Grembiulini, voto di condotta e quant'altro
Aldo Ettore Quagliozzi - 15-10-2008
La scuola accentua la sua prassi punitiva...

Pesco dai miei ricordi di scuola. Ricordi dell'insegnante-educatore che sono stato. Più educatore che insegnante, come ho cercato di essere. E ricordo di una mattinata di primavera inoltrata, di già abbastanza calda se non caldissima. E con la sensazione di stanchezza o di malavoglia di fare di fine d'anno che si coglieva e si coglie all'interno delle classi nella fase ultima dell'anno scolastico.

Si era in una terza classe di scuola media; ci aspettavano gli esami. E all'improvviso, tra il vociare scomposto sebbene contenuto dei ragazzi che quel giorno sedevano sui banchi, all'improvviso dicevo mi raggiunse la voce, riconoscibilissima, di F.C.
F.C. aveva ripetuto alcuni degli anni scolastici precedenti ma aveva finalmente raggiunto l'obiettivo ambito: la terza media. Aveva un suo modo di fare F.C., di parlare, di abbigliarsi, forse perché si sentiva di già arrivato avendo qualche anno in più rispetto agli altri ragazzi. Ma seppur difficile nel relazionarsi con gli altri, ché fossero gli insegnanti o i suoi compagni, era un ragazzo leale che viveva la sua vita di orfano del padre, modesta assai, senza dolersene e con una dignità difficilmente riscontrabile in quell'età. Lo avevo apprezzato subito e lo avevo amato di conseguenza.

Fu quel mattino che la sua voce riconoscibilissima si fece strada nel chiacchiericcio dei ragazzi per dirmi pressappoco così, ora che devo necessariamente fare ricorso alla mia memoria divenuta labile ed incerta:
- Professò, ne avete avuta di pazienza con me! Confesso d'essere rimasto sorpreso se non trasecolato, ché oggi non ricordo pienamente quale sia stato il mio atteggiamento. Di stupore non contenuto di certo. E lui, cogliendo la mia sorpresa a quelle sue inattese parole continuò a dirmi:
- Perché professò avete dedicato più tempo a me che ai miei altri compagni.
Parole non interrogative le sue ma nella forma lessicale del suo parlare che ho cercato di riprodurre. Mi premurai di rassicurarlo come il tempo che gli avevo dedicato fosse stato quello necessario e come avevo fatto di tutto perché agli altri non ne fosse venuto a mancare. Solo allora lui si sentì rassicurato. La sua espressione si rese dolce, si distese, com'era avvenuto ogni qualvolta fosse riuscito a superare un momento di difficoltà nei suoi rapporti con l'istituzione o con i suoi compagni. Rassicurato, volle sempre dire l'ultima sua come nel suo carattere indomito di adolescente forte:
- Professò, io so di avere avuto più degli altri.
E tacque. E tacqui anch'io confuso assai.
F.C. era un ragazzo che oggi come allora si definirebbe difficile. Non un bullo, ma un essere umano in difficoltà. Era la sua una vita difficile, difficile assai. In seguito ho saputo dalla stampa locale di alcune sue disavventure giudiziarie al seguito di maggiorenni con i quali tendeva a solidarizzare. Ho amato F.C. non certo per spirito evangelico, che non mi compete, ma in forza di un'umanità che dovrebbe stare alla base dell'azione di tutti gli educatori-insegnanti di questo mondo. Il brano che di seguito trascrivo è tratto da " Solo se interrogato " di Domenico Starnone. Un'ottima lettura. Una meditazione rilassante.

" ( ... ) La scuola accentua la sua prassi punitiva proprio quando gli studenti sono in uno stato di labilità, di cedimento. Pare farlo apposta. La fase puberale infastidisce l'adulto: è la sua stessa irrisolta vergogna che rischia di sopravvivergli. Da un lato gli ricorda cosa è stato. Dall'altro, nel passaggio mentale seguente, lo induce a esclamare che no, non è stato così, alla sua crisi ha reagito benissimo: infatti è diventato una personcina a modo. Così infierisce sulla bestia sfaticata, svogliata, rissosa, aggressiva, ottusa, impudica, volgare, sporca che gli complica la vita in classe. ( ... ) Età d'inferno, naturalmente. Piangono, ridono, strepitano, sono violenti o torbidi o torpidi. Fare l'insegnante in quelle classi non è un gioco, specie se l'origine sociale non ha fatto da raffineria. ( ... ) E' faticoso infatti, più faticoso della normale fatica che occorre per trascinarsi di classe in classe a declamare sciatte lezioni o a distribuire voti . ( ... ) Ma è troppo facile alleggerirsi l'esistenza cacciando via gli adolescenti più insubordinati, più devastanti, più smaniosi di autodistruzione. Odio i miei colleghi quando, dopo aver ripulito (ripulito è il termine) la classe da quegli elementi ( elementi si dice: proprio così ) che impedivano di lavorare per bene, esclamano: - bella classetta, quest'anno -. Mi odio anch'io, quando mi pesco a dirlo. ( ... ) "

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