Genova ...
Contropiani - 18-07-2002

...Perchè...

A tutte le ragazze e ai giovani che incontro nei miei viaggi, a chi
viene a stringermi la mano e a regalarmi una parola di solidarietà, a
chi mi abbraccia, ripeto sempre lo stesso invito: "Venite a Genova, vi
aspetto".
A genova, un anno dopo, perché? Perché è una bella città, e chi è venuto
l'anno scorso non l'ha potuta vedere: una città da girare così,
bighellonando a naso in su, passando dai vicoli che sanno di gatto alla
luce estiva delle piazze antiche. Perché c'è tanta brava gente che la
abita e che dodici mesi fa regalava rapide docce dalle finestre degli
ultimi piani o apriva i portoni offrendo riparo, limoni e acqua fresca.
A Genova per riprendere un discorso interrotto, un ragionamento
strappato dalla violenza di chi avrebbe voluto ridurre al silenzio una
voce di giustizia; per confermare un'alleanza, un patto tra diversi che
si riconoscono, si rispettano e decidono di stare dalla stessa parte,
quella degli onesti.
Un anno dopo, per testimoniare solidarietà a chi è stato ferito,
umiliato, offeso nel corpo e nell'anima. Per dichiarare che non ci
stiamo, no, e continueremo la strada che non abbiamo mai interrotto.
Insieme, nonostante le differenze: resi più forti e più ricchi, anzi
proprio da quelle differenze, che ci distinguono ma non ci dividono.
Perché la posta in gioco è troppo grande: Perché in gioco non c'è
qualche soldo in più nella busta paga, qualche briciola di illusorio
benessere, l'orticello di casa nostra. In gioco c'è l'equilibrio del
mondo, con i popoli che lo abitano, i suoi animali, le piante, le acque
e le terre, l'aria che respiriamo, l'arte e la cultura di milioni di
anni, di miliardi di esseri che l'hanno pazientemente, faticosamente
creata, con gioia e con dolore. Non possiamo abbandonare tutto nelle
mani meschine di pochi prepotenti arroganti, al grigiore degli
indifferenti, all' ottusità degli avidi stolti.
Dobbiamo saper riconoscere i compagni di strada anche quando parlano un
linguaggio diverso dal nostro; dobbiamo camminare fianco a fianco senza
scandalizzarci se qualcuno zoppica un po', se c'è chi è più lento, se
altri corrono: l'importante è che l'orizzonte sia chiaro.
A Genova, per tutto questo. E per passare da piazza Alimonda, a portare
un saluto a Carlo.

Haidi Giuliani



Appello del Forum Sociale Genovese sottoscritto da centinaia di associazioni, social forum, reti.

Noi che nel Luglio scorso abbiamo dato vita alla straordinaria e plurale esperienza del Genoa Social Forum rivolgiamo un appello a tutti e tutte coloro che lo scorso anno sono venuti a Genova per manifestare il loro dissenso contro il governo abusivo del pianeta, il G8, e le sue politiche di morte.
A tutti e a tutte coloro che, riconoscendosi nel patto di lavoro che dette origine al Genoa Social Forum e nella dichiarazione d'intenti del GSF di non recare danno alcuno a cose e persone, si sono visti negare il loro diritto a manifestare liberamente ed hanno subito una repressione senza precedenti nella storia della Repubblica Italiana.
Ci rivolgiamo alle donne ed agli uomini che, pur non essendo fisicamente a Genova, c'erano con il cuore e con la mente.
A tutti e a tutte coloro che hanno avvertito il grande segnale di quei giorni: i poveri che riprendevano la parola, gli ultimi che si rimettevano in cammino, una nuova generazione che scopriva il gusto e l'importanza dell'impegno politico.
Ci rivolgiamo anche a coloro che a Genova non c'erano per scelta e che solo dopo hanno capito l'importanza dell'evento.
Ci rivolgiamo ai registi che hanno filmato i colori e le percosse, ai giornalisti che si sono opposti alla disinformazione organizzata facendo il loro mestiere, agli uomini e donne di cultura che hanno avvertito la tragicità dei fatti ma anche l'inarrestabile voglia di dibattere, discutere raddrizzare i torti enormi che si continuano a consumare e di cambiare il mondo che tutte le persone venute e Genova condividevano.
Noi vogliamo riprendere le proposte emerse nel Public Forum che precedette l'apertura del summit del G8.
Vi chiediamo di tornare a Genova un anno dopo, nella settimana che termina con il 19, 20, 21 Luglio, per dire al mondo ciò che la repressione ha voluto nascondere.

Per dire le nostre ragioni.

