Maroni lo sa, ma finge di ignorarlo. Lo sanno le bande leghiste e i sedicenti deputati, sistemati in Parlamento dai segretari di partiti ormai apolitici in virtù di una legge che nega agli elettori il diritto di scegliere i propri rappresentanti. E' noto a tutti: buona parte dei figli di mafiosi e camorristi -
muschilli, pusher e picciotti - quasi sempre italiani, frequentano la scuola poco e male e, fin dalla nascita, sono educati dai genitori all'esercizio della violenza, al furto, allo scippo, alla rapina e ad un totale disprezzo della legalità.
Fino a prova contraria, viviamo in una democrazia e ognuno ha diritto di parola. Anche Berlusconi e Maroni. Un diritto che gli va riconosciuto anche quando sostengono che la scelta ripugnante di schedare i bambini rom, prendendo loro persino le impronte digitali, è dettata solo da inaccettabili finalità "
protettive". Esprimere opinioni è un diritto e un governo può legittimamente credere che una politica intesa ad assicurare una non meglio definita "
tutela dell'infanzia" chieda al Paese di rinunciare al sistema di valori su cui fonda la convivenza civile, di accettare che la "
protezione" non passi più per la scuola, l'integrazione, la sicurezza economica delle famiglie e la solidarietà sociale. D'accordo. Tutto questo è aberrante, ma è il frutto di una opinione.
Maroni ne è convinto, o almeno finge di esserlo. Dopo aver giurato fedeltà alla Repubblica e alla sua Costituzione, non c'è giorno in cui non sostenga che siamo di fronte ad una dolorosa e inderogabile necessità di sicurezza: sicurezza di bambini rom, sicurezza nostra, sicurezza ad ogni costo, anche quello di smantellare assi portanti di una società i cui principi affondano le radici nel secolo dei lumi e della rivoluzione francese. Cancelliamo l'universalità dei diritti, l'uguaglianza dei cittadini al cospetto della legge, la natura assolutamente soggettiva della responsabilità legale, sostiene Maroni, e saremo tutti sicuri e tranquilli. D'accordo, fingiamo che sia vero: la scelta è vergognosa, ma ha scopi onesti e confessabili. A questo punto, però, Berlusconi e il suo Governo trovino modo di rassicurare la democrazia laica e la pietà cattolica e spieghino al Paese per quale misterioso motivo non hanno pensato di schedare - e sottrarre eventualmente alla patria potestà - anche, e prima di tutti, i figli dei nostri delinquenti abituali. Spieghino, se ne sono capaci, e lo facciano subito. Sebbene non siano ancora molti a sentire per questo governo una ripulsa forte e fortemente motivata, tutto ha un limite. Marco Revelli sbaglia a fare paragoni col passato: certo,
Maroni non è Goebbels (non ne possiede né il fanatismo né la cultura): non tratta i rom come untermenschen - sottouomini - per ragioni 'genetiche', ma per ragioni 'pratiche'" (1). Ma che senso ha? Scegliendo i rom e lasciando fuori gli italiani, Maroni sceglie consapevolmente la via della discriminazione razziale: una via in cui i discriminati sono razzialmente
inferiori per definizione. Tanto basta e non serve tirare fuori Goebbels o Rosemberg, il razzismo biologico, quello italico o magari brianzolo. Il razzismo è sempre uguale a se stesso,
Certo, l'indigenza economica e la disgregazione sociale di strati sempre più larghi di una popolazione esposta ad una gestione tecnocratica dei processi di globalizzazione, si traducono fatalmente in miseria morale. E non c'è dubbio: l'abbrutimento dei cittadini è il maggior puntello di ogni avventura autoritaria.
Rimane, tuttavia, una coscienza critica che vive e si organizza. Oggi noi che ci opponiamo siamo davvero stranieri in patria. Noi siamo già fuorusciti. Noi siamo i veri nomadi, noi che non abbiamo ormai più casa e terra, noi che sin da oggi diciamo con decisione e sofferenza: mi rifiuto.
Si avvicinano tempi bui. Difendere la democrazia ci costerà da oggi fatica e sofferenza. Ma è già accaduto. Abbiamo dalla nostra i secoli della storia e un diritto inalienabile alla resistenza. Sono passati oltre due secoli da quando i francesi insegnarono al mondo una verità scritta col sangue, che non teme smentite: "
quando un governo viola i diritti del popolo, l'insurrezione è per il popolo e per ciascuna parte del popolo il più sacro dei diritti e il più indispensabile dei doveri"(2).
Non siamo molti, è vero, ma non partiamo da zero. La lezione di Rosselli è un faro che non si spegne: la lama fascista che ne spezzò la vita rese invincibili le sue idee. E fu profeta: "
non vinceremo subito, ma vinceremo".
1) Marco Revelli,
Retoriche del disumano, il Manifesto 29 giugno 2008.
2) Articolo 35 della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, così come fu formulato nella Costituzione francese del 1793, giustamente considerata come il momento più alto dell'elaborazione del pensiero democratico della Francia rivoluzionaria.