Un po' di autocritica per favore!
Ilaria Ricciotti - 17-03-2008
Insegnare significa andare incontro ad un percorso lavorativo non sempre facile e non sempre supportato da successi.
Fatta questa premessa, ritengo che l'insegnante, unitamente ai suoi colleghi di corso, debba non soltanto valutare i suoi studenti, ma anche se stesso, soprattutto nel momento in cui si accorge che in una classe di 30 alunni, più della metà non riesce a raggiungere un sufficiente grado di preparazione.
Possibile che la causa di un tale insuccesso sia da attribuire sempre ai ragazzi che sono demotivati, scansafatiche e non certo amanti del sapere?
Possibile che i ragazzi di oggi non vogliono più apprendere e accettano di andare a scuola soltanto per incontrare i loro coetanei, divertirsi, deridere i compagni più deboli o gli stessi insegnanti che non stimano affatto e a cui non riconoscono alcuna autorevolezza?
Possibile che i nostri ragazzi siano un esercito di asini che non posseggono né conoscenze né abilità né senso di responsabilità?
Perché, mi chiedo e chiedo, dobbiamo essere sempre negativi nei loro confronti, e quando le cose non vanno preferiamo far ricadere le colpe su di loro, non analizzando la situazione a 360°?
Io penso che non giovi fare questa diagnosi a senso unico.
Siamo andati anche noi a scuola e sappiamo benissimo come vanno le cose.
E' ora di cambiare! E' ora che ci relazioniamo con onestà e chiarezza nei confronti dei nostri alunni, dei nostri colleghi e dei genitori!
E' ora che accettiamo di sottoporre a verifica il nostro lavoro!
E' ora che ci riappropriamo del nostro ruolo e della nostra autorevolezza!
Se non vogliamo che nella nostra classe ci siano tanti alunni "insufficienti" è ora che ci dedichiamo al "mestiere" di insegnante con maggior passione e che trasmettiamo questa passione ai nostri studenti, altrimenti sarebbe più salutare per tutti e più onesto cambiare lavoro.

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 Lulù    - 21-03-2008
Io l'autocritica (credimi) la faccio ogni giorno e ogni giorno di più mi convinco che se non riesco ad ottenere certi risultati con alcuni elementi sani (per fortuna ne esiste ancora qualcuno) è perchè quelli "malati" non permettono all'insegnante d'insegnare decentemente e ai compagni, interessati alla scuola, di apprendere in un'atmosfera tranquilla, come dovrebbe essere sacrosanto diritto.

 ilaria ricciotti    - 22-03-2008
Cara Lulù, ciò che dici è interessante e sotto certi aspetti umanamente anche condivisibile, tuttavia non sono d'accordo nella definizione di ragazzi "malati" che sostituirei, semmai, con "demotivati". Ed ancora, non ho capito che fine dovrebbero fare questi "malati" e chi dovrebbe pensare a guarirli.
Discutiamone!

 Roberto    - 22-03-2008
E' possibile, anzi è un dato di fatto, che i ragazzi siano demotivati, scansafatiche e non certo amanti del sapere! Possibile che i ragazzi di oggi non vogliono più apprendere, vanno a scuola soltanto per incontrare i loro coetanei, divertirsi, deridere i più deboli e gli insegnanti che non stimano affatto e a cui non riconoscono alcuna autorevolezza! Possibile che i nostri ragazzi siano un esercito di asini che non posseggono né conoscenze né abilità né senso di responsabilità!
Analizzando la situazione a 360°, il problema è che i nostri ragazzi sono lontani anni luce da quel minimo di conoscenze, intelligenza, logica, senso del dovere, rispetto delle regole, rispetto di tutte le altre persone...
Proprio perché anche noi siamo andati a scuola e sappiamo benissimo come vanno le cose, tutto quello che vediamo mancare nelle loro persone, ci rattrista, ci innervosisce, anche, ci getta nella disperazione e nello sconforto!
Hai ragione: è ora che ci relazioniamo con onestà e chiarezza nei confronti dei nostri alunni, dei nostri colleghi e dei genitori! Ma sarebbe anche ora che i genitori avessero rispetto della nostra fatica, del nostro essere incapaci di "aggiustare" quello che nei loro ragazzi loro hanno guastato!
Hai ragione: è ora che ci riappropriamo del nostro ruolo e della nostra autorevolezza! Ma l'autorevolezza e il ruolo te li riconoscono la società, ancora i genitori, la politica...
Ti assicuro che mi dedico al "mestiere" di insegnante con tutta la passione di cui sono capace, e anche che vorrei tanto trasmettere questa passione ai miei studenti... Se solo loro volessero essere migliori, sarebbe tutto più semplice! Fortuna che almeno alcuni, pochissimi, lo vogliono, altrimenti sarebbe tutto un abbrutimento...

