scuola debba assumersi la rsponsabilità di affrontare, con strategie, adeguamenti e trasformazioni competenti, la società che muta e presenta conti sempre più salati sia sul piano della vita di relazione, sia su quello economico, sia su quello del degrado culturale... Certo incolparsi a vicenda dei presunti insuccessi altrui non serve a nulla. E' sterile e patetico, oltre che assolutamente perdente sul piano della lotta alla dispersione che tanto ci sta a cuore. O no?

Intanto colgo l'occasione per ringraziare del suo contributo di grande esperienza al nostro dibattito il collega Omero Sala che ha argomentato con tanta eleganza e precisione.

 T. M.    - 02-11-2008
A proposito di maestro unico

Quando si propone una riforma così radicale da comportare un ribaltamento dei rapporti tra alunni e maestro,
1) non si procede per decreto di urgenza
2) bisogna dimostrare (con fatti, verifiche scientifiche, argomentazioni pedagogiche) che l'esistente è così pericoloso da doverlo cambiare subito senza discussione;
3) se il provvedimento spaventa tanto gli addetti ai lavori, bisogna sospenderlo fino a quando il legislatore non conosca l'argomento almeno quanto loro.
Buon lavoro a tutti

 Rosa Maria Pelucchi    - 02-11-2008
Complimenti! è un articolo bellissimo che condivido pienamente e diffonderò tra i colleghi.
grazie

 ilaria ricciotti    - 02-11-2008
Attenzione, attenzione
c'è aria di restaurazione!

"Il nuovo non piace più"
lo dichiarano quelli lassù,

bisogna ritornare
al genio tuttofare,

e, se a molti
ciò non è gradito
non importa,
il decreto G
è ormai spedito!

Chi lo respingerà
una brutta fine farà.

"Siamo noi a comandare!"
voi attenti
ad ascoltare!

" Le manifestazioni?
Sono opera
dei FANNULLONI!"




 C66    - 03-11-2008
A C99: come appunto Lei argomenta le statistiche riguardano solo abbandoni e dispersione, per quanto riguarda le mie considerazioni sono basate unicamente sulla mia esperienza personale di docente di scuola superiore, iniziata nei primi anni '90.
Non è detto che la diminuzione degli abbandoni e della dispersione possa avvenire senza una diminuzione della qualità della preparazione e, in effetti, sono in parecchi a constatarlo dentro e fuori dal modo della scuola.
Soluzioni da me proposte? Ovviamente il ritorno alla selezione ed alla situazione precedente a quella degli anni '90.

Quanto alla firma dei miei interventi sono spiacente ma finchè sarà consentito dalla Redazione per motivi di privacy continuerò ad usare il mio nickname.

 C99    - 04-11-2008
Il limite è una caratteristica intrinseca dell’esperienza umana, e sempre l’uomo tende a definire il suo rapporto con il mondo attraverso segni che rappresentano dei limiti, anzi un limite, il limite.
(Teorema dell'unicita' del limite)
Intelligenti pauca