Meritocrazia
Nuccio D'Alessandro - 13-12-2000
C’era una volta…Lo so che non risponderete «un re»…la scuola elementare e materna. Erano due belle istituzioni. Gli insegnanti lavoravano tanto, non erano laureati e per questo, umilmente, si preparavano, e acquistavano tanta professionalità, tanta capacità didattica e metodologica da portarli ad essere i lavoratori delle migliori scuole del mondo, addirittura tra le prime cinque!
Si prodigavano, dedicavano alla scuola parte del loro tempo libero o del tempo che avrebbero dovuto dedicare alla propria famiglia e si accontentavano di quella favola che diceva che essendo in tanti e non essendo laureati, il loro stipendio non poteva essere più sostanzioso.
Poi venne la meritocrazia. Si disse che avrebbero avuto più soldi, chi più lavorava. Gli insegnanti della scuola elementare e materna furono contenti: chi lavorava più di loro? Nessuno! Non i graaaaandi proooofessori (tono roboante) dei licei che davano appena 18 ore, ma che si vantavano di spendere molto tempo per la preparazione delle loro lezioni e per la correzione dei compiti. Ed intanto la loro scuola, nonostante questa roboante grandiosità, era quella che più di ogni altra faceva acqua da tutte le parti: non funzionava! Non funzionava, ma avevano le paghe più alte e il numero di ore di lavoro più basso. Aaaaahhhhh! Forse abbiamo capito! Dissero gli insegnanti della scuola elementare e materna: la meritocrazia funziona al contrario: dà più stipendio a chi meno lavora e a chi meno produce!
Ma i bambini erano piccoli, non si poteva non dare loro le consuete cure. E decisero di continuare a dare alla scuola anche se la Scuola non dava loro.
Poi venne il Fondo d’istituto. No! Non è una bestia rara. È, semmai, un altro marchingegno di quei pelandroni dei governanti per fregare ancora una volta gli insegnanti della scuola materna ed elementare. Infatti il Fondo d’istituto non è per gli insegnanti, come dicono i dirigenti scolastici della scuola elementare e materna, ma serve per il personale di segreteria: perché se si ferma la segreteria, si ferma la scuola. Se si ferma la scuola (=gli insegnanti) nessuno se ne accorge (pensarono gli insegnanti).
Poi venne la Funzione obiettivo. No! Non è una formula magica. È un’espressione che può sembrare non dire niente. Ed invece dice… dice... Dice quanto sono bravi i sindacati ad accettare il motto « dividi et impera». Ed infatti nella scuola, dove prima si lavorava con entusiasmo senza badare alle ore date in più, dove ci si aiutava l’un l’altro nella sostituzione dei colleghi assenti o nelle necessità, è scoppiata la meritocrazia, cioè la guerra! Ci si divide in gruppi l’un contro l’altro armato e tutti sotto sotto (in modo che non se ne accorga) si dice peste e corna del Dirigente che acchiappa cinque milioni al mese o del collega che dal Fondo si è preso tanti milioni o dell’altro che ha la Funzione che non funziona!
Sembra di essere, non nei corridoi della scuola, ma a Gerusalemme, al muro del pianto!
Poi venne il ministro De Mauro che, con grande coerenza, disse che gli stipendi degli insegnanti erano «da fame!» ed allora fece una cosa grandiosa, quando doveva rinnovare i contratti, offrì loro una pizza.
Ai poveri insegnanti, caddero le illusioni, che pur sono le ultime a morire, e pensarono che in questa nostra povera Italia non bisogna averne (= di illusioni) e che sarebbe stato meglio non dover fare quel loro miserabile mestiere che da sempre li teneva in soggezione economica. Qualcuno pensò pure con nostalgia « a da venì baffon». Ma i tempi cambiano gli stipendi no, quelli restano sempre miserabili.

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