Quanto fa uno più uno?
Emanuela Cerutti - 23-10-2007
La discussione si accende in una classe elementare.
Pierino [il nome è ovviamente inventato, l'evento meno - ndr] risponde perfettamente alle domande della maestra di inglese.
"... e che merito ne ha... - biascicano seccatissimi i compagni dell'ultima fila - quello ha la mamma del Devonsciair, capirai che fatica..."
Mica è giusto senza sforzo, solo perché la fortuna ti ha baciato, avere l'ottimo, Pierino, a qualcuno dovrai spiegarlo, anche perché tu stesso cogli l'incongruenza.
D'altra parte non è che puoi star zitto se una, così su due piedi ti chiede "Where're you from?", è normale per te rispondere, e del resto non sarebbe giusto neppure tacere.
Allora dove sta il problema? E dove la soluzione?
Come spesso succede le buone idee, e le buone pratiche che ne seguono, arrivano un po' per caso.
"Oggi, bambini, giochiamo contro l'altra classe: una caccia al tesoro con i bigliettini scritti in english...va bene? Allora, sentite...ma che dite, che urlate??".
"Vai Pierino che ci fai vincere!" "Pierino, Pie-ri-no!"...
L'ordine si ristabilisce e mai contea straniera ebbe più fortuna in un mondo bambino.

Momy [incredibile, ma anche i nomi esotici si stanno americanizzando] è un classico disastro: scrittura quasi illeggibile, errori alla grande, comprensione quasi nulla, si aggira tra i banchi tra lo sperduto e il vergognoso. Intorno, più che altro, aria di compatimento, anche per via di quel costante odore di aglio che lo precede e lo segue.
"...e che colpa ne ho - pensa, senza aver il coraggio di dirlo a voce alta - se arrivo qui dal deserto: mica posso inventarmele le regole delle città nordiche, che già scrivere da sinistra a destra neppure se lo sognano quanto sia difficile..."
Poi la svolta: uno spettacolo teatrale segna il successo di Momy, imbattibile nell'arte della commedia, nell'agilità corporea, nella capacità di trascinare gli altri e di farsi loro maestro.
Dimenticate imbranataggini e durezze olfattive, qualcuno comincia a chiamarlo Mohammed, qualcuno lo invita alla festa di compleanno, qualche altro, con la scusa di fare i compiti con lui, prova a far scorrere la penna in un altro senso.

Meriti e colpe non vivono di vita propria, sembrano piuttosto riflessi: di mentalità, di pregiudizi, di abitudini. O abbagli, che impediscono di vedere quello che accade realmente, al di là dei premi e dei castighi conseguenti. La scuola può vincere una grande battaglia: quella della prevedibilità, per cui uno più uno fa sicuramente due e qualunque eccezione è allontanata con paura. Uno più uno fa molto di più: chiedetelo a Pierino e a Momy, diventati tanti, tanti quanti i compagni e le compagne che hanno imparato una grande lezione. Quale? Con parole loro: "Le ricchezze non stanno chiuse in pochi scrigni, a che cosa servirebbero? Le ricchezze stanno dentro ognuno di noi e la cosa bella è che sono tutte diverse e si possono scambiare. La scuola è un posto dove tutti possono essere ricchi allo stesso modo. Per quello a noi piace starci".

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 Francesca Muntoni    - 28-10-2007
Cara Emanuela, hai posto la questione nel modo giusto, senza inutili pregiudizi ideologici. Qualcuno dovrebbe spiegarci però da dove salta fuori questa idea strana che a scuola non teniamo conto del merito.