La scuola del ragioniere
Giuseppe Aragno - 24-11-2007
Viviamo tempi strani e pericolosi. Tempi di crisi delle istituzioni, di incombente minaccia autoritaria e, corollario fatale e raramente casuale, tempi di rifiuto delle diversità e di intolleranza pronta a sfociare in razzismo. Dai Pacs ai Dico alla tentazione delle espulsioni di massa il mutamento di passo è stato paurosamente breve, ma a guardarsi attorno non c'è di che stupirsi. Sullo sfondo ci sono il pianeta globalizzato e l'Europa di Prodi e della direttiva Bolkestein. L'Europa delle banche che smantella lo stato sociale e fa dello sfruttamento capitalistico il perno della sua azione politica. In quanto ai fatti di casa nostra, a Roma vige da anni le filosofia politica della maggiominoranza e regna indisturbato l'integralismo di Ruini e compagni che, senza bisogno di andar lontano, un cattolico militante come Andreotti avrebbe avversato con ben altro vigore di quanto non abbiano mostrato Fassino e Bertinotti.
In questo clima, la Cgil, che è stata ed è storicamente il sindacato più rappresentativo del mondo del lavoro, priva di "partiti di riferimento", in un sistema bipolare e più o meno maggioritario che ha stravolto le culture politiche radicate nella storia del nostro paese, si è progressivamente appiattita sul "governo amico" ed è fatalmente giunta a sostenere con forza, in compagnia della Confindustria di Montezemolo, la peggior legge sullo stato sociale che abbia mai affrontato il voto delle Camere. Per suo conto, Veltroni, segretario di un partito che nessun elettore ha mai votato, ha di fatto il potere di mandare a gambe all'aria, dalla sera alla mattina, un governo che, bene o male, è figlio d'un voto popolare. E non basta. C'è stato un referendum che a stragrande maggioranza ha detto no a qualunque ipotesi di riforma dalla Costituzione ed ecco: ci si accorda sulle "riforme istituzionali", immaginando una bicamerale extraparlamentare in cui Veltroni, per ora semplicemente sindaco di Roma, si fa la sua Costituente privata, che fa passare dalla finestra ciò che la gente ha fatto uscire a pedate dalla porta.
Tempi scuri. Un "autoritarismo democratico" che manipola l'informazione da una parte e dall'altra, e imbavaglia i giudici, quale che sia il "colore politico" degli inquisiti eccellenti. Tempi di neofascismo, se è vero, com'è vero, che ci hanno scippati persino della facoltà di eleggere deputati e senatori, se il Parlamento è stato costruito su misura dai segretari di partiti politici non più figli di valori condivisi che hanno radici nel paese, ma di appelli populistici e calcoli elettoralistici. Tempi in cui non si può fare una legge seria sul conflitto d'intesse perché tutti hanno, chi più chi meno, interessi in conflitto con gli interessi del paese.
In questo clima, la scuola è sempre più nell'occhio del ciclone. Non fa meraviglia perché nessun regime nella realtà del mondo di oggi può consentirsi una scuola libera e forte, capace di costruire intelligenze critiche e, quindi, di condizionare la politica che, per suo conto, ha ormai tutto l'interesse a indebolire la scuola. Se la politica serve la politica e ignora la gente, la scuola va annientata. Accade così che un Parlamento nominato dai partiti e privo di una reale legittimità politica e morale, si occupi della scuola attraverso lo sguardo deformato di un ragioniere alla Quintino Sella la cui politica scolastica si riduce ad un problema di partita doppia.
Prodi e compagni, così come la sedicente opposizione, fanno affidamento sul complice silenzio dei media, sulla manipolazione delle notizie, sulla crescente impreparazione di gazzettieri, ridotti per lo più al rango di velinari buoni sì e no per un Ministero della Cultura Popolare; passa così sotto silenzio un articolo come quello 50 comma 1d d'una Finanziaria approvata dal Senato nella più totale disinformazione dei cittadini e dello stesso Parlamento. Così stando le cose, il gioco è fatto e serve ormai a ben poco anche la l'opposizione disperata della scuola militante.
Ci hanno riempito la testa di chiacchiere sull'idea peregrina dell'insegnante specialista "tecnico" della formazione, benché retribuito con stipendi da fame, ed ora la maschera è gettata. Quale che sia la sua formazione, quale che sia il titolo di studio specifico che possegga, un docente soprannumerario potrà fare uno di quei corsi intensivi di cui la Confindustria ha antica e esperienza e il miracolo è fatto: t'eri occupato sinora di sport e di attività fisica? Non c'è nessun problema, assicura Padoa Schioppa: un po' d'esperienza e farai letteratura latina meglio di Concetto Marchesi. Il ragionamento è più o meno questo: assumo Del Piero alla Ferrari, perché non trova spazio nella Juve, e mi aspettp che la scuderia del "Cavallino" sbaragli il campo sul circuito di Montecarlo.
E i precari? Meglio stiano zitti: a rumeni e compagni la precarietà è costata un decreto d'espulsione.
Non avremo leggi fascistissime. Non servono e sarebbero controproducenti. Basta un ragioniere che in fondo non ha problemi di bilancio - i soldi ci sono, ma si danno ai privati - e il gioco è fatto: nessuna riforma Gentile. Basta un articolo tra i mille di una finanziaria e il colpo inferto alla scuola è assai più pesante di quello che seppero dare i fascisti. E va detto: alla resa dei conti, servi sciocchi del capitale furono questi e quelli. Il peggio però - fa pena dirlo - in tema di qualità è toccato a noi. Da qualunque parte li prendi questi perdono il confronto coi loro maestri in stivaloni e fez. Sarà che su Roma non hanno marciato: ci si sono trovati dopo l'opera buffa messa in scena anni fa da Tonino Di Pietro.
Abbiamo di fatto due governi: quello Prodi, che sta in un Parlamento nominato dai partiti e ha per ministri moltissimi degli uomini di Veltroni, e quello Veltroni, che nessuno ha eletto, che non sta in Parlamento, ma ha per ministri moltissimi componenti del Gabinetto Prodi e per interlocutore il pericolo dei pericoli: Silvio Berlusconi. Nessuno marcia su Roma e, tuttavia, trovassero un accordo sulla riforma elettorale proposta dal segretario del partito democratico, il cerchio aperto da D'Alema con la Bicamerale si chiuderebbe con Veltroni e la maggiominoranza, senza colpo ferire, priverebbe di rappresentanza una fetta enorme di cittadini della repubblica, regalerebbe ad uno schieramento votato dal 25-30 % di italiani molto più del 40% dei seggi parlamentari e non avrebbe alcuna difficoltà a mettere assieme uno di quei "governissimi" capaci di assicurare un nuovo ventennio di "governabilità". La scuola, a questo punto, non avrebbe più bisogno nemmeno del ragioniere.
Si può attendere inerti che tutto questo accada? In Francia i sindacati hanno capito e passano all'attacco. Qui da noi, c'è ancora qualcuno capace di guardare oltre il proprio naso, oltre le logiche sterili dell'appartenenza e di immaginare percorsi che non si riducano, nel migliore dei casi. alla speranza di limitare i danni? L'emergenza ha un nome preciso: è in gioco la democratica.

interventi dello stesso autore  discussione chiusa  condividi pdf