Il diverso di seconda generazione
Antonio Vigilante - 24-08-2008
Un vecchio apologo di Moni Ovadia parla di un uomo che, preso da una irrefrenabile ossessione identitaria, fa la guerra al mondo intero: agli stranieri, ai meridionali, a quelli della sua stessa città, fino ad abbarbicarsi a sé stesso, chiudendosi in una stanza. Ma la caparbia ossessione non è appagata. Anche in sé l'uomo scopre una identità e una differenza, un nord e un sud, un bianco e un nero. E' insidiato anche nella sua stanza, anche nel suo stesso io.
L'apologo tratteggia con efficacia la situazione dell'Italia attuale. Abbiamo fatto e facciamo la guerra la guerra al povero con un accanimento di cui ci vergogneremo molto, appena risvegliati (la speranza in un risveglio non è del tutto giustificata: ma cosa saremmo senza speranza?). Abbiamo riversato e riversiamo le nostre frustrazioni sullo straniero, sul clandestino, sul debole, sullo sfruttato. Ma non basta. La frustrazione è grande, esige sfoghi molteplici. I soldati sono nelle strade, il diverso è braccato, ma non basta. Anzi: se lo si prendesse, il diverso, e lo si sbranasse - come molti auspicano -, sarebbe un bel problema. Che diventeremmo, senza un diverso da braccare? E allora è bene trovare un diverso diverso, per così dire; un diverso che sia più difficile da braccare, da stanare, da sbranare. Un diverso che non si possa semplicemente mandar via, e che tuttavia valga ad assorbire le nostre frustrazioni, a fare da capro espiatorio dei nostri fallimenti.

Questa, che potremmo chiamare fase 2 della caccia al diverso, è probabilmente già cominciata. Ne abbiamo avuto qualche anticipazione già anni fa. Tra poco, con ogni probabilità, quelle anticipazioni appariranno rose e fiori. Il diverso diverso, il diverso di seconda generazione, è il meridionale. Perché in Italia le cose vanno male? Colpa dei meridionali. Risposta facile ed efficace. "Nel Sud alcune scuole abbassano la qualità della scuola italiana. In Sicilia, Puglia, Calabria e Basilicata organizzeremo corsi intensivi per gli insegnanti", dichiara il ministro dell'istruzione Gelmini. Comodo, no? La scuola italiana sarebbe una grande scuola, roba da fare invidia a chiunque, se non fosse per questi insegnanti meridionali. Del resto, basta la parola. Dici "insegnante meridionale", e già ti viene in mente uno con la panza gonfia, il colletto della camicia sporco di ragù, l'alito pesante, la pronuncia traballante e ridicola. Ogni corpo, si sa, ha una testa e un culo. Anche il nostro corpo sociale. Il culo della società italiana, ahimé, è il Sud. E' chiaro che il culo, per quanto lo abbellisci, lo rassodi, lo curi, resta culo. Questo non vuol dire però che non sia una cosa buona e giusta rassodare, abbellire, curare il culo. Del resto, l'immagine del panzone dall'alito pensante sottoposto ad un "corso intensivo" è molto bella. E' l'immagine stessa di un Paese che fa grandi sforzi, che sbuffa, che suda, che ce la può fare. Certo per lui, il panzone, non ci sono molte speranze. Il culo, ripeto, resta culo. Ma il suo nobile sforzo, il suo "corso intensivo", darà animo a tutti, metterà di buon umore la gente che lavora e che davvero non ne può più dei fannulloni, degli uomini-culo che tirano verso il basso la Nazione.

Questa soluzione, dirai, ha un suo limite evidente. Il Sud resta buona parte dell'Italia. Se l'italiano medio nordico scarica la sua frustrazione sul meridionale panzone, rassodato e rieducato (in certe cose le democrazie si mostrano capaci di accogliere suggestioni dai sistemi comunisti), su chi scaricherà la sua frustrazione l'italiano medio meridionale - più frustrato che mai perché additato pubblicamente come panzone e fannullone? Può essere - sono cose che succedono - che incorpori e faccia sua la visione dell'italiano medio nordico, che si cosparga il capo di cenere e faccia pubblica ammenda per le sue manchevolezze, che ringrazi per il "corso intensivo" di rieducazione. Può essere che giunga a considerare la meridionalità "a state of mind" che riguarda gli altri, tutti quelli che gli sono intorno, considerandosi meridionale in modo accidentale, non sostanziale. Può essere che moltiplichi la sua violenza persecutoria contro chi sta peggio di lui, contro il diverso di prima generazione.
Può anche essere che protesti. Ma nell'Italia di oggi quest'ultima appare come una possibilità remota.

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