 ilaria ricciotti    - 24-03-2008
Caro Roberto, ho letto e meditato su quanto hai scritto. Si evince chiaramente che hai parlato con il cuore, e questo è , a mio avviso, un requisito importantissimo per svolgere "il mestiere " di insegnante. Se ne hai voglia vorrei che mi spiegassi meglio alcune tue affermazioni.
Tu dici che" i nostri ragazzi sono lontani mille miglia da......". Di chi è la colpa?
"Quando andavamo noi a scuola..." , la società era diversa, molto diversa, ed anche noi lo eravamo, non credi? Io a riguardo non vorrei proprio ritornare indietro ed avere diversi alunni " passivamente motivati". Gli alunni di oggi, anche se più difficili da contattare, sono molto più stimolanti perchè ti sfidano ogni minuto e vogliono che l'insegnante accetti le loro sfide, che non sia squallido, frustrato, grigio e lamentoso.
L'autorevolezza, se in passato era scontata, oggi, a mio avviso, la si deve riconquistare.
Solo allora gli insegnanti potranno percepirsi ed apparire donne ed uomini da rispettare, pur con i loro limiti. Limiti che essi non debbono nascondere, perchè sinonimo di debolezza, ma che debbono mostrare e possibilmente superare insieme agli altri (colleghi, alunni, genitori).
Ed ancora: perchè questa categoria addossa le colpe sempre sugli altri e non si fa un po' di autocritica o non ammette che sia importante essere sottoposti a verifica, senza ricorrere a mille giustificazioni?
Forse gli insegnanti sono anche loro una casta, con uno stipendio ridotto all'osso?

 Stefano Lonzar    - 26-03-2008
Sono trascorsi circa 10 anni, sono passati diversi governi con i relativi ministri della Pubblica Istruzione (trovatasi, nel frattempo, orfana dell'aggettivo, per poi, a fatica, riconquistarlo) e si sono succedute diverse proposte per sottoporre a verifica il lavoro dei docenti... alcune delle quali francamente indecenti (il concorsone del 2000, la valutazione mix da parte di dirigenti e famiglie, avanzata dal ministro Tullio De Mauro ecc...)
Più che per la ritrosia a sottoporre il nostro lavoro ad una verifica o valutazione, (non mi sembra che la categoria degli insegnanti abbia una tale capacità e forza da bloccare certi "passaggi politici") non sarà che le proposte fatte fino ad oggi non hanno trovato realizzazione, in quanto poco consone al nostro tipo di lavoro, alla specificità della funzione docente, che non può essere misurata con dei metri meramente quantitativi, se non altro, per il fatto che noi insegnanti, quotidianamente, ci confrontiamo all'interno delle nostre scuole con degli esseri umani, gli alunni, e non con delle macchine o del materiale cartaceo (come avviene agli operai o agli impiegati)???

 ilaria ricciotti    - 27-03-2008
Caro Stefano, non capisco le giustificazioni che tu adduci per affermare che gli insegnanti non possono essere sottoposti a verifica. Dire che gli alunnni sono esseri unami e non oggetti da misurare non è una giustificazione per asserire che il lavoro di insegnante non può e non deve essere verificato. A riguardo mi viene spontaneo chiederti come si fa a valutare se il lavoro che un insegnante ha portato avanti per uno o più anni sia stato a tutti gli effetti valido per gli alunni che ha avuto? Quando anche tra insegnanti si dice che il tale collega non sa insegnare, su quali presupposti si affermma ciò? Perchè, come sai, anche tra colleghi ci si valuta, anche tra colleghi ci si giudica, sottoponendo a verifica l'operato degli altri.
Ed allora se ciò è possibile ed accettabile, non capisco tanta resistenza e come cittadina rimango dell'idea che gli insegnanti sono sotto questo aspetto ancora una casta.
Questo mi sembra alquanto anacronistico, sleale ed ingiusto nei confronti di altre categorie di lavoratori.

