Classi ponte che dividono
Maristella Curreli - 18-10-2008
In materia scolastica, il governo "cade male". Ha interlocutori istruiti e smaliziati, capaci di smascherare le furbate e cogliere il senso concreto celato dai termini ammiccanti. Tra questi, la sussidiarietà, dietro la quale si nasconde il subappalto dell'istruzione pubblica ai privati. Con la dismissione della scuola statale, l'istruzione non sarà più un servizio sociale ma un costo individuale. Riservata a pochi e non a tutti. Favorirà chi sa ed ha di più ed escluderà, definitivamente, chi sperava di progredire ed integrarsi. In sintesi, si trasformerà in una scuola classista e razzista. In un paese più bigotto che cristiano, il razzismo c'è. Ma non si dice. Ne sono un esempio le "classi ponte", leggi differenziate. Il governo ha dato ad intendere che servono per integrare i bambini extracomunitari. E invece sono un po' come il ponte sullo stretto di Messina. Una bufala dal devastante impatto ambientale e nessun beneficio pratico. Queste classi ponte non uniscono ma dividono. E, peggio, non realizzano l'acquisizione linguistica che si prefiggono.

I "benpensanti", che guardano al bambino immigrato come un diverso da differenziare in apposite classi, nascondono dietro la discriminante linguistica un intento razziale. Un esempio? Come mai mandano i loro pasciutelli pargoli, bisognosi di assimilare l'inglese, a fare vacanze studio in Inghilterra? Giustamente, ritengono che la lingua non s'impari stando in Italia in classi di italiani. Sarà anche per questo che preferiscono il soggiorno in famiglia anglofone ai college per soli stranieri?

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