E' fuori di dubbio che la destra al governo sta facendo il suo mestiere, vale a dire una politica di destra. Che altro dovrebbe fare? Le scelte del duo Gelmini-Tremonti da un lato puntano ad un forte contenimento della spesa sociale nella scuola pubblica, dall'altro ripropongono contenuti ideologici e valori, un'
idea di scuola tipicamente conservatrice (la scuola seria d'antan, il ritorno ai voti, al maestro unico, ecc.).
E' piuttosto da sottolineare il fatto che l'iniziativa della destra va a colmare un vuoto di pensiero lasciato aperto in questi anni dalla sinistra. Dalla riforma di Berlinguer - il riordino dei cicli, che si fondava su un idea forte di scuola (una scuola di base unitaria, il curricolo continuo, ecc.) - in poi la sinistra ha giocato di rimessa. In epoca Moratti dispiegando una battaglia importante, ma di resistenza e puramente difensiva. In realtà non si sono affrontati con il rigore necessario alcuni problemi che investono il nostro sistema di istruzione.
Il problema dei costi della scuola e della spesa nell'istruzione, innanzi tutto. Non è vero, come ha documentato anche Roman sulle pagine di
Scuolaoggi.org, che la scuola italiana è tra quelle che comportano i costi sociali maggiori in Europa, come sostiene il governo. E' vero invece che la spesa nell'istruzione è mal distribuita, che esistono sprechi o spese ingiustificate e che è necessaria una razionalizzazione. La scure di Gelmini-Tremonti apporta tagli indiscriminati, ma non basta dire dei no: vi sono misure di contenimento della spesa pubblica necessarie, tagli "mirati" che hanno un senso. Per fare qualche esempio: come si giustificano classi (e non stiamo parlando solo delle isole o dei paesi di montagna) con un numero di alunni bassissimo? O istituzioni scolastiche autonome (non solo nel Meridione, ove pare che la cosa sia abbastanza diffusa, ma addirittura nella provincia di Milano) con un numero di alunni inferiore a 500?
Così come, sull'altro versante, servirebbero maggiori risorse per l'integrazione degli alunni stranieri, per il sostegno, ecc. Come non riconoscere allora che è necessaria una politica di razionalizzazione e di distribuzione più oculata della spesa e degli investimenti?
Veniamo poi alla questione del ritorno all'insegnante unico nella scuola primaria, cavallo di battaglia del duo Gelmini-Tremonti. E' evidente che la riduzione degli organici della scuola elementare che ne deriverebbe (solo eliminando i moduli sul territorio nazionale, senza toccare il tempo pieno esistente, almeno in una prima fase) comporterebbe un notevole risparmio.
Il ritorno al maestro unico, alla maestrina dalla penna rossa, alla scuola del mattino, sono ben visti tra l'altro anche da qualche commentatore di area riformista o di sinistra, basti pensare agli articoli di Citati o di Pirani su Repubblica. Memorabile un articolo di qualche anno fa nel quale Pietro Citati faceva l'elogio del tempo vuoto contro l'insopportabile tempo pieno e
"l'orrore di otto o dieci ore di socializzazione forzata"(*). Incomprensibile, detto per inciso, come Repubblica possa aver appaltato alla coppia Citati-Pirani la riflessione sui problemi della scuola, considerata l'assoluta incompetenza dei personaggi in questione... E' un po' come se chiedessimo a Renzo Arbore di intervenire sui problemi della sanità e della scienza medica in genere...
D'altro canto, la sinistra non può fare una battaglia di opposizione (come in parte fu al tempo della Moratti) solo dicendo dei no. Occorre chiarire bene perché un solo maestro è improponibile e anacronistico nella scuola elementare. Perché è impossibile oggi (data la complessità dei saperi, le nuove tecnologie, ecc.) garantire una buona qualità dell'insegnamento affidando le classi a un solo docente. D'altra parte occorre anche far capire alla gente, all'opinione pubblica
perché più insegnanti (il gruppo docente) e un tempo scuola più lungo costituiscono un'offerta formativa migliore, più avanzata, del maestro unico, a tal punto che il loro costo è assolutamente giustificato e indispensabile. Perché il modello pedagogico e organizzativo del team docente, punto di approdo della ricerca educativa e delle esperienze didattiche degli ultimi trent'anni, continua a rimanere il più valido.
L'assunto di partenza è che più docenti possano offrire ai bambini più opportunità cognitive e relazionali. Non vi è naturalmente alcun automatismo in questo: il gruppo docente diventa produttivo solo in presenza di determinate condizioni (l'unitarietà della programmazione e degli interventi, la formazione dei docenti, spazi e strutture idonei, ecc.). Queste condizioni allora è necessario garantire.
Al di là degli schemi e della semplice difesa dell'esistente, bisogna fare un ragionamento che tenga insieme almeno tre variabili:
il tempo scuola, il numero degli alunni per classe, il progetto educativo-didattico della scuola. Su questa base è possibile sostenere la necessità di più figure docenti, in quanto funzionali a garantire un servizio formativo di qualità.
Per dirla in termini più crudi: esistono probabilmente situazioni nel paese ove tre docenti su due classi non sono strettamente indispensabili (o perché il tempo scuola è compresso al solo mattino, o per il numero di alunni molto limitato, ecc.). Rivediamo allora quelle situazioni ed il loro contesto. Ma vi sono realtà nelle quali soltanto un gruppo docente (inteso come sopra) può garantire la qualità dell'insegnamento in tempi distesi. Ridurre il numero dei docenti e ridurre il tempo scuola, in questo caso, può voler dire soltanto una cosa: abbassare la qualità del servizio, non soltanto in termini di "minor assistenza" degli alunni, ma soprattutto di insegnamento meno efficace e quindi di minori possibilità di apprendimento.
In conclusione: la sinistra deve dare una risposta in grado di coniugare un'idea forte di scuola, una proposta culturalmente valida, pedagogicamente avanzata con le ragioni dell'economia. Il punto è offrire un servizio di istruzione efficiente, una scuola pubblica qualificata, eliminando zone d'ombra e di spreco, tale da giustificare la spesa nel settore. Anzi, rendendo chiare - e largamente condivise - le ragioni per cui tale spesa non è un vuoto a perdere ma un investimento.
Dedalus
(*)Nota
v. Pietro Citati, Elogio del tempo vuoto, Repubblica - 12 febbraio 2004
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2004/02/12/elogio-del-tempo-vuoto.html