 Gaetano    - 30-03-2008
Una breve riflessione sulle considerazioni di Lulù. Se un medico ci dicesse che è difficile assicurare la salute a chi sta bene perchè i malati te lo impediscono e ti tolgono tempo, cosa perseremmo della sua professionalità? Non è che per caso la nostra Costituzione mette sullo stesso livello salute e istruzione?

 Giacomo    - 30-03-2008
Hai ragione nel dire che occorre fare autocritica. Purtroppo raramente avviene e l'errore, a mio parere, sta nell'aver rifiutato ogni tipo di valutazione e livellato tutto. Noi sappiamo chi sa insegnare e chi no, chi conosce bene la propria disciplina e chi no, ma non vogliamo che si dica apertamente o che si sappia. Perchè si è fatta battaglia al "concorsone"? (Ero favorevole con altri colleghi della mia scuola, ma gli stessi sindacati firmatari del CCNL 95/98 hanno preferito cavalcare la protesta creata dai Cobas). Perchè molte scuole non accettano le prove INVALSI? Autorevolezza - A mio parere basta poche cose per essere apprezzati e stimati dagli studenti:
1) Essere trasparenti nelle valutazioni con griglie chiare, comunicate prima e adeguate alle difficoltà della verifica;
2) Entrare in classe con il sorriso pensando di passare un'ora divertendosi insieme agli studenti e non pensando che questi siano i nemici dai quali guardarsi;
3) Dare spazio all'ascolto delle loro richieste e pretendere lo stesso spazio per la propria attività (non c'è niente di peggio che parlare ad una classe che in quel momento non ha voglia, si distrae, disturba, ecc.);
4) Dare una breve spiegazione sull'importanza dell'argomento che sarà presentato e non propinarlo "perchè fa parte del programma".
Da 4 anni faccio il D.S. e, pur riconoscendo ai miei docenti una grande professionalità, questo è terreno di scontro con tanti.

 francesco dettori    - 31-03-2008
Non posso non darti ragione, ma una cosa mi sconvolge nella scuola dei nostri tempi: il fatto che essa sia ridotta ormai inguaribilmente ad un'enorme progettificio! E certo non da oggi!
Ho ormai quasi trent'anni di servizio, ne ho viste e vissute di tutti i colori, credo sempre nel mio lavoro, lo faccio con tutta la dedizione possibile, le mie classi finora riescono a seguirmi e giungere ad un livello di preparazione decente (compatibilmente con i tempi, con gli impazzimenti ministeriali e le schizzofrenie di colleghe e colleghi). Ma una cosa ancora nessuno mi ha spiegato: come si fa ad elevare il profitto dei nostri alunni quando puntualmente ogni anno la stragrande maggioranza dei colleghi preferisce affannarsi e stressarsi con una miriade di progetti extracurricolari inutili e inconcludenti a discapito dello "stare" veramente nelle proprie classi tutti i santi giorni con dedizione, passione e concentrazione? Ah, se fossimo capaci un pò di più di trasmettere curiosità e passione con i contenuti delle nostre discipline , magari i nostri alunni ci deluderebbero di meno!

 Del Duca Gabriella    - 01-04-2008
Sono completamente daccordo. Nella storia scolastica del nostro paese chi è chiamato a valutare e, in passato, a selezionare ha pervicacemente resistito a che ci fosse una valutazione sul proprio lavoro, neanche come autovaluitazione o monitoraggio del proprio operare. Risultato una feroce autoreferenzialità, una diffidenza al confronto alla messa in discussione e il ricorso a tesi vittimistico consolatorie.

 ilaria ricciotti    - 02-04-2008
Carissimi Gaetano, Giacomo, Francesco, Gabriella,
sapevo di non essere sola a pensare che gli insegnanti non possono fare a meno di "autovalutarsi" o di essere valutati, per non rischiare di essere "autoreferenziali". Finalmente qualcuno l'ha dichiarato! Certamente chi accetta ciò sarà spinto anche a dare il meglio di sè e voi sarete sicuramente degli ottimi insegnanti o dirigenti.
Sono con voi!