Un oltraggio al pudore
Giuseppe Aragno - 01-11-2007
Il Corriere non ci ha pensato due volte e, in prima pagina, a farci lezione di storia ha messo, come vogliono i tempi, Walter Veltroni formato Tito Livio e Pierluigi Battista modello Emilio Fede che, in vista del "listone", fa la campagna acquisti per il suo Berlusconi [1], sbandierando la fede liberale e corteggiando spudoratamente uno studioso del valore di Andrea Graziosi che proprio in questi giorni, con la sua storia dell'Unione Sovietica, si è segnalato tra gli storici italiani di statura internazionale.
Per carità, se si tratta di fede, massimo rispetto: ognuno si sceglie i suoi santi e ogni santo ha i suoi fedeli prediletti. In quanto a Veltroni, ora che lo stipendio non glielo paga più Botteghe Oscure, il duce del neonato Partito Democratico ha tutto il diritto di pensare al futuro, ma può star tranquillo, in tema di conversioni paoline i precedenti sono confortanti. Per limitarsi al campo socialista, è noto che quando Mussolini rinnegò il suo zoppicante materialismo storico e le rimasticature anarco-sindacaliste di Sorel, per affidare le sue chances alla Psicologia delle masse di Le Bon e all'attivismo attualista di Giovanni Gentile, andò incontro al trionfo.
Per evitare, quindi, che un futuro De Felice debba domani affaticarsi troppo nel ricostruirne la biografia - mi pare di vederla: Veltroni. Dopo l'ideologia Einaudi, Torino duemila e chissà cosa - credo che qualcosa sull'uomo dell'Italia nuova vada ricordata. Il caso, a bene vedere, è di fatto più unico che raro: senza essere stato mai comunista, il futuro duce del nuovo cha avanza ha salito uno ad uno i gradini delle gerarchie del partito di Togliatti. Bisogna riconoscerlo: non è cosa da poco.
Consigliere comunale del Pci a Roma dal 1976 al 1981, poi disciplinato funzionario nell'apparato di partito, Veltroni entra in Parlamento sotto le bandiere rosse con la falce e il martello, covando nel cuore un istintivo e inconfessato anticomunismo che non gli impedisce, però, di sistemarsi nel Comitato Centrale del Pci, ove rimane fino alla bancarotta.
Mentre si consumano gli orrori di Pol Pot, che oggi per Veltroni vale più o meno quanto Berlinguer, il dirigente comunista matura la convinzione che i comunisti sono tutti criminali come i nazisti, ma si guarda bene dal venire allo scoperto e se ne sta prudentemente zitto; conserva così lo stipendio, tutto sommato veramente buono, guadagna tempo in attesa che Gorbaciov chiarisca chi riuscirà a spuntarla tra i macellai del capitale e la ferocia dei nipotini di Stalin e, ciò che più conta, scansa le purghe di Berlinguer, l'epurazione di Natta e l'esperienza dei gulag di Occhetto.
Ora che tutto è chiaro, mentre il duce della democrazia attende una legge elettorale buona per costruire l'Italia della post-ideologia - la legge Acerbo gli starebbe a pennello - Pierluigi Battista annuncia sul "Corriere" che Walter Veltroni " non è un cultore del passato che si lascia invischiare in una polverosa querelle storiografica. Da neosegretario di un nuovo partito post-ideologico che vuole chiudere i conti con i lutti del Novecento, recide l'ultimo legame emotivo e simbolico con una storia, quella del comunismo, che malgrado fallimenti e atrocità inenarrabili rivendica ancora uno statuto di «superiorità» morale". Di qui il "reclutamento" di Andrea Graziosi, "uno storico non lontano dall'itinerario politico di Veltroni" nel quale l'Italia nuova del fedele Battista vede ad un tempo il liquidatore fallimentare del comunismo e l'uomo che può offrire a Veltroni il salvacondotto della storia.
Perché il futuro De Felice lo sappia, occorre che io lo dica. Andrea Graziosi lo conosco bene, siamo amici direi: lui moderato e liberale, io comunista eretico e libertario: Con lo stalinismo conti non ne abbiamo mai aperto e posso dirlo tranquillamente: Graziosi non ha mai confuso Pol Pot con Berlinguer e sa bene che, in Italia, comunisti, anarchici e socialisti la libertà non solo non l'hanno mai tolta a nessuno, ma l'hanno conquistata, garantendola a tutti, coi sacrifici e il sangue della guerra partigiana. La storia di Graziosi è quella di uno studioso liberale che col percorso politico di Veltroni non ha nulla a che spartire; di un uomo che non ignora i milioni di comunisti ammazzati per mano o per conto di certa liberaldemocrazia. Lo storico sa bene che, se le parentele politiche si dovessero accertare semplicemente con la conta dei morti, allora purtroppo anche sulla "buona" democrazia stile Veltroni si allungherebbe, cupa e vergognosa, l'ombra del nazismo. Essa, infatti, la liberal-democrazia, ha sulla coscienza il peso di un milione e mezzo di comunisti fatti fuori in Indonesia e quello del Cile socialcomunista massacrato da Pinochet. E sono solo due dei mille crimini commessi. . Per fortuna però la storia non è semplicemente la conta dei morti.
Mussolini, che di certe conversioni alla Veltroni fu davvero un campione, prima di tirare in ballo gli storici e la storia, si sarebbe certamente preoccupato di leggere quello che Graziosi ha realmente scritto ed avrebbe scoperto ciò che Battista e Veltroni hanno sciattamente ignorato. Da liberale autentico, Graziosi, riflettendo sul paradosso teorico del "socialismo in un paese solo", ha ricordato l'abisso scavato da Stalin "tra realtà sovietica e sogni socialisti [...] un abisso che inghiottì tanti comunisti. occidentali e non, rifugiatisi in Urss". Avrebbe scoperto soprattutto che, riflettendo sul confronto tra nazismo e stalinismo già tentato da Kershaw e Lewin, Graziosi non ha mancato di esprimere i suoi dubbi, ricordando come l'esistenza "di fenomeni comparabili [...] potrebbe naturalmente rivelarsi fondata su presupposti erronei" [3]. E come dargli torto? Il nazismo ha la strada segnata sin dalla nascita dalla teoria del genocidio formulata nel Mein Kampf. Il socialismo reale ha commesso un mare di errori e di atrocità, ma migliaia e migliaia di comunisti, uomini e compagni sui quali Veltroni indecorosamente chiude la pietra tombale d'una fossa comune, hanno strenuamente lottato per tutta la loro vita contro i feticci del "libero mercato" e il feroce sfruttamento di uomini su altri uomini, contribuendo così a rendere il nostro mondo più umano e civile.
A Veltroni e ai sacerdoti del vecchio rimesso a nuovo che Veltroni incarna alla perfezione, la storia impartisce una lezione che essi rifiutano di imparare: solo chi ricostruisce la vicenda umana per usarla a fini biecamente politici, processa Cristo in piazza per la ferocia dell'Inquisizione e i crimini commessi dalla chiesa in America latina. Processi che, in tutta onestà, risultano davvero un oltraggio al pudore.


[1] Pierluigi Battista, La comparazione degli orrori, "Il Corriere della Sera", 31-11-2007.
[2] Andrea Graziosi, L'Urss di Lenin e Stalin. Storia dell'Unione Sovietica. 1914-1945, Il Mulino, Bologna, p. 11.
[3 ]Andrea Graziosi, Guerra e rivoluzione in Europa 1905-1956, Il Mulino, Bologna, pp. 17-18.


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