Voi G8, noi 6miliardi: era vero ieri lo è ancora di più oggi. Anche i pochi impegni assunti dagli otto paesi più ricchi del mondo per la lotta alla povertà sono rimasti lettera morta.
In questo anno gli otto governanti abusivi del pianeta si sono macchiati di nuovi crimini contro l'umanità e risulta ancora più chiaramente che la loro modalità di potere addensa ulteriori ed imminenti guerre che coinvolgono intere popolazioni civili.
Lo sterminio per fame e per malattie altrimenti curabili, l'inaccessibilità all'acqua potabile, lo sfruttamento inumano della forza lavoro, l'inquinamento dello biosfera e l'avvelenamento dei mari sono proseguiti senza alcun freno.
Tutto ciò viene messo in atto per garantire il massimo di profitto ad un gruppo di transnazionali che incamerano nelle loro mani ricchezze superiori a quelle del PIL di interi paesi.
Una guerra economica, sociale e militare è stata dichiarata dagli otto paesi più ricchi contro l'intera umanità.
Una guerra che uccide con l'arma del debito e degli aggiustamenti strutturali, con il controllo delle proprietà intellettuale da parte delle multinazionali e con la demolizione di ogni straccio di legislazione sociale che sia di impedimento alla selvaggia e libera espansione del mercato. Una guerra che uccide con la crescita senza precedenti delle spese militari e con la costruzione di nuovi sistemi di morte come lo scudo stellare. Una guerra che ci hanno detto voler essere permanente, sovrana regolatrice della dittatura del mercato, volano ricercato per superare ogni recessione e far girare al massimo la macchina dell'ingiustizia.
A questo tipo di guerra seguono le guerre "guerreggiate" che tanti lutti continuano a produrre tra le popolazioni.
I potenti chiusi nella loro zona rossa, isolati dal mondo insieme al loro esercito privato, hanno avuto paura dei trecentomila di Genova. Temevano che il tarlo di Seattle avesse scavato così a fondo da far vacillare il granitico consenso di cui hanno bisogno. Per questo hanno scelto la repressione.
Genova è stata violentata nel corpo e nell'anima, fino a versare il sangue di uno dei suoi figli: Carlo Giuliani.
Non immaginavano che il nostro dolore diventasse il dolore di una parte così vasta dell'umanità , che il nome di Carlo e di Genova varcasse gli oceani e le montagne, narrasse dolcemente alle orecchie di chi contadino/a, operaio/a, studente/ssa, disoccupato/a, senza casa, senza terra, senza speranza, che la storia non è affatto chiusa e che il loro destini possono essere riscritti con l'inchiostro della giustizia sociale, della libertà, della pace.

Torniamo a Genova un anno dopo.

A rincontrare i genovesi, in primo luogo quelli che ci hanno accolto con simpatia e condivisione dei nostri ideali, nonostante una ossessionante campagna intimidatoria, per la loro civiltà e per la loro pazienza, ma anche quelli di loro che erano stati indotti ad allontanarsi da una propaganda intimidatoria o che lo avevano scelto, perché capiscano che la violenza stava dentro e dietro le grate e non nasceva dentro un movimento di migliaia di persone che scendevano in piazza per un mondo migliore. A riscoprire Genova libera da cancelli, grate, posti di blocco. A continuare la riflessione, che e' cresciuta e lievitata in mille iniziative durante questo anno in Italia e nel mondo.
A riflettere e a discutere sul nostro domani, sulla possibilità di una reale alternativa alla globalizzazione neoliberista, con una modifica radicale dei saperi che metta al centro la formazione e la scuola come diritti per tutte e tutti, delle produzioni e degli stili di vita, a cominciare, dal ripensamento dei consumi e dal rifiuto di utilizzare cibi geneticamente modificati, rilanciando l'agricoltura biologica, per continuare con la radicale ed indifferibile messa in discussione dei rapporti di produzione. Ad appoggiare e rilanciare tutte le campagne che si stanno sviluppando, come, ad esempio, quella contro la modifica della legge sulla produzione e il commercio delle armi, quelle per il boicottaggio di aziende e marchi responsabili di gravi violazioni di diritti e di attacco all'ecosistema, quelle per la difesa e l'estensione delle garanzie dello Statuto dei Lavoratori e la lotta contro ogni forma di precariato, quella per l'affermazione dei principi di civiltà e di giustizia violati dalla legge sull'immigrazione Bossi - Fini, quelle per gli acquisti trasparenti e per la sicurezza alimentare, quella per la fine dell'embargo all'Iraq, quella contro la Nato, quella che intende riaffermare la difesa e la riqualificazione della scuola pubblica. Torniamo a Genova perché le nostre ragioni sono ancora tutte presenti . Sono ancora di più in movimento.

Gli appuntamenti sul sito www.contropiani2000.org

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