Perché ci terremo l'ora di religione (e tutto il resto)
Dedalus - 12-12-2007
Dopo gli articoli-inchiesta di Curzio Maltese su Repubblica sui privilegi fiscali di cui gode la Chiesa cattolica in Italia e sui costi dell'ora di religione per lo Stato (1) e la reazione del Vaticano, con la dura presa di posizione del Segretario di Stato della Santa sede, cardinal Bertone, ci stupì non poco il silenzio e l'indifferenza del mondo laico. Titolammo quindi, non a caso, un nostro scritto "L'eclissi della cultura laica in Italia". Consideravamo infatti che la concezione della laicità dello Stato, con tutto quello che ne consegue (compresa una scuola pubblica laica, senza insegnamenti confessionali al suo interno), nel nostro paese è appannaggio di una minoranza, come è sempre stato d'altra parte dalla formazione della Repubblica ad oggi.

Ne abbiamo conferma, in piccolo, nei recenti sondaggi di Scuolaoggi. Alla domanda "E' giusto riaprire il dibattito sull'insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica?" il 34% ha risposto sì, il 66% no. Alla domanda "Saresti favorevole a sostituire l'insegnamento della religione cattolica con un'ora di storia delle religioni?" il 24% risponde sì, il 76% no.
Ora, prendiamo pure questi risultati con cautela. Il campione è certamente ridotto e parziale e non può essere considerato sufficientemente attendibile per fare delle generalizzazioni. Però qualcosa di significativo ci dice relativamente all'area dei lettori di Scuolaoggi, vale a dire di un giornale che, per quanto autonomo e libero, non si caratterizza certo in senso conservatore.

Se vogliamo tentare un'analisi del voto possiamo individuare con una certa approssimazione tre componenti che in esso trovano espressione. La prima è costituita da quei cattolici che - in quanto tali - si guardano bene dal mettere in discussione la legittimità dell'ora di religione. Non è un caso che Scuolaoggi abbia ricevuto, in questo senso, lettere di protesta da parte di insegnanti di religione e della loro associazione. Si concentrano qui convinzioni religiose (il prevalere di un orientamento di fatto confessionale) e interessi particolari (la difesa esplicita della ragion d'essere dei docenti di religione, del posto di lavoro). Il ragionamento di fondo è noto: la religione cattolica fa parte del patrimonio storico e culturale della nostra nazione, come pure è un dato di fatto il radicamento della Chiesa cattolica romana nel nostro paese, e da questo non si può prescindere, neanche nella scuola pubblica, anzi.
La seconda componente, che merita la maggiore attenzione per l'ambiguità della sua posizione, è quella di un'area laica e di sinistra (o di centro-sinistra) che pensa però che questo tasto non vada toccato, perché altri sono i problemi e soprattutto perché conviene lasciare le cose come stanno. La terza, minoritaria appunto, è quella di coloro che ritengono che la scuola pubblica statale dovrebbe essere rigorosamente laica e dovrebbe tenere le religioni (tutte) fuori dai cancelli, a maggior ragione in una società multiculturale e multietnica come quella moderna.
Ora le due posizioni estreme (confessionalismo - laicismo) sono chiare e lineari. Ma quella che è più interessante da considerare è la posizione di mezzo, più squisitamente "politica". Confluiscono qui, a nostro avviso, le ragioni di chi ritiene che non è il caso di riproporre questo dibattito perché aprirebbe conflitti con le gerarchie ecclesiastiche nonché contraddizioni e divisioni nello stesso schieramento di centrosinistra. In questo senso, dunque, un'iniziativa inopportuna, politicamente sbagliata.

Se sulle questioni della laicità prendiamo in considerazione il fronte politico, come abbiamo già osservato, a difendere con coerenza i principi dello Stato laico sono rimaste forze minoritarie (i radicali, qualche socialista o repubblicano, i laici alla Odifreddi e Veronesi (2), qualche giornale o rivista come Repubblica o Micromega (3). Il Pd, ad esempio, nel momento in cui aprisse un serio dibattito su queste questioni probabilmente imploderebbe (come tenere insieme la Binetti e i teodem, Rosi Bindi e Piergiorgio Odifreddi?). La sinistra radicale in genere tace, preferendo dedicarsi ai temi del rapporto capitale/lavoro piuttosto che a quelli della laicità, considerati forse "sovrastrutturali" e di secondaria importanza.

In realtà si conferma qui una tendenza storica della sinistra (di una parte della sinistra) al tatticismo, al politicismo, al voler evitare a tutti i costi conflitti con la Chiesa cattolica, che affonda le proprie radici addirittura nel 1947, quando il PCI guidato da Togliatti votò compatto l'articolo 7 della Costituzione. Come scrive Marco Revelli su Micromega, il peccato originale della sinistra sta proprio lì. "Per un iper-realismo che caratterizza ancor oggi la sinistra italiana, i comunisti italiani accettarono che la Repubblica nascesse sotto tutela vaticana" (4).
Nel famoso articolo 7 si affermava che "lo Stato e la Chiesa sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani" ma, fatto più importante e più grave, si aggiungeva al secondo comma che "i loro rapporti sono regolati dai Patti lateranensi". Sempre Marco Revelli ricorda che un grande giurista, Piero Calamandrei, in un memorabile discorso all'assemblea costituente, mise in evidenza l'aberrazione giuridica di una simile affermazione, sottolineando inoltre l'incompatibilità di un gran numero di clausole dei Patti con i fondamentali diritti di uguaglianza dei cittadini, di libertà di coscienza, di religione, di insegnamento affermati dalla Carta stessa.

Come allora il principale partito dell'ipotetico schieramento laico, per eccesso di realismo, decise di rinunciare, esplicitamente, alla piena sovranità dello Stato sul proprio territorio pur di evitare uno scontro, che temeva perdente, con il Vaticano, così oggi nello schieramento del centro-sinistra, nel Pd nella fattispecie e nella sua area di riferimento, si ripropone questa stessa logica. Per ragioni tattiche, di "opportunità" (o di "opportunismo"..?) si preferisce non andare a toccare un nodo spinoso, che aprirebbe appunto divisioni e lacerazioni, con il rischio di perdere consensi sul piano politico ed elettorale. Meglio lasciar perdere questioni di principio che perdere voti.

E così continuiamo ad essere condiscendenti e subalterni alla Chiesa cattolica e al suo ruolo di forte condizionamento sulla politica italiana. Che dire d'altra parte di un centrosinistra che fa a gara con il centrodestra su questo stesso terreno? Ricordiamo che è una legge del 2000, la legge n.62 sulla parità scolastica (centrosinistra al governo), ad aprire la strada ai finanziamenti statali alle scuole private, in maggioranza cattoliche. La Costituzione italiana sancisce all'articolo 33 che "enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione senza oneri per lo Stato". Ebbene, una maggioranza parlamentare bipartisan stabilisce che quel "senza oneri per lo Stato" si riferisce al solo atto di istituzione di una scuola, non agli oneri di gestione. Silvio Berlusconi e Letizia Moratti non avranno difficoltà a percorrere questa strada, aumentando i contributi alle scuole private. Ma bisogna arrivare al ministro Fioroni perché fra i destinatari dei finanziamenti siano incluse, oltre alle scuole dell'infanzia e primarie, anche le scuole private medie e superiori (5). Peccato che questo si accompagni, nel corso degli ultimi anni, ad una progressiva contrazione di risorse (riduzione dei finanziamenti, tagli agli organici, ecc.) nella scuola pubblica, statale.

Insomma, si conferma quanto pensavamo (con il pessimismo della ragione ma realisticamente): i laici in questo paese sono una minoranza. Ma questa non è un ragione sufficiente per desistere e abbandonare il campo di battaglia. Sui princìpi - e quello della laicità dello Stato è un principio fondamentale in una democrazia - non si può cedere.

Dedalus

Note

(1) vedi la serie "I soldi del vescovo" e in particolare "Religione, il dogma in aula, un'ora che vale un miliardo", la Repubblica del 24 ottobre 2007

(2) Piergiorgio Odifreddi e Umberto Veronesi hanno recentemente proposto di sostituire l'ora di religione cattolica con un'ora di insegnamento scientifico

(3) Micromega ha pubblicato proprio in questi giorni un numero speciale della rivista ("Per una riscossa laica", dicembre 2007

(4) Marco Revelli, "Il peccato originale della sinistra", Micromega

(5) v. Carla Castellacci, "Scuola in debito di laicità", Micromega


















interventi dello stesso autore  discussione chiusa  condividi pdf

 oliver    - 18-12-2007
Faccio parte di quella piccola minoranza di laici convinti che nessun dialogo può esserci tra lo stato italiano e quello vaticano senza prima aver risolto il problema dell'interferenza sulla nostra società da parte del mondo cattolico. Nulla è possibile in questo paese senza essere costretti da compromesi con la chiesa cattolica, aggiungerei che altre chiese o confessioni chiedono sempre più prepotentemente di interferire. E' un problema difficile da ricondurre all'interno di un alveo di discussione seria e rispettosa, la chiesa esercita in modo prepotente la sua egemonia che detiene sia nella società che tra gli innumerevoli politici disposti ad anteporre richieste leggittime dei cittadini all'obbedienza. Spesso mi chiedo perchè devo essere circondato da tanta mediocrità e da atteggiamenti cosi incapaci di ricordare che i bersaglieri a porta pia entrarono in nome solo del costituendo stato italiano. L'ora di religione è pressochè inutile, il mio collega non fa altro che proiettare storie di santi, forse uno studio rivolto alle diverse realtà religiose potrebbe essere la soluzione tenuto da laureati lontani dai vescovi.