Uno sguardo più distaccato?
Francesco Masala - 08-09-2008
Se non si guarda con l'ottica del giorno per giorno, quello che sta succedendo è semplice, stanno cambiando tutto, da molti anni, con molti passi e varianti, sembrano tante cose diverse, a seconda dei governi, delle sensibilità, dei momenti.
In realtà è come se in questi 25-30 anni ci si fosse, anche noi docenti, concentrati su cose singole, rispondendo ad attacchi singoli, come se ogni volta, guardassimo degli affluenti, senza avere chiaro qual è il grande fiume che ci sta sommergendo e forse ci sommergerà.
A partire dalla fine degli anni 70 - inizio anni 80, con Reagan e Thatcher la parola "pubblico/i>" è diventata una parolaccia. E anziché migliorare quello che del pubblico non andava, con un salto logico ardito, è nato il mito del privato, che è cresciuto a dismisura nei servizi pubblici, dalla sanità alla scuola, con sempre più quota di servizi privati e privatizzati. In Italia siamo un po' in ritardo rispetto agli altri paesi e bisogna adeguarsi. C'è un problema culturale, ideologico, più privato e meno pubblico, meno servizi pubblici da subito in cambio di minori imposte future, che ha vinto moltissimi sindacati e lavoratori. Tutto è diventato contrattabile e monetizzabile.
Per i lavoratori e i sindacati il crollo, cioè l'accettazione delle ragioni degli avversari, delle controparti, delle loro parole d'ordine e dei loro slogan, produttività, efficienza, senza avere altre ragioni da contrapporre, è avvenuto, secondo me, quando è iniziata, con l'autonomia scolastica, la lotta di ogni istituto con gli altri, per rubarsi gli alunni, anziché la lotta comune contro l'ignoranza e per l'istruzione pubblica, quando si è accettato il fondo d'istituto e la logica dei progetti, spesso in contraddizione con la logica curricolare, quando si è stati disposti a ridurre il tempo scuola, quando tutti i lavoratori si sono sentiti in concorrenza con gli altri lavoratori, e non più tutti insieme contro la controparte.
Nessuno dei lavoratori di ruolo perde il posto di lavoro, ma l'aumento continuo degli alunni per classe non fa entrare nuovi lavoratori a scuola e a nessuno importa la parte dell'aumento dell'insuccesso scolastico dovuto alle aule sempre più stipate. E poi si prospetta l'aumento degli stipendi in proporzione ai lavoratori che resteranno a casa o mai arriveranno a lavorare, ecco l'esempio di un disastro che rischia di essere contrattato e monetizzato.
L'immagine che mi viene in mente è quella del matrimonio fra imprese, finanza, stato leggero, e sindacati, e tutti noi, i lavoratori, in questo matrimonio, abbiamo una parte, quella dei bambini gioiosi che si accalcano a spartirsi i confetti e le monetine gettati in terra.
Occorre ribaltare l'atteggiamento culturale e ideologico di difesa dell'esistente, necessario ma perdente alla lunga, senza l'attacco, cioè le proposte per migliorare lo stato sociale, per ribaltare il "meno imposte, meno servizi", in "più imposte, più servizi", per avere come punto di riferimento i modelli di stato sociale scandinavi e non il modello statunitense.
Vorrei chiudere ricordando alcuni versi di un poeta anarchico, Erich Mühsam, scritti verso il 1910.
Oggi, dopo un secolo, si può cambiare la bandiera rossa, per quelli cui non piace, e mettere altri segni di speranza, ma l'importante è non rassegnarsi e porsi degli obiettivi non contrattabili e non monetizzabili come la difesa o meglio il rilancio e l'allargamento (con moduli, meno alunni per classe, più sostegno, di quello vero, agli alunni svantaggiati fisicamente ed economicamente, e la lista continui) della scuola pubblica, senza se e senza ma.

Da "Conflitto e battaglia"

Potete anche avere venti teorie di libertà
E cantare con cento melodie diverse
Ma se dobbiamo andare in battaglia
dobbiamo giurare per lo stesso ideale!

Così, finchè nessun nemico vi minaccia
Non risparmiatevi chiose.
Ma se un giorno vi sveglia il grido d'emergenza,
fate sventolare davanti ai compagni
la bandiera rossa
che unisce tutti